Una serie dedicata al mondo adolescenziale: una rappresentazione dall’interno del mondo nativo americano. La serie ha ottenuto 1 candidatura a Golden Globes, 5 candidature a Critics Choice Award, ha vinto un premio ai Spirit Awards, 2 candidature a Writers Guild Awards, La serie è stato premiato a AFI Awards,

Reservation Dogs colpisce per l’originalità con cui mescola efficacemente toni da commedia surreale con momenti drammatici, per raccontare una parte di America molto poco vista, quella delle riserve abitate dai nativi americani: luoghi spesso abbandonati dal welfare dove la colonizzazione e i suoi effetti più deleteri convivono con il mantenimento delle tradizioni e dei retaggi culturali indiani. Protagonisti quattro teenager che si atteggiano a fuorilegge ma sono in realtà solo alla ricerca del proprio posto nel mondo, dalla difficile posizione di un’area marginalizzata dove sono costretti a negoziare i forti legami di amicizia e le altrettanto forti rivalità tra gang con l’orgoglio per le proprie origini e quello che sembra un futuro già segnato dai fallimenti generazionali di chi li ha preceduti.

Regia di Sterlin Harjo, Blackhorse Lowe, Tazbah Chavez, Sydney Freeland, Danis Goulet, Erica Tremblay (II).

Venata da realismo magico e segnata da momenti profondamente toccanti, la seconda stagione riconferma una messa in scena unica

Elora è partita con Jackie, abbandonando i suoi amici della riserva indiana: Willie Jack, Bear e Cheese. Bear trova lavoro in un cantiere edile, dove si confronta con il padre di Daniel, il loro comune amico suicida, il cui lutto continua a influenzare le vite dei quattro ragazzi. Cheese ha problemi con la legge e finisce temporaneamente in una casa famiglia per ragazzi in difficoltà. Willie Jack è convinta di doversi liberare di una maledizione e per questo ricorre all’esperienza dello zio di Elora, che però è come al solito preso dalle proprie ossessioni. Elora torna a casa dopo il fallimento del suo viaggio e affronta le cerimonia per la imminente morte della nonna.

Torna in una chiave quasi pienamente drammatica la serie “comedy” prodotta da Taika Waititi sui ragazzi di una riserva indiana, venata da realismo magico e segnata da momenti profondamente toccanti.

Del resto già nella prima stagione Reservation Dogs ruotava intorno al malessere successivo al lutto per Daniel, che veniva rivelato a sorpresa ma finiva per condurre Elora alla fuga. La nuova stagione, che pure inizia con toni sopra le righe, assai velocemente ritorna all’angoscia esistenziale dei suoi protagonisti, in una serie di studi di carattere su come la morte del loro amico li stia ancora cambiando. Il tema domina infatti totalmente le ultime due puntate e la chiusura avrebbe anche potuto essere un finale di serie, tanto è compiuta, ma per fortuna Reservation Dogs già a settembre è stata rinnovata per una terza stagione.

Il cambiamento di tono non significa che manchino situazioni rocambolesche o a loro modo avventurose, ma sono spesso affiancate da momenti più riflessivi e persino commoventi. La serie, per mantenere varietà e staccare dal disagio dei protagonisti, concede interi episodi a personaggi comprimari oppure si concentra su situazioni particolari, che creano un contesto diverso.

In particolare la puntata Decolonativization, brillante crasi tra il rifiuto del colonialismo e l’identità nativa americana, racconta una giornata di attività per riscoprire le proprie radici, dove le star sono però due celebrità dei social. Ai protagonisti le loro pratiche sembrano del tutto inefficaci, ma allo stesso tempo funzionano come grimaldello dei loro rapporti interpersonali, obbligandoli a confronti che finiranno per portare al superamento di alcune impasse tra loro. I due social guru (una dei quali è interpretata da Amber Midthunder di Prey) sono figure quasi grottesche, che fanno marketing della propria presunta saggezza e non sembrano credere davvero alla propria attività – del resto lo spiritualismo al tempo stesso profondo e ridicolo è uno dei punti ricorrenti della serie.

Ci sono poi la puntata incentrata sulle “zie” a un convegno dell’Indian Health Service, vissuto come unico momento di svago dai doveri della vita – oltre che come occasione di promiscuità senza sensi di colpa – e l’episodio dedicato invece al poliziotto complottista interpretato dal sempre ottimo Zahn McClarnon, che strafatto di acido si imbatte in una assurda setta di uomini bianchi. Si tratta della parentesi più puramente comica, in zona “stoner comedy”, che non a caso viene piazzata tra i momenti invece più drammaticamente intensi.

Il primo è la puntata con Cheese in una casa famiglia, che oltre ad approfondire il suo personaggio, il suo attentissimo modo di parlare e le dolorose radici della sua sensibilità, è anche occasione per ritrarre la gioventù dimenticata del sottopancia povero dell’America. In particolare è davvero toccante la telefonata notturna alla “nonna”, ripresa in primo piano senza stacchi, dove Cheese si preoccupa solo di rassicurare la donna al posto di chiedere l’aiuto di cui ha disperatamente bisogno. L’altra puntata che dicevamo è invece dedicata alla visita in carcere alla madre di Daniel, alla quale Willie Jack si offre di leggere la lettera che il figlio aveva scritto al futuro se stesso per un compito scolastico.

Non manca poi la rappresentazione della realtà del lavoro proletario, con Bear al cantiere, descritto in modo forse troppo rilassato, ma in linea con il clima sospeso della vita nella riserva e soprattutto con il tono della stagione. In tutto questo c’è comunque spazio anche per incontri surreali, situazioni on the road, e flashback con Wes Studi e Gary Farmer, omaggio a due tra i più celebri attori nativi americani. La loro presenza, come quella dei già citati McClarnon e Midthunder, dà la sensazione di una comunità di star che si stringe ad abbracciare a proteggere la propria serie. Reservation Dogs è del resto unica, nella sua messa in scena all’insegna dell’autenticità del più grande rimosso della cultura Americana.

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