Richard Matheson era leggenda. Proprio in questi anni dominati da tanti inutili remake, reboot, sequel di ogni tipo che dimostrano una totale mancanza di idee, una figura di scrittore e sceneggiatore geniale e prolifica, sempre pronto a trovate originali e innovative come quella di Richard Matheson, scomparso a 87 anni dopo piena e ben vissuta, sembra totalmente anacronistica ma acquista una sapore di leggenda. Ognuno dei suoi racconti più noti non è solo diventato un film, ma spesso un filone, un genere.

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Dal suo fondamentale “I Am Legend”, ad esempio, non nacque solo un grande film di fantascienza con Vincent Price, “L’ultimo uomo sulla terra” diretto da Ubaldo Ragona, e una serie interminabili di sequel, ma proprio il filone del fantascientico con gli zombi. Dalla sua novella “The Shrinking Man” (1956) la Universal fece subito un piccolo capolavoro, “The Incredible Shrinking Man”, diretto da Jack Arnold, ma anche una serie di remake tutti meno riusciti.

Per non pensare a “Duel” di Steven Spielberg, al bellissimo “Nightmare at 20,000 Feet” che dette vita a un episodio celebre della serie televisiva “Ai confini della realtà” e a un episodio altrettanto celebre diretto da George Miller del film tratto da “Ai confini della realtà”. Matheson, nato nel New Jersey, figlio di immigrati norvegesi, non ha solo dato vita a centinaia di racconti più o meno riusciti, che hanno dominato l’immaginario fantastico della tv e del cinema degli anni ’50 e ’60, ma ha sempre pensato per grandi idee. Immediate. Fortissime.

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Come farà dopo il suo pupillo Stephen King. O come faceva un altro nordico trapiantato a Hollywood, Roald Dahl. Sono decine e decine i racconti di Matheson che divennero fiction in serie celebri come “Ai confini della realtà” (“Twilight Zone”), “Amazing Stories” e “The Alfred Hitchock Hour”. Un uomo scopre di scendere di statura di sei centimetri al giorno. Un altro che un camion gli stia dietro e lo insegua per ucciderlo. Un altro ancora scopre che solo lui può vedere un gremlin sulle ali di un aeroplano in volo a 20.000 piedi dal suolo. Basta una riga, una riga e mezzo per raccontare una storia di Matheson.

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Da ragazzini ne eravamo assolutamente rapiti. Per non pensare alla sua grande collaborazione con Roger Corman per la serie dei film ispirati e tratti dai racconti di Edgar Allan Poe e interpretati da Vincent Price. “La caduta della casa degli usher”, “Il pozzo e il pendolo”, “I racconti del terrore”, “I maghi del terrore”, tutti meravigliosi, avvolti dai colori della fotografia di Floy Crosby e dall’intelligenza di Matheson e Corman. Sempre con Corman, Matheson darà vita anche a un “De Sade” con Keir Dullea e John Huston un po’ tormentato che verrà iniziato da Cy Endfield.

real steelreal steel william shatner in nightmare at twenty thousand feet dal racconto di richard matheson

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Notevole invece “Somewhere in Time”, un fantastico romantico con Christopher Reeve diretto da Jeannot Szwark che Matheson sceneggiò da un suo romanzo. Collaborò molto anche con Dan Curtis, il regista e produttore di “Dark Shadows”, per una serie di film televisivi che riportano l’horror e il fantastico in tv in un modo del tutto nuovo, a cominciare da “Trilogia del terrore”, “Dead of Night” e un bel “Dracula” con Jack Palance.

Dopo aver dominato il mondo della fantascienza per oltre vent’anni, Matheson ebbe in questi ultimi tempi poche e non sempre riuscite rivisitazioni. Ricordiamo solo l’ennesima versione di “I Am Legend” con Will Smith, il non fortunato “The Box” diretto da Richard Kelly nel 2009, “Real Steel” (2011) di Shawn Levy con Hugh Jackman. Ma il cuore del suo genio sono quei racconti che scrisse tra gli anni ’50 e ’60.

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