Garage Honduras
E’ quasi sempre una questione di sensazioni. Qualcosa che non ti aspetti, ma che dice chiaramente che quello che si ha sotto gli occhi non è un libro come un altro. Già la trama incrocia le confuse inquietudini dei nostri tempi: la fine della Guerra fredda, l’America Latina feudo di Reagan, i criminali ingaggiati per fermare l’onda comunista da El Salvador ai sandinisti del Nicaragua all’Honduras dove è avvenuta la back story di questo libro. La nuova vita dei torturatori, il tribunale per i crimini contro l’umanità dell’Aja dove incomincia la storia prima del flashback. Poi una società specializzata in neuroeconomia, detta in breve lo studio delle reazioni del cervello a certi stimoli di marketing e le conseguenti applicazioni pratiche.
A tenere insieme i fili, due amici: uno diventato un alto dirigente della società e l’altro alla sbarra per crimini contro l’umanità. Si comincia con il secondo che va al processo del primo. Ma non è solo la trama, anche se basterebbe per mettere insieme tutti questi mondi. E’ la solitudine di uomini inseguiti dal passato, il dramma di accettare che molti di loro, molti di noi, siano in grado di costruirsi alibi per continuare a vivere nonostante ciò che fanno. Sono i meccanismi della nostra specie all’opera descritti dal miglior strumento, la letteratura. Poi certo che questo libro è anche un thriller, una spy story come non se ne vedevano da un po’. Ma è soprattutto alibi che cadono, uomini messi a nudo, storie che alla fine chiedono il conto.
Si intitola Il cuore di Garcia

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