Abbiamo visto Albert Nobbs regia di Rodrigo Garcia.
Glenn Close è sicuramente una delle migliori interpreti di Cinema degli ultimi trent’anni, ha debuttato nel 1982 con il film Il mondo secondo Garp per cui ebbe immediatamente una nomination all’Oscar. Ma altre interpretazioni hanno lasciato il segno come nel cult Il grande freddo di Laurence Kasdan, nel ruolo della Marchesa de Merteuil nello splendido film di Stephen

Frears Le relazioni pericolose, nel commerciale Attrazione fatale di Adrian Lyne, nel gelido Il mistero Von Bulow e poi Hamlet di Zeffirelli fino a giungere, tra teatro, televisione e molto cinema anche discontinuo, all’odierno Albert Nobbs. Nonostante i molti premi ricevuti e il tanto lavoro realizzato però la Close non è entrata nel nostro immaginario collettivo, non la si ricorda facilmente e il pubblico non le attribuisce il merito della sua bravura. Forse perché non ha la simpatia di Meryl Streep o non è nello star system come Jody Foster. Pur simpatica e poco snob conserva quell’aria aristocratica della sua famiglia d’origine e forse i quindici anni passati in una setta di estrema destra, il Riarmamento Morale, le hanno lasciato un qualcosa di indecifrabile.

Adesso, dopo più di dieci anni di tentativi andati a vuoto, dopo aver cambiato regista (doveva essere il grande autore ungherese Istvan Szabo) il film è stato realizzato da Rodrigo Garcia, modesto regista con poco talento ma con un padre grande e ingombrante come Garcia Marquez. E la Close, oltre ad interpretarlo con finezza e abilità, ne ha scritto la sceneggiatura e lo ha anche coprodotto dopo averlo recitato il ruolo per anni in teatro. Ne esce un film ben costruito, con una bella fotografia, con costumi e scenografie all’altezza della storia, con un ottimo cast ma con una realizzazione ovvia, prevedibile, in alcuni passaggi anche noiosa. Da una montagna sembra sia nato un topolino, siamo anni luce da film come Quel che resta del giorno di James Ivory o da Gosford Park di Robert Altman; anche se l’interpretazione della Close si avvicina molto – come lavoro sul corpo, tic, gesti, sottrazione nelle emozioni – al malinconico maggiordomo interpretato da Antony Hopkins. Non per niente, la Close è candidata all’Oscar come miglior attrice.

Vivere in Irlanda alla fine dell’Ottocento non doveva essere per niente facile, tra conformismi di terra alla fine del mondo, bigottismo religioso, povertà e quant’altro. Una realtà che hanno, crediamo, subito anche scrittori come Bram Stoker, Oscar Wilde, W. B. Yeats, James Joyce. Siamo a Dublino alla fine del XIXo Secolo, nel piccolo hotel della Duchessa Baker lavora da molti anni un cameriere perfetto nello stile e nell’organizzare il suo lavoro, si chiama Albert Nobbs. Ha poca confidenza con i colleghi e risparmia penny su penny per un sogno: aprire un negozio di tabacchi. Una sera la duchessa gli ordina di far dormire per una notte nel suo letto un imbianchino che ha terminato un lavoro in ritardo in albergo, Nobbs inquieto cerca di trovare una scusa ma non può dire di no. Albert è in realtà una donna che si traveste da uomo dall’adolescenza (lui forse crede di farlo anche per poter lavorare e guadagnare di più) e teme che l’imbianchino Hubert Page possa scoprire il suo segreto e rivelarlo. In effetti l’imbianchino lo scopre quasi subito, ma Hubert è una donna anche ‘lui’, ed è perfino sposato con una sarta. In quegli stessi giorni la duchessa assume un giovane poco per bene, Joe Malckins, che conquista subito la giovane cameriera Helen. Albert Nobbs, dopo la scoperta di Hubert e dopo aver servito a una festa di carnevale dove tutti si travestono con abiti dell’altro sesso, non è più mansueto come sempre. Ma soprattutto la scoperta che Hubert è una donna e che è sposato fa venire voglia anche a lui di avere una vita amorosa e punta gli occhi su Helen. Un pomeriggio Albert va trovare a casa Hubert e a cena a ‘lui’ e a sua moglie Cathleen, racconta la sua storia: è figlia bastarda di un nobiluomo, ha vissuto in miseria ed ha subito da giovane una violenza di gruppo di parte di cinque uomini. Allora si è travestita… Vedendo come Hubert e sua moglie sono una coppia affettuosa e armoniosa, Albert inizia a desiderare di avere una sposa anche lui, e inizia a pensare che Helen sia la ragazza perfetta…

Garcia dovendo scegliere una chiave interpretativa non ha cercato lo sfondo psicanalitico e nemmeno quello del conflitto di classe, ha scelto la ricostruzione storica precisa e la accuratezza dei dettagli, usando un manierismo un po’ fine a se stesso.

Accanto alla bravissima Close c’è un gruppo di attori che funziona molto bene, da segnalare tra i tanti Janet McTeer (l’incredibile Hubert, per fisicità e possenza), Mia Wasikowska (Helen), il medico ospite dell’albergo Brendan Gleeson e, in un ruolo marginale, Jonathan Rhys-Meyers (protagonista invece nel film di Allen Match point)

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