Felisberto Hernández, Nessuno accendeva le lampade
Dieci racconti, un gioiello della letteratura fantastica che non somiglia a nessun altro anche se non sarebbe esistito senza i racconti di Edgar Allan Poe e il surrealismo di André Breton. Lo amò Borges e Cortàzar, lo amò Calvino, che lo fece tradurre tanti anni fa per Einaudi. Scarti dalla realtà, incursioni di un narratore che sa di musica in situazioni insolite dove tutto è imprevisto ma viene accolto come normale, tra ambienti, persone, cose che appena lo sorprendono, in ville periferiche dove giovani zitelle s’innamorano di balconi capaci a loro volta di innamorarsi o di mutarsi in ragni, dove tunnel costruiti ad arte ospitano i ciechi incontri con fanciulle inquietanti, dove i sentimenti si staccano dagli uomini e vivono di vita propria – ed è questo a colpire di più, l’aspetto più insolito: la vita propria assunta non solo dalle cose ma dai sentimenti – dove l’ordine naturale si rovescia in tutta naturalezza.
A fianco del narratore c’è quasi sempre un doppio, un altro che lo invita e introduce senza sforzo in questa dimensione distorta, frutto certamente della morbosa sensibilità del narratore ma anche gioco letterario di alta maestria: la scrittura, fredda ed essenziale, deve spiazzare il lettore e far perdere anche lui in una stranezza che sembra normale, l’altra faccia della realtà. Adnan -patriota palestinese

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