L’attrice è scomparsa all’età di 79 anni a causa di un tumore. Negli anni Sessanta recitò nei film del regista. Fu anche cantante, in particolare con Serge Gainsbourg

All’età di 79 anni se n’è andata Anna Karina, attrice danese e musa della celebre Nouvelle Vague del cinema francese. La notizia della morte, a causa di un tumore, è stata data dal suo agente. Anna Karina è conosciuta soprattutto per i ruoli interpretati negli anni Sessanta nei film del regista Jean-Luc Godard, di cui fu compagna: Le petit soldat (1960), La donna è donna (1961), Questa è la mia vita (1962), Band à part (1964), Agente Lemmy Caution, Missione Alphaville (1965), Il bandito delle undici (1965), Una storia americana (1966). Alla carriera di attrice, Karina affiancò anche un percorso come cantante, in particolare al fianco di Serge Gainsbourg.

Nata a Copenaghen il 22 settembre 1940 come Hanne Karin Blarke Bayer, ultimata la scuola secondaria, studiò danza e in seguito, dopo aver interpretato un cortometraggio e alcuni film pubblicitari, si trasferì a Parigi diventando un’apprezzata modella (fu Coco Chanel a trovarle il nuovo nome) anche per popolari campagne pubblicitarie. Venne subito notata dal giovane Godard che la volle come protagonista del suo secondo film Le petit soldat (girato nel 1960 ma uscito solo nel 1963), dando al suo personaggio il nome-omaggio di Veronica Dreyer e scrivendo dialoghi e scene su misura per lei.

Godard fu conquistato definitivamente dalla giovane attrice offrendole la parte di una ragazza disinvoltamente sentimentale in La donna è donna, definito poi ‘un documentario su Anna Karina’ – e sposandola subito dopo la fine delle riprese del film. Karina, col suo volto armonioso incorniciato da capelli scurissimi, divenne uno dei simboli della Nouvelle Vague proprio per l’intensa interpretazione di La donna è donna, Orso d’argento al Festival di Berlino nel 1961.

Con Godard, Karina mostrò massima disponibilità ad assecondare le inconsuete tecniche del regista nella direzione degli attori. Questo importante sodalizio non le impedì però di lavorare in film di altri registi: tra questi spiccano Susanna Simonin, la religiosa (1966) di Jacques Rivette, Cleo dalle 5 alle 7 (1962) di Agnès Varda, Il piacere e l’amore (1964) di Roger Vadim e La schiava di Bagdad (1963) di Pierre Gaspard-Huit.

Fu però Godard a disegnare per Karina i personaggi più originali, drammatici e astratti come in Questa è la mia vita (1962) o Agente Lemmy Caution: missione Alphaville (1965), o spensierati e romantici come in Bande à part (1964) e Il bandito delle 11 (1965), culmine della sua collaborazione con il regista, che si sarebbe conclusa con Una storia americana (1967) nel singolare ruolo di un Humphrey Bogart al femminile.

Dopo il divorzio da Godard nel 1967, Karina allargò i suoi orizzonti lavorando anche all’estero. Già nel 1965 aveva impersonato una delle prostitute greche in Le soldatesse di Valerio Zurlini; nel 1967 fu la collega-amante di Mersault (Marcello Mastroianni) in Lo straniero di Luchino Visconti, mentre per il francese Jean Aurel, che già l’aveva diretta nell’originale La calda pelle (1965), interpretò Lamiel (1967), la ragazza di provincia del romanzo incompiuto di Stendhal.

Quasi tutti i film cui partecipò in quel periodo erano di origine letteraria: La spietata legge del ribelle (1969) di Volker Schlondorff da Heinrich von Kleist; In fondo al buio (1969) di Tony Richardson dal romanzo di Vladimir Nabokov, in un’inconsueta parte di donna cinica e spietata; Rapporto a quattro (1969) diretto da George Cukor, ispirato da Lawrence Durrell. È poi apparsa in Pane e cioccolata (1974) di Franco Brusati e L’invenzione di Morel 1974) di Emidio Greco.

Nella seconda metà degli anni Settanta recitò per giovani registi che si richiamavano alla Nouvelle Vague, come Benoit Jacquot per il suo primo film L’assassin musicien (1976) e Rainer W. Fassbinder per Roulette cinese (1976).

Nel frattempo Karina si cimentò nella regia scrivendo, dirigendo e interpretando Vivre ensemble (1973), versione femminista di un fatto di cronaca parigino; nella canzone, già praticata in vari film, incidendo alcuni dischi; e anche nella scrittura pubblicando tre romanzi. Nel frattempo ha continuato a recitare saltuariamente in film, tra i quali L’opera al nero (1988) di André Delvaux, Alto, basso, fragile (1995) dell’amico Jacques Rivette. L’ultima apparizione è stata nel thriller The truth about Charlie (2002) di Jonathan Demme, non a caso ricco di riferimenti alla Nouvelle Vague.

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