Gene Wilder. Che cosa aveva visto Mel Brooks nel volto e nella figura di Gene Wilder, nato Jerome Silbermann, ebreo-russo di Millwauke, scomparso ieri a 83 anni, per affidargli quasi dal nulla il ruolo da protagonista nel suo capolavoro The Producers, ‎cioè Per favore non toccate le vecchiette? Credo un candore e un’ironia antichissima a metà tra quella dell’attor giovane del teatro yiddish o quella del comico del muto alla Harry Langdon.

A fianco di un gigante come Zero Mostel, l’impresario Max Bialystock che cerca di produrre il musical demenziale su Hitler per ottenere soldi da un insuccesso in The Producers non poteva che esserci un angelo come Gene Wilder. Fino allora aveva lavorato solo a teatro, comico e ultraserio, Mel Brooks lo aveva scoperto grazie a sua moglie Anne Bancroft, italianissima, che glielo segnalò dopo aver diviso le scene con lui in una Madre Coraggio di Bertold Brecht.

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Il pubblico lo aveva già visto in un piccolo ruolo, dove però era già lui, con il sorriso stampato e gli occhi liquidi e gentili, in Bonnie and Clyde di Arthur Penn. Ma è Mel Brooks a aprire a Gene Wilder non solo le porte del cinema, ma quelle del nuovo, originalissimo cinema comico americano del tempo, dove si riescono a mischiare amori diversi per la Hollywood antica, il musical, l’horror, per il teatro yiddish, per i piccoli comici dei monti Catskill e quelli eroici della prima tv.

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Wilder è perfetto nei film di Mel Brooks, è il protagonista ideale di Mezzogiorno e mezzo di fuoco come pistolero alla Dean Martin accanto allo sceriffo nero Cleavon Little nella cittadina razzista bianca e, ovviamente come giovane dottor Frankenstein in Frankenstein Junior, dove firma anche la sceneggiatura. Wilder duetta in un memorabile balletto, “Putting on the Ritz”, col Mostro interpretato da Peter Boyle, duetta con Madeline Khan sia in versione western che in versione horror.

E duetta con l’Igor più noto di sempre, quello di Marty Feldman con occhio sporgente e gobba (“Gobba? Quale gobba?”) mobile da sinistra a destra. Devo dire che non ci siamo ancora ripresi dalla separazione, probabilmente inevitabile, tra Mel Brooks e Gene Wilder. Anche se Wilder aveva già girato e girerà poi con altri registi, Bud Yorkin, Stanley Donen, lo stesso Woody Allen, è con Mel Brooks che si forma una coppia magistrale che produrrà dei veri e propri capolavori comici.

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Brooks lo rimpiazzerà prendendo lui stesso il suo posto da protagonista, ma malgrado la bellezza di Silent Movie, e la presenza di Marty Feldman e Dom De Luise, non sarà mai più la stessa cosa, anche perché Mel è proprio un altro tipo di comico, sembra il barbuto comico yiddish Max Davidson, non è adatto a fare il protagonista.

Wilder girerà i suoi stessi film, da Il fratello più furbo di Sherlock Holmes a Il più grande amatore del mondo. Riprende i toni della parodia dei generi, riprende attori brooksiani come Dom De Luise o Marty Feldman, ma esagererà sul lato romantico. Nessuno dei suoi film ha l’essenzialità, l’originalità, la comicità di Frankenstein Junior o di Mezzogiorno e mezzo di fuoco o di The Producers. Wilder funziona meglio da regista-protagonista addirittura nel remake dei film francesi, come dimostra la sua spettacolare versione di La signora in rosso con Kelly Le Brok, o da attore nel bellissimo episodio del pazzo innamorato della pecora in Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso di Woody Allen.

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Lì riesce a essere perfetto come alter ego di Allen, ma anche un misto di Nino Manfredi, protagonista di Vedo nudo che Allen avrà sicuramente visto, e di Peter Sellers, grande modello comico sia per Allen sia per Mel Brooks. Ma trova anche una naturale eleganza alla Cary Grant nel notevole Wagon Lits per omicidi di Arthur Hiller, il suo primo film in coppia con Richard Pryor, e è perfetto come protagonista del primo Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato.

Dimostra anzi proprio lì una conoscenza precisa del mondo e dei personaggi di Roald Dahl, sembra quasi disegnato da Quentin Blake. Non funziona così bene, invece, a fianco di Harrison Ford come rabbino in Scusi, dov’è il West? del pur grande Robert Aldrich. Ma fa una grande coppia con Richard Pryor in Stir Crazy diretto da Sidney Poitier e con la sua compagna Gilda Radner in Hanky Panky – Fuga per due, film che mi piacerebbe proprio rivedere.

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Serio, sensibile, elegante, Gene Wilder è stato protagonista di una stagione di cinema comico che da anni Hollywood ha dimenticato. “Gene Wilder. Uno dei grandi talenti comici dei nostri tempi”, ha scritto Mel Brooks ieri. “Ha benedetto ogni film con la sua magia e ha benedetto me con la sua amicizia”.

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