Abbiamo visto “ Animali notturni “ regia di Tom Ford.

Con Amy Adams, Jake Gyllenhaal, Michael Shannon, Aaron Taylor-Johnson, Isla Fisher. Thriller, durata 115 min. – USA 2016. – Universal Pictures uscita giovedì 17 novembre 2016.

Un film fin troppo elegante, con una complessa narrazione emotiva, costruito su due piani che si intersecano non sempre temporalmente e si ribaltano verso la fine. Il cui trucco consiste nella lettura di un romanzo forte e stilizzato nella sua violenza, letto, in anteprima, da una lei in crisi personale e scritto da un lui andato in crisi molti anni prima perché lasciato senza una motivazione convincente dalla stessa donna. Un ritmo da una parte algido e formale ( sostanzialmente vuoto, privo di originalità ) mentre dall’altro porta con sé una precisa stilizzazione della violenza bruta e fine a se stessa già vista abbondantemente in un certo cinema americano. E in alcuni passaggi uno dei piani prende il sopravvento sull’altro creando un po’ di fastidio nello scorrere narrativo. Quindi niente di nuovo sulle due linee narrative, l’originalità del film non è nella storia, sviluppata su due piani opposti, né su uno dei due piani ( ben diretti, ma fine a se stessi ) ma nel gioco di specchi dei sentimenti provati tra una coppia creativa: si sono amati ai tempi dell’università, si sono anche sposati, poi lei ha lasciato lui per una questione di personalità debole e rinunciando al figlio che aspettava; quindi, vent’anni dopo, lui rientra nella vita di lei attraverso un romanzo appena scritto che le spedisce e a lei dedicato, in cui c’è un’esaltazione della violenza e questo riavvicinamento intellettuale avviene proprio in un momento della vita di lei in cui è fragile e in crisi. La lettura del romanzo accentua l’inquietudine in lei e ritornano alla mente alcuni pentimenti emotivi del passato mentre per lui che ha scritto il romanzo c’è la catarsi emotiva e la vendetta.

Tratto da un romanzo di Austin Wright ( in Italia lo pubblica Adelphi col titolo Tony & Susan ), Animali notturni risulta solo in parte coinvolgente, prevale il gioco intellettuale e spigoloso, una rappresentazione fredda e distante, che più che coinvolgere gioca con una narrazione elegante proprio mentre ci racconta di sentimenti profondi ( come l’idea che l’amore non può garantire la propria salvezza, la crisi che si vive alla mezza età, il guardarsi indietro e ripensare agli errori commessi, la constatazione che dal passato non può venire alcuna forza, alle strade che portano alla riconciliazione con i propri dolori, al tempo che inesorabilmente passa e si può fare ben poco… ) che meriterebbero ben altro sguardo. Forse deriva anche da un’ambientazione fin troppo elegante e al modo di descrivere un ambiente sociale e culturale in fondo credibile ma così distante dalla realtà. Insomma nonostante Tom Ford sia un regista originale e così poco alla moda cinematografica di oggi, nonostante l’eleganza visiva, sembra purtroppo più interessato a mostrarci i toni cupi, violenti e depressi che caratterizzano la protagonista e il suo ambiente che non ad analizzare l’esistenza in cui vive. Un post-Antonioni senza la visionarietà e quella sua idea di Cinema.

Susan Morrow ( una brava e un po’ inquietante Amy Adams ) è una quarantenne in piena crisi esistenziale, una figlia ormai grande lontana e un marito ( Armie Hammer ) indifferente che è spesso lontano per lavoro ma che in realtà risponde al suo fallimento professionale intrecciando relazione con giovani donne. Susan è in fondo sola e malinconica, a un bivio della vita senza conoscere la scelta da fare, è proprietaria di una prestigiosa galleria d’arte, compra opere, organizza vernissage, ma non trova in quello che fa alcun sollievo, anzi sembra quasi provare distanza emotiva. In un fine settimana, mentre il marito è partito e la servitù è lasciata libera, riceve un manoscritto dall’ex marito ( Jake Gyllenhaal nel ruolo anche del protagonista del romanzo ) che non vede oramai da diciannove anni, lui le chiede di leggere il manoscritto finalmente ultimato e di dargli un giudizio in pochi giorni. In questa notte solitaria, seduta a letto inizia a leggere il testo che racconta di una violenza inaudita subita da un uomo debole, dalla moglie e la giovane figlia mentre sono in viaggio. La storia violenta attrae e inquieta Susan ed emotivamente le fa tornare in mente il suo passato, l’uomo che aveva sposato e tradito, che aveva del tutto rimosso, ma soprattutto la violenza del racconto le svela del tutto la sua vita insoddisfacente, i fallimenti del passato e tutto ciò che vive si frantuma in un’inquietudine devastante.   Insomma il mondo di apparenze in cui vive, la sua professione, il matrimonio stesso si frantumano. Lei lo cerca, ma lui attraverso il suo romanzo ha trovato una sublimazione e la sua vendetta, elaborando dopo tanti anni il lutto, dell’abbandono e della perdita.

Un film assai ambizioso ( dichiarato sin dai titoli di testa assai efficaci, in cui ballerine bulimiche ballano completamente nude mostrando corpi osceni, forse il simbolo della decadenza dell’arte e della società ? ) che utilizza l’escamotage del romanzo per costruire piani narrativi differenti, passando per epoche differenti e relazioni opposte. In realtà c’è una descrizione di un mondo senza amore, dove tutti deludono tutti, dove il dolore risulta un piatto freddo e in fondo anche una vendetta covata per anni è senza una reale soddisfazione. Registicamente un buon film abbastanza lineare, narrativamente ambizioso e non sempre all’altezza dei piani emotivi che si intersecano e si sovrappongono, un buon cast in cui tutti gli attori possono ritagliarsi uno spazio visivo importante.

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