Nel 2000 il regista, attore e scrittore americano Cameron Crowe ridiede lustro alla figura della groupie con il film semi-autobiografico Almost Famous. Protagonista della storia è un giornalista adolescente che viene mandato dalla rivista Rolling Stone in tour con la sua rock band preferita per scrivere un reportage. Coprotagoniste sono un manipolo di incantevoli ragazze, capitanate da una certa Penny Lane, che in qualità di groupie accompagnano la band in tour e in modo anticonvenzionale ma efficace si prendono anche cura dell’educazione sentimentale del ragazzino.

Anche se le groupie avevano vissuto e superato da decenni il loro momento di gloria, grazie ad Almost Famous si tornò a parlare di loro, restituendo tutto il fascino a quello che più che mestiere andrebbe definito una vocazione, ricostruendo una mappa esatta (con nomi d’arte, ma anche nomi e cognomi veri) di quale groupie era stata con quale band o musicista, rimandando in stampa o pubblicando per la prima volta libri importanti come Sto con la band. Confessioni di una groupie di Pamela Des Barres (Lit Edizioni, pp. 409, 11,90 euro), Groupie di Jenny Fabian (Arcana, pp. 277, 18,50 euro) o Wonderful Today. La mia vita con George Harrison e Eric Clapton (Caissa, pp. 256, 22 euro), scritti in prima persona da alcune delle più luminose e celebri ragazze che pur non suonando nessuno strumento hanno vissuto in prima persona gli anni d’oro della storia del rock.

Per saperne un po’ di più sull’argomento, sono da poco in libreria due libri che in forma di saggio e di fumetto, con cura e passione ricostruiscono la storia di alcune groupie che andrebbe la pena conoscere. Il primo è il bel libro di Barbara Tomasino Groupie. Ragazze a perdere, pubblicato a inizio millennio, fuori catalogo da anni e adesso ristampato in edizione aggiornata da Odoya (pp. 320, 18 euro). Il secondo è il magistrale graphic novel in due volumi Autel California della francese Nine Antico (i due volumi sono pubblicati in Francia in un unico cofanetto da L’association, pp. 424, 34 euro, e ancora inediti in Italia, dove della prolifica e bravissima Antico è stato pubblicato solo Il gusto del paradiso pochi anni fa da Coconino).

Laddove Tomasino fornisce un accurato affresco e alcuni fondamentali ritratti di ultracelebri groupie, Antico mette in fila un’impeccabile sequenza di scene a metà strada tra finzione e realtà interpretate da un personaggio semi-immaginario e a fumetti di nome Bouclette, liberamente ispirato a quella stessa Pamela Des Barres che con la sua autobiografia (la già citata Sto con la band, a cui hanno fatto seguito numerosi e impeccabili articoli e libri che con pari amore e passione ha dedicato a musicisti e altre groupie) ha fatto definitivamente chiarezza sull’argomento concedendo a se stessa e alle colleghe amiche di backstage tutto il rispetto e la gratitudine che sono loro dovuti. Perché se è vero che senza rockstar non ci sarebbero groupie, è anche vero, a dirla con Frank Zappa, che “se non hai nessuna groupie che ti gira intorno, allora è chiaro che non stai facendo sul serio”.

Zappa fa la sua apparizione nel graphic novel di Antico a metà del secondo tomo, disegnato insieme a una manciata di groupie losangeline che nel ’69, più per fare un esperimento sociologico che con intenti discografici particolarmente ambiziosi, il musicista trasformò in band. La band si chiamava GTO’s, ovvero Girls Together Outrageously, e ne faceva parte Des Barres, insieme a Mercy Fontenot che in seguito avrebbe sposato il chitarrista Shuggie Otis, Cynthia Sue Wells futura moglie di John Cale, Christine Ann Frka musa di Alice Cooper e babysitter della figlia di Zappa Moon Unit, la portoricana Luz Selenia Offerrall poi diventata attrice, Sandra Lynn Rowe “artist-in-residence” di casa Zappa, e Linda Sue Parker, detta Miss Sparky, famosa frequentatrice di Sunset Strip a bordo della sua Hudson Hornet. Quello stesso anno registrarono un disco – prodotto da Zappa – dal titolo Permanent Damage, non fecero nessuna tournée fuori da Los Angeles, non registrarono altri dischi, alcune di loro vennero arrestate pochi mesi dopo l’uscita dell’album per possesso di stupefacenti, l’esperimento sociologico fallì così come quello discografico, tutte tornarono presto e volentieri a fare le groupie.

Cosa significhi esattamente “fare le groupie” è una di quelle cose che finisce inevitabilmente in un territorio d’ombra dove verità e leggenda si mescolano e confondono inestricabilmente tra loro. Lo Zingarelli definisce groupie “chi dimostra fanatica ammirazione per cantanti, attori o personaggi famosi”. Il vocabolario Treccani precisa che in italiano il termine “groupie” viene usato al femminile e raramente al maschile, è che indica “chi sostiene in forme molto appariscenti, e che talora sfiorano il fanatismo, un personaggio famoso (un cantante, un attore, eccetera)”. Un esempio visionario ma molto efficace di cosa sia e cosa faccia una groupie lo dà Patti Smith, in un’intervista rilasciata a Lisa Robinson per Hit Parader nel giugno 1977. Dice Patti Smith: “Se Gesù fosse tra noi e se io fossi una groupie, lo seguirei ovunque. Ecco perché penso che Maria Maddalena fosse così figa. È stata la prima groupie. Nel senso che era veramente pazza di Gesù e lo seguiva dappertutto, è un peccato che si sia pentita: avrebbe potuto scrivere un fantastico diario”. Tomasino nel suo libro allarga lo spettro delle attività delle groupie, che non si limitano solo a impazzire per una celebrità, seguirla dappertutto e poi scrivere un fantastico diario: “Una groupie deve essere un sostegno a tutto campo per la band, deve adorarne la musica, deve, se necessario, lavare e stirare la montagna di roba sporca accumulata in viaggio e deve naturalmente soddisfare ogni capriccio delle rockstar (compito che può significare procurare loro della droga o più semplicemente fare sesso)”.

Nell’era del politically correct e del #metoo c’è da tremare al pensiero delle reazioni che potrebbero scatenare attività del genere, per quanto il sesso con le groupie fosse nella gran parte dei casi consensuale. L’anno scorso il Guardian aveva sollevato la questione con un articolo dal titolo: “Il #metoo segnerà la fine delle groupie del rock?” La risposta sarebbe sì, senz’altro, se non fosse che le groupie del rock (le prime, le autentiche) sono tramontate insieme al rock e che il rock potrà pure non essere morto ma di sicuro non è più quello di una volta. Oggi una ragazza che riesce a entrare nel backstage di un concerto preferisce quasi sempre un selfie da postare su tutti i social network che del vero e sano sesso da non potere mostrare a nessuno. Tra il kiss e il tell si preferisce il tell, e la ragione continua a sfuggire a chi è cresciuto e ha vissuto in epoche differenti, quando nessuno sospettava la futura esistenza di social network e smartphone.

È con nostalgia o con invidia – dipende dall’età che si ha – che si leggono oggi queste storie di ragazze, quasi sempre giovanissime, pronte a concedersi al proprio idolo non perché attratte dalla celebrità o sedotte dal potere, ma perché grate. Pura e semplice gratitudine era la loro, verso chi suonava, cantava, scriveva canzoni che permettevano di innamorarsi ogni volta da capo. Gratitudine e sana voglia di spassarsela. Nel film di Cameron Crowe, Penny Lane spiega saggiamente al giornalista adolescente che queste storie con i cantanti non bisogna mai prenderle troppo sul serio. “Se non la prendi seriamente”, dice, “non rischi di farti male. Se non ti fai male ti diverti e basta, e se ti dovesse capitare di sentirti sola basta che vai al negozio di dischi e ritrovi i tuoi amici”. Dice Pamela Des Barres: “Tutte queste ragazze hanno in comune l’amore per la musica. È la loro priorità assoluta nella vita. Vivono per la musica e vogliono essere parte della scena”.

È anche vero che la vita poi segue il suo corso, e alcune groupie sono salite (o scese, dipende dai punti di vista) di livello diventando fidanzate, mogli o madri dei figli dei tanto amati musicisti: Linda Eastman è entrata nella scena rock come groupie e ha finito per sposare Paul McCartney; Bebe Buell ha fatto una figlia con il frontman degli Aerosmith Steve Tyler (l’attrice Liv Tyler); la stessa Pamela Des Barres, la più famosa tra le groupie, a un certo punto si è sposata e ha fatto un figlio con Michael Des Barres, frontman dei Detective.

Ma nei casi migliori sono rimaste solo le “ragazze delle canzoni”, immortalate in liriche destinate a diventare più celebri del musicista amato e di tutta quanta la band. “Sweet” Connie Hamzie (oltre che per il suo passato da groupie, celebre per avere raccontato nel suo memoir di come Bill Clinton ci abbia provato con lei) viene citata in “We’re an American Band” dei Grand Funk Railroad. “Look Away” di Iggy Pop è stata scritta per Sable Starr. Alle groupie che aspettavano giorno e notte i Beatles fuori dagli Abbey Road Studios o dagli uffici della Apple, George Harrison ha dedicato la sua “Apple Scruffs”. L’attrice Patti D’Arbanville è diventata la “Lady D’Arbanville” di Cat Stevens, che le ha dedicato anche “Wild World”. Per Edie Sedgwick Bob Dylan ha scritto “Like a Rolling Stone”, anche se poi non lo ha raccontato a nessuno. E così via fino alla più recente “Groupie Love” di Lana Del Rey, che ribalta i ruoli mettendosi nei panni della groupie e praticamente dice: è un tormento stare con uno famoso quando devi divederlo con tutte le altre. Verissimo, ma anche il ragionamento di Penny Lane non fa una piega: il tuo amato ti manca? Vuoi sentire la sua voce? Metti il disco e premi il tasto play.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *