Abbiamo visto Angèle e Tony regia di Alix Delaporte.
Se vi piace quel Cinema francese medio così differente da quello italiano spesso comicarolo, leggero e televisivo allora andrete a vedere quest’opera prima fatta di ‘ normali ‘ rapporti sociali, di piccole debolezze e comprensibili insicurezze umane. Un tuffo nella realtà di tutti i giorni, con personaggi ‘veri’, con una storia semplice, anche dura ma senza lacrime o lamentele. Tuttavia Angèle e Tony non ha un respiro sempre coerente, il personaggio femminile (una brava e credibile nella sua afasia Clotilde Hesme) sembra essere all’inizio una drop out (sul genere La ragazza sul ponte dell’ottimo Patrice Leconte) e invece, tranne per il fatto che può fare sesso con chiunque per sentire se ancora prova qualcosa, per il resto del film insegue un sogno piccolo borghese di matrimonio per recuperare un figlio piccolo che vive con i nonni paterni; il personaggio maschile (il bravo Grégory Gadebois della Comédie- Francaise) invece è descritto in modo perfetto nella sua chiusura verso il mondo dei sentimenti. Probabilmente Angéle e Tony non riusciranno mai a trovare una vera felicità perché non hanno voglia di capire i loro sentimenti più profondi ma assieme potranno dare un senso alle loro vite.

Angèle è appena uscita dal carcere dopo un paio d’anni (non sapremo mai effettivamente perché è stata dentro e quale sia stata la sua colpa effettiva nella morte del marito), la incontriamo nella prima scena che si fa sbattere dietro un muro da un ragazzo cinese in cambio di un bambolotto che vorrà regalare a suo figlio che non incontra da almeno due anni.
Per avere l’affidamento del figlio che è in custodia dai nonni paterni, cerca un marito con un’inserzione sul giornale, ma cerca anche una stanza dove stare e un lavoro. L’uomo che si presenta all’appuntamento è Tony, un pescatore del porto, timoroso verso il mondo femminile, ombroso e insicuro; non riescono ad entrare in sintonia e sembra finita prima ancora di iniziare anche perché lei gli fa delle avance poco romantiche. Ma chissà perché Angèle non si rassegna e lo va a cercare al porto. Riesce a convincerlo e si fa ospitare in una stanza di casa sua nonostante la ritrosia della madre di lui. Cominciano a vivere in tre e inizia a lavorare anche lei al porto, vendendo pesce e imparando a pulirlo. Angèle e Tony vivono assieme ma senza sfiorarsi, anzi è lui che pur attratto la scaccia quando lei gli si propone spogliandosi del tutto; ma lentamente queste due vite solitarie, ai limiti dell’afasia sentimentale, che trascinano segreti più o meno confessabili, troveranno il modo per attrarsi, comprendersi e, forse anche, amarsi. E così il semplice ma anche complicato desiderio di lei di rifarsi una famiglia e avere accanto il suo bambino si realizza. Un film semplice, onesto, ‘calmo’ nella progressione dei sentimenti, discreto nell’analizzare due vite ai margini del mondo come ai margini del mondo è questo piccolo paesino francese Port-en-Bessin in Normandia che si affaccia sull’Oceano Atlantico; con dialoghi ridotti all’osso e inquadrature semplici volutamente riservate e poco invasive. Si potrebbero fare rimandi registici a vari autori francesi a cui la giovane regista deve debiti narrativi e stilistici ma preferiamo dire che è un buon debutto registico, fatto con sicurezza e senza alcuna protervia. Delaporte aveva debuttato nel 2003 con il cortometraggio: Le Piège, ha realizzato poi il documentario: Zinedine Zidane, comme dans un rêve. Del 2006 è: Comment on freine dans una descente? con cui ha vinto il Leone d’oro per il miglior cortometraggio alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

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