Abbiamo visto “ Mal di pietre “ regia di Nicole Garcia.

Con Marion Cotillard, Louis Garrel, Alex Brendemühl, Brigitte Roüan, Victoire Du Bois. Genere Drammatico, produzione Francia, 2016. Durata 116 minuti circa. Da giovedì 13 aprile 2017

Dall’inizio dell’anno la cinematografia nelle sale italiane è qualcosa di quasi imbarazzante, si potrebbe dire che siamo in tempi di vacche magre, alla quaresima delle idee. Non alludiamo certo al cinema che chiamano di commedia all’italiana, quello l’ha definito bene Castellitto, un antidepressivo scaduto; a noi più semplicemente alcuni filmetti italiani appena usciti ricordano le scenette scritte da Raimondo Vianello per i programmi del sabato sera degli Anni Settanta. Ma anche qualche film italiano d’autore ci ha lasciati spiazzati e annoiati per l’inadeguatezza di scrittura o per la saccenteria narrativa, esempi tra i vari Il padre d’Italia o Rosso Istanbul, mentre l’apice della narrazione alta e complessivamente ridicola è l’ultimo film di Alex Infascelli, un film che bisognerebbe far vedere nelle scuole di scrittura cinematografica. Ma anche i pochi film dei maestri che hanno circolato negli ultimi mesi, come quelli di Farhadi, Kaurismaki, Pablo Larrain o dei Fratelli Dardenne – pur rimanendo su livelli degni – risultano dei film minori delle loro filmografie e con minore smalto introspettivo se non di ricerca.

Adesso esce nelle nostre sale un altro film scombiccherato, superficiale, nonostante l’approccio e la ricostruzione eleganti, e noioso, Mal di Pietre, che se non avesse due interpreti assai bravi ( Cotillard e Brendemuhl ) si potrebbe definire una boiata pazzesca. Tutto gira intorno al desiderio di una giovane donna alla ricerca dell’amore della vita, desiderio che la fa sembrare invece strana se non matta per i tempi in cui vive. Un film che è ambientato nella provincia francese agli inizi degli Anni Cinquanta mentre la Francia è in Vietnam a combattere e colonizzare ( ma questo è appena citato – al punto che sembra quasi un pretesto ), il protagonista è un catalano comunista della Guerra Civile Spagnola, ma anche questo è detto e risolto così. Insomma inseguendo le suggestioni amorose di una donna e riempendole di stilizzazioni, la regista Nicole Garcia, perde i presupposti del romanzo italiano da cui è liberamente tratto. Tutto il film e i deliri, che verranno svelati alla fine in maniera un po’ farlocca, si possono condensare nella semplice frase della madre della protagonista:

– Avete conosciuto mia figlia maggiore ?

– Sì, è molto bella.

– … è malata. Non è pazza, ha solo bisogno di un uomo !

Nicole Garcia, presentando al Festiva di Cannes il film, ha dichiarato che il racconto è sul desiderio sessuale e il bisogno di libertà delle donne negli anni Cinquanta e di aver voluto rendere la sua folle Gabrielle semplicemente come portatrice di un certo tipo di emancipazione femminile. Ma in realtà innamorarsi di un uomo che la rifiuta solo perché ha letto un suo libro o accettare di sposare uno sconosciuto senza nemmeno resistere un po’ e vivere col marito come con un estraneo e poi farsi pagare per fare sesso con lui dopo essersi vestita da puttain, a noi non sembra proprio una testimonianza di prefemminismo.

Assai liberamente tratto dal breve romanzo di Milena Agus ( chi ha amato il libro lo dimentichi entrando in sala ), la storia viene spostata di dieci anni e trasferita dalla Sardegna al sud della Francia, e gran parte dei fatti storici del romanzo sono modificati se non cancellati. Il Mal di pietre ( sorvoliamo sulla simbologia ) non è altro che un calcolo di cui Gabrielle soffre e che la porterà a credere di trovare l’amore.

Gabrielle ( una brava Cotillard ) è una trentenne molto bella che vive in una famiglia agiata e borghese di provincia. Molti la desiderano, ma la condizione di classe e i suoi comportamenti strani in un ambiente campagnolo ( la troveranno semisvenuta in un dirupo, dopo una notte di ricerca; spingerà un uomo sul tavolo di un banchetto perché lui non la vuole ) le impediscono di conoscere l’uomo da amare. Ma lei è alla spasmodica ricerca di un amore ( e di sesso ) che possa assomigliare il più possibile a quello che legge sui libri. Il padre non sembra preoccuparsene e le mostra solo amore, la madre invece è preoccupata e con una reputazione da mantenere; cerca di arginare le paturnie della ragazza ( una volta si spoglia nuda e si fa vedere alla finestra dagli operai che ritornano dal lavoro ) e decide di organizzarle il matrimonio con uno spagnolo, brava persona e desideroso di avere una mano economica per il suo lavoro di muratore ( un bravo e intenso Brendemühl ). E così si sposano e vanno a vivere assieme come due estranei, ma ben presto in lei i calcoli renali la fanno assai soffrire e lui la porta in una clinica tra le Alpi svizzere per sei settimane per farla curare con lunghe bevute d’acqua e sedute di spruzzi d’acqua. Qui, lei intrufolandosi in una camera incontra un malatissimo soldato che se ne sta sdraiato a letto ( Louis Garrel ) e facilmente si innamora di lui anche se scambiano poche parole e quasi nessuno sguardo. In quelle sei settimane lei crede di iniziare una storia d’amore con lui e ritornando a casa si ritrova incinta, gli scrive davanti al marito, soffre ma non riceve alcuna lettera di risposta dall’ufficiale. Anni dopo, trovandosi a Lione con il marito e il figlio ormai adolescente, va a cercare l’uomo e…

Un film non riuscito, non chiaro nella narrazione, in alcuni passaggi quasi imbarazzante ( lei potrebbe essere una prefemminista ? O è una donna che vuole fare sesso ma non ci riesce ), con un finale che rischia il ridicolo. L’unica salvezza – come abbiamo già detto – di questo film è la bellezza e la bravura di Marion Cotillard ma anche di tutto il resto del cast.

 

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