Abbiamo visto “ Brother and song “ regia di Hirokazu Kore-eda.

Film ritenuto importante dalla critica, premiato come migliore pellicola dalla Giuria al Festival di Cannes nel 2013 e all’Asia Pacific Film Festival, è sicuramente un film ben sviluppato e complesso emotivamente, con un ritmo tipicamente giapponese e con uno sviluppo non scontato.   Si inserisce in quella linea narrativa che ha visto solo due anni fa l’uscita de “ Il figlio dell’altra “ ( in cui una situazione simile avviene tra una famiglia palestinese e una israeliana ) e negli Anni ’90 con “ Toto le Héros “ ( un film in fondo allegro e bizzarro ).  “ Brother and song “ , in questo caso ( lo dice già nel titolo ), tiene un po’ in disparte le madri e prende il cuore della narrazione solo uno dei due padri, quello borghese.  Giacchè i figli scambiati hanno solo 5 anni possiamo dire che il film, anche se ben costruito con tutti i personaggi, è un’analisi antropologica-affettiva di un genitore poco attento, con un padre arido e distante e in carriera perché non sa vedere la vita che attraverso la disciplina l’affermazione sociale.

Il padre si chiama Nonomiya ( è interpretato dal cantante pop Masaharu Fukuyama ), è un architetto in carriera e di successo, quindi mette in secondo piano la moglie ed anche il figlio a cui è legato da vero affetto.  Un giorno la moglie Midori ( Machiko Ono, vista nell’ultimo film di Takeshi Kitano ) riceve una telefonata dall’ospedale in cui lei ha partorito: il loro piccolo Keita forse non è il loro bambino a causa di uno scambio di neonati.  Basta un controllo con il dna e scoprono che il loro vero figlio è stato dato ad un’altra coppia che ha partorito nello stesso giorno e nello stesso ospedale.  Colpa di un’infermiera frustrata che ha fatto volontariamente lo scambio.  Le due famiglie si incontrano con i bambini – l’altra ne ha ben tre – per capire anche cosa devono fare.  Famiglie assai lontane per estrazione sociale e modelli di vita: i primi borghesi, freddi e formali; i secondi popolani, confusionari e spensierati.  Dopo vari incontri tra le famiglie e qualche piccolo scontro tra i due padri che rappresentano due figure genitoriali agli antipodi, e in cui il dilemma e le domande più evidenti sono poste senza tuttavia trovare una risposta giusta ( legame di sangue o tempo trascorso assieme ? la domanda più evidente ), decidono di prendere ognuno il proprio figlio biologico e in modo drastico, da un’ora all’altra.  Ma naturalmente le difficoltà genitoriali di Nonomiya con il figlio biologico e ribelle e la nostalgia per il suo figlio Keita pongono molte domande e certamente provocano molte sofferenze fino a…

Film dalla scrittura leggera e perfetta, il peso dei comportamenti e delle relative reazioni dei genitori e dei bambini  mostrano un’analisi precisa, razionale, tipicamente giapponese. Si racconta con eleganza e con passaggi psicologici coerenti il rapporto con i sentimenti in generale, con la necessità di vedere crescere i propri figli ma anche dei rapporti con i propri cari.  Il centro della storia è Nonomiya, un uomo perfetto e algido, un perfezionista in tutto ma completamente sprovvisto di empatia e si scontra con l’altro padre, un trasandato ed infantile Yudai che ama giocare con i figli, fare il bagno assieme e trastullarsi in giochi puerili.  La scelta registica è equilibrata e Kore-eda sembra raccontarci la storia in maniera oggettiva ed equilibrata senza mai voler dare un giudizio o fare la morale.  Lo spettatore assiste senza prendere posizione e osserva forse solo un po’ dispiaciuto per le pene che prova il piccolo e tenero Keita.

Da segnalare tutto il cast in grado di supportare una storia che non ha verità e che si fa molte domande dolorose.  Bella anche la fotografia e la colonna sonora con il commento musicale delle Variazioni Goldberg di Bach.

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