La titolare Luisa Fiandaca, ci illustra la storia e l’attività della sua libreria caffetteria siracusana

Una “libreria caffetteria” – così Luisa Fiandaca, la titolare, preferisce chiamarla, perché “‘book bar’ suggerisce l’idea che si tratti di una realtà tutta americana” –, un posto dove concedersi una pausa e sfogliare un libro, sorseggiando un tè o un caffè. Ma anche un luogo di incontro, punto di ritrovo per autori e lettori che anima la vita culturale siciliana: questo è il Biblios Cafè di Siracusa. Proprio Luisa Fiandaca ci racconta in queste intervista l’attività del suo “caffè letterario” e ci parla delle difficoltà che la cultura incontra nella realtà siciliana.

Come nasce Biblios Cafè?
Il Biblios Cafè nasce nel 2001. L’idea mi viene perché, dopo aver vissuto in Germania diversi anni, avevo notato che a Friburgo tutte le librerie, grandi e piccole, di catena e non, avevano uno spazio con divani, giornali, e distributori di caffè o bric e teiere a disposizione dei clienti. Tornando, parliamo degli anni 90, dopo una breve esperienza nel campo del turismo, ho incontrato un’altra persona che aveva già da qualche anno creato a Catania una libreria caffetteria, così sono andata a parlargli e ho cominciato a mettere su l’idea per Siracusa. Abbiamo poi aperto nel giugno del 2001.

Perché secondo lei il binomio cultura-cibo funziona?
Perché in genere è la cultura che funziona se abbinata a qualcos’altro, vale anche con il binomio libri e musica per esempio. È, penso, un cambiamento necessario, ma a volte anche pericoloso perché i libri sono il “contorno”, non l’oggetto principale dell’interesse del pubblico.
La mia è una semplice caffetteria, con torte e biscotti, tè, tisane, vini, formaggio e salumi. Non è proprio un posto dove “si mangia”, ma dove ci si può a fare una piccola pausa e guardare i libri, osservare le novità, comprare un regalo, e poi bere anche qualcosa.

Quali attività organizzate nel vostro caffè letterario?
Nella nostra libreria ospito spesso iniziative di altri gruppi e associazioni del luogo per creare anche movimenti, collaborazioni e sinergie. Quello che però faccio più spesso e volentieri ospitare gli autori dei libri che mi piacciono, che ho letto, che ho seguito… Sono incontri che organizzo spesso e ho avuto anche ospiti “importanti”, magari quando ancora non avevano scritto il loro best seller –per esempio Gianrico Carofiglio, Fabio Stassi, Andrea Bajani, Marco Mancassola, Marco Travaglio, Nicolai Lilin, Isabella Santacroce e tantissimi altri. È un’attività che mi piace tantissimo: leggere un libro e poi conoscere il suo “ideatore” è un’esperienza veramente interessante.

La Sicilia è in genere considerata un territorio con una grande tradizione culturale non abbastanza valorizzata. Qual è il riscontro che ha dal suo osservatorio? Le persone partecipano alle vostre attività, c’è curiosità? Quali sono invece le difficoltà che dovete affrontare?
La Sicilia è spesso, direi, “schiava e vittima” del suo passato. In tutti i suoi aspetti. A volte la nuova produzione è intrisa di tutta una serie di stereotipi che le fanno bene, ma anche tanto male, perché non fanno venir fuori i nuovi talenti. E ce ne sono, ma non incuriosiscono. Questa è la maggiore difficoltà che si incontra. Tendenzialmente direi che hai successo nell’iniziativa se inviti un autore siciliano che ha scritto un romanzo storico, o una donna siciliana che parla di limoni, cucina tipica e così via… A queste, si aggiungono poi tutte le normali difficoltà che riguardano oggi il mondo del libro e l’editoria in genere.

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