Questa epoca sembra lontana mille anni da quella della seconda parte del Novecento, per come leggiamo il mondo, decifriamo le sue trasformazioni sociali ed economiche, interpretiamo e subiamo lo stato delle cose.  Tuttavia sono due epoche che restano simili per le radici dei malesseri sociali che non sono superati e per le profonde ingiustizie che regnano nel nostro quotidiano pubblico e privato.

Viviamo in anni ormai privi di uomini e donne realmente visionari, profondamente convinti dell’uguaglianza a della giustizia, che credono nei valori come a una fede; nessuno più dedica la sua vita a un ideale collettivo, alla convinzione di un mondo nuovo e di una città futura.  Quasi nessun ha pensieri radicali, una visione politica complessa, e pochi praticano la disubbidienza – chi lo fa è spesso frainteso -; chi conserva dei valori confonde la solidarietà umana con l’elemosina collettiva.  Ci si è quasi adagiati sui mali della società, ormai si pensa che se succedono delle sventure – come l’orrore della morte di massa o le profonde diseguaglianze – non sia colpa dei padroni dell’economia mondiale  o di una manipolazione sociale, bensì derivi dalla natura, dalle cose o come diceva Spinoza “… si chiamano buoni o cattivi presagi “. Oggi si sbraita, si eccede individualmente ma nessuno più prova a ribellarsi realmente e a combattere collettivamente per la dignità e il rispetto.  Si cerca la via più comoda, si spera che vada bene, si cerca il compromesso, le mezze misure, ci si affida all’apparenza e alle mezze verità.  Per la morale diffusa, verrebbe da citare Nietzsche e le sue morali da birreria e tasso alcolico.   E quando si cerca di levar di mezzo un dittatore lo si fa senza essere in grado di eliminare le cause che fanno del principe un tiranno, tantomeno ci si domanda chi permette la rivolta e perché.  C’è una modestia del pensiero, una mancanza di coraggio nel rimodernarsi, tantomeno una vera esigenza etica; resta una visione del mondo che porta i furbi e i cinici ad impossessarsi delle vite e dell’economia globale.

Gli uomini e le donne che sono raccontati in questo libro – assai differenti tra loro per carattere, prassi e conseguenze – hanno provato in tutta la loro vita a lottare per un mondo migliore e giusto, senza tuttavia riuscire nel risultato finale.  Erano dette avanguardie, esempi e punti di riferimento per milioni di persone; adesso sono quasi dimenticati, finiti nell’oblio della Storia, relegati dalla cultura europea tra personaggi stravaganti o criminali, Camillo Berneri, Gaetano Bresci, Virgilia D’Andrea, Severino Di Giovanni, Luigi Galleani, Errico Malatesta, Leda Rafanelli restano, al di là del bene e del male, degli utopisti, dei sacri esseri ribelli, con una varietà di pensiero e di ideali che hanno vissuto coerentemente per tutta la loro vita.   Negli ideali libertari, anarchici, di solidarietà, internazionalismo e cosmopolitismo. Coraggiosi, indomiti, imprescindibili, figli della loro epoca e – citando Brecht – restano degli Indispensabili.

 

 

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