Abbiamo visto “ Martin Eden “ diretto da Pietro Marcello.

Scritto da Maurizio Braucci, Pietro Marcello, Fotografia: Alessandro Abate e Francesco  Di Giacomo, Costumi: Andrea Cavalletto, Scenografie: Luca Servino e Roberto De Angelis, Montaggio: Fabrizio Federico e Aline Hervé, Musica: Marco Messina e Sacha Ricci.  Con Luca Marinelli, jessica Cressy, Vincenzo Nemolato, Marco Leonardi, Denis Sardisco, Carlo Cecchi.  Genere: Drammatico, durata 129 minuti. Produzione Italia, Francia.  Distribuito da 01 Distribution. Uscita 4 settembre 2019.  Giudizio medio 3,5 su 5.

Tratto liberamente dal più famoso romanzo di Jack London, in realtà non si discosta molto dalla trama del romanzo, dalla dura critica al sistema capitalistico del Novecento, ed anche alla critica all’individualismo,  anche se l’autore formalmente sceglie una strada del tutto personale, si può dire anche sperimentale; sposta la storia da San Francisco ad una Napoli generica del Novecento ( Tra gli Anni Quaranta, fino agli Anni Settanta ) rompendo – anche con effluvi narrativi ed estetici – la temporalità e inserendo in modo un po’ confuso a volte dei fatti che sono avvenuti nel secolo scorso con materiale di repertorio anche non strettamente italiano ( il falo’ del libri da parte dei nazisti e subito dopo un falò con una prostituta; ma soprattutto troviamo abbozzata la guerra che incombe e così il personaggio che compare e scompare subito di Giordano Bruno Guerri che inneggia alla guerra ).  In alcuni passaggi il film risulta molto bello, in altri invece è un po’ ridondante se non eccessivo nella narrazione cosa che lo porta ad essere a volte un po’ lento e in alcune descrizioni prolisso.  Ma a venire in aiuto alla narrazione c’è il suo protagonista, un sempre più convincente Luca Marinelli che è tra i migliori attori dell’ultima generazione.

Il film inizia con un’immagine di repertorio del leader anarchico Errico Malatesta che partecipa ad una manifestazione del 1° maggio del 1920 e in cui bacia una bimbetta con affetto.  Subito dopo si torna al colore e in poco tempo si possono ascoltare tre canzoni, una popolare napoletana, poi una francese e quindi Voglia ‘e turnà di Teresa De Sio, dovrebbe essere l’indicazione del magma atemporale del film.

La storia è di un giovane proletario poco istruito ma con un’intelligenza viva che sin dalla prima adolescenza ha dovuto lavorare, ad undici anni ha fatto il pescatore, poi il marinaio su delle navi.  Mentre dorme su una nave semiabbandonata salva da un pestaggio il rampollo di una ricca famiglia, il giovane grato si fa accompagnare nella villa e Martin Eden subito si innamora della sorella del giovane che ha soccorso.  Ma la distanza sociale tra i due è evidente e forse inconciliabile per la famiglia, ma l’amore trattenuto permette a Martin di scoprire la grande fame di cultura e anche di istruzione e poi che vuole diventare uno scrittore.  Riprova con la scuola che lo allontana subito, ma lui inizia a leggere molto e in modo onnivoro formandosi sui testi di Spencer e pur non convinto si avvicina a quel mondo socialista che sta cercando di imporsi nella società.  Inizia a scrivere racconti che invia a riviste che li respingono e sopravvive tra piccoli lavori infami, appoggiandosi sulla famiglia della sorella e poi di una vedova generosa e bonaria che gli permette di vivere in una stanza attigua alla casa, ma soprattutto trova la forza nell’amore della ragazza che pur restando in famiglia e rispettando le regole frequenta il giovane proletario che ama ma che vorrebbe educare neanche fosse un cagnolino.

Da fare da spartiacque nella vita, anche amorosa di Martin Eden, è l’incontro che ha il giovane con il socialista Russ Brissenden ( un Carlo Cecchi troppo stentoreo ), Martin è influenzato dal vecchio intellettuale e su suo consiglio si avvicina ai circoli socialisti  anche se non condivide le istanze politiche; ma l’abbandonare l’isolamento lo aiuta a comprendere la questione politico-sociale e forse favorisce in lui quel cambiamento che lo porta a scrivere e ad avere successo ma anche ad entrare in conflitto con Elena e il suo mondo borghese.  Con la morte di Russ inizia quasi un secondo film che perde il tocco sperimentale della prima parte per ricadere nella descrizione dello scrittore sofferente e maledetto nonostante il successo e forse ha perso inesorabilmente il senso che lo ha portato a diventare con tutte le forze uno scrittore.

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