In questa vita ho avuto molti segreti. Ma uno dei più grossi, forse quello che era maggiormente in conflitto con la verità ufficiale, è il segreto che adesso trovo opportuno confessare.
Una mattina, quando mi alzai, vidi che nella sala da pranzo di casa mia era nato un albero. Ma non vi fate illusioni: si trattava di un albero vero, con radici infilzate nelle mattonelle e dei rami che si piegavano sotto al soffitto.
Pensai subito che quella cosa lì non poteva essere lo scherzo di nessuno, e, non avendo persone care alle quali raccontare certe cose, decisi di andare dalla polizia.
Mi introdusse il capitano, con dei grandi baffi, come sempre, e un vestito la cui eleganza non sarei in grado di spiegare, perché era coperto dai distintivi. Dissi:
– Vengo per farvi sapere che nella sala da pranzo di casa mia è nato un albero vero, al margine della mia volontà.
L’uomo, penserete, si sorprese. Stette un po’ di tempo a guardarmi e poi disse:
– Non può essere.
– Ma certo. Queste cose uno non sa mai come accadono. Ma l’albero è lì, a prendersi la luce e a darmi fastidio.
Queste mie parole irritarono il capitano. Diede un colpo sulla tavola con la mano aperta, si alzò e mi prese per il colletto. (Quel gesto che dà tanta rabbia.)
– Ho detto che non può essere – fece di nuovo -. Se questo fosse possibile, sarebbe possibile qualsiasi cosa. Lo capite? Dovremmo correggere tutto ciò che hanno detto i nostri saggi e perderemmo molto più tempo di quanto uno si immagina a prima vista. Saremmo ben conciati se nelle sale da pranzo di un cittadino qualsiasi accadessero cose tanto straordinarie! I rivoluzionari alzerebbero la testa, tornerebbero alla discussione della divinità del re, e chissà se qualche potenza, incuriosita, non ci dichiarerebbe guerra. Lo capite?
– Sì. Ma, nonostante tutto, ho toccato l’albero con le mie mani.
– Andiamo, forza, dimenticate questa faccenda. Condividiate solo con me questo segreto, e lo Stato pagherà bene il vostro silenzio.
Io stavo per considerare la possibilità di un assegno quando la mia coscienza ebbe una scossa. Chiesi:
– Ma è una cosa d’interessa nazionale, questa qui?
– Ovviamente!
– Allora non voglio nemmeno un centesimo. Io per la patria faccio qualsiasi cosa, sapete? A disposizione vostra.
Dopo quattro giorni mi arrivò una lettera del re, nella quale mi ringraziava. E con questo chi non si sarebbe sentito ben pagato?

Nota del traduttore

Pere Calders, maestro della narrativa breve in lingua catalana, si esiliò in Messico, dopo la Guerra ivile Spagnola scoppiata nel ’36..
E’ duro adattarsi alla vita messicana degli anni cinquanta, ma viene a contatto con il nascente realismo magico della letteratura hispano-americana che trasferirà alla sua opera, anche dopo il ritorno a Barcellona.  Ossessionato da quella “verità occulta” sulla cui base si appoggiano le schizofrenie della società attuale, anche nella letteratura di Calders l’uomo è considerato un mistero immerso in una serie di dati realistici. Per usare le parole del venezuelano Arturo Úslar Pietri egli è “Una divinazione poetica o una negazione poetica della realtà”.

Barcelona 29 de septiembre de 1912 – Barcelona, 21 de julio de 1994

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