Abbiamo visto Tamara Drewe diretto da Stephen Frears.
Ci sono dei grandi registi che realizzano dei film riuscitissimi, che hanno cervello e cuore, tecnica e creatività, che non ne sbagliano uno, eppure non vengono ritenuti da critica e pubblico dei maestri del cinema a tutto tondo.
Forse il motivo più evidente è che non hanno realizzato almeno un capolavoro.
Uno di questi autori è l’inglese, quasi settantenne, Stephen Frears che ha realizzato più di venti film senza contare i suoi lavori televisivi. Il suo primo film è stato Sequestro pericoloso del 1972, un ottimo debutto noir con molte citazioni del genere e con un grande Albert Finney (Eddie è un modesto animatore di un night di Liverpool, decide di arrotondare facendo l’investigatore privato. Dovrà indagare su uno morto in circostanze misteriose – Potete vederlo in Dvd); ma né il pubblico né la critica si accorgono di questo film. Ci vorranno ben sette anni per realizzare Bloody Kids (due piccoli adolescenti proletari passano una notte a combinare guai e si conclude in una sanguinosa rissa, uno finirà in ospedale, l’altro in fuga) ma anche questo film non verrà notato o segnalato; qualche riscontro lo avrà con il bel film successivo Vendetta del 1984, (due killer ritrovano un loro complice che li ha traditi, in Spagna. Lo prendono e con lui attraversano in auto la Spagna e la Francia per portarlo a Parigi, ma sono braccati dalla polizia). Nel 1985 giunge al fine il successo sia di critica che di pubblico con il film My Beautiful Laundrette (una relazione omosessuale e interrazziale sullo sfondo di una lavanderia a gettone della periferia londinese) con Daniel Day-Lewis e Gordon Warnecke. Del 1988 è Le relazioni pericolose con un cast importante e perfetto composto da John Malkovich, Glenn Close, Michelle Pfeiffer e una giovanissima Uma Thurman (nella Francia di fine ‘700, un po’ per gioco un po’ per vendetta, la marchesa di Merteuil macchina col visconte di Valmont un complicato intrigo di seduzione). Ottenuto il successo internazionale gira successivamente Rischiose abitudini, nomination all’Oscar come migliore regista nel 1991, Eroe per caso, Due sulla strada, il poco visto e compreso western Hi-Lo Country, Alta fedeltà, Piccoli affari sporchi, Lady Henderson presenta, del 2006 è The Queen con Helen Mirren, e dopo Cheri del 2009 dal romanzo di Colette, ecco Tamara Drewe.

In un paesino del Dorset c’è una specie di agriturismo (dal nome originale Via dalla pazza folla – titolo di un romanzo del grande scrittore inglese Thomas Hardy, ma anche un film del compianto John Schlesinger) per aspiranti scrittori o per scrittori di tanta cultura ma poco successo; all’inizio ce ne sono quattro, due uomini e due donne, che osservando il sereno paesaggio, scrivono saggi o romanzi, poi cenano assieme e discutono di letteratura. La casa è gestita dalla signora Beth che oltre a pensare a tutto fa da assistente e segretaria al marito il famoso romanziere Nicholas Hardiment, un uomo metodico, saccente, forse noioso e pronto a tradire la moglie appena possibile. La vita del paesino di campagna è noiosa un po’ per tutti ma soprattutto per due insignificanti ma simpatiche ragazzine, Casey e Jody, rese insofferenti dal tran tran e dall’interesse per i musicisti rock. In questo paesino così tranquillo torna dopo parecchi anni Tamara Drewe, una splendida ragazza poco convenzionale e molto sola che vuole vendere la casa di famiglia dopo la morte della madre: scrive una rubrica per un quotidiano, ha un nuovo naso e un paio di gambe che risveglierebbero un defunto. Ben presto parecchi uomini si danno da fare con lei, l’ex fidanzatino Andy, ora tuttofare presso l’agriturismo, lo scrittore di noir Hardiment e anche la rockstar Ben Sergeant, che è venuto a fare un concerto da quelle parti e si intrattiene un po’ di giorni per stare con Tam. Ma la relazione tra Ben e Tam provoca un’invidia estrema nell’adolescente Casey che con l’amica inizia a muovere le fila a volte comiche e a volte drammatiche delle vite dei protagonisti anche grazie al fatto che riesce a entrare nella mail di Tam. Le vite dei protagonisti si intrecciano, si confondono, si complicano per poi concludersi nel migliore dei modi possibili, quasi per tutti.

Un film brillante, ironico, molto british, che ci ricorda nello stile e nel ritmo il Woody Allen della maturità e anche il Robert Altman di La fortuna di Cookie e de Il dottor T. e le donne. Una commedia intelligente, che ironizza con tipico umorismo inglese sulle piccolezze umane di un certo tipo di scrittori e della media borghesia e sulle debolezze degli esseri umani più in generale. Una sceneggiatura (basata sull’omonima striscia a fumetti di Posy Simmonds, pubblicata nel 2005 sul quotidiano The Guardian, tratta a sua volta dal romanzo Via dalla pazza folla) scritta dalla brava Moira Buffini (dal nome italiano ma dai genitori irlandesi) senza smagliature e con dialoghi brevi e perfetti, un montaggio ottimo e essenziale, una regia perfetta al servizio della storia che ci conferma la grandezza di questo maestro inglese che anche in questo caso però non sfiora il capolavoro. Un cast di attori poco glamour ma perfetto e in sintonia con la storia.

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