Abbiamo visto Tournèe diretto da Mathieu Amalric.
Il Burlesque è una forma di spettacolo che in Italia non ha né tradizione né tantomeno un suo pubblico. Se n’è sentito parlare poco e soprattutto per l’incantevole Dita Von Teese (che dovrebbe aver stilizzato e un po’ tradito l’essenza del genere), ma molti italiani l’hanno traslato dal suo matrimonio buffo con il divertente satanista Marilyn Manson. Negli ultimi anni in Italia il Burlesque si è frammisto popolarmente alla tradizione del Carnevale e qualcuno ha coniugato l’eccesso con il travestitismo con l’ironia sul corpo. Poi ci sembra che all’ultimo Festival di Sanremo ci sia stata una performance di Dita. Ma cosa è tradizionalmente il Burlesque? E’ una forma di spettacolo parodistico nato in Inghilterra ai tempi bui della Regina Vittoria (qualcuno invece lo data al Seicento) e poi emigrato in Francia e negli Stati Uniti e che ha riscosso un gran successo nelle classi sociali subalterne (proprio per questo era definito ‘The poor man’s follies’). In Italia ci sono storicamente dei modelli “simili” e paralleli, ma distinti, un certo tipo di Avanspettacolo, ma anche il trasformismo di Leopoldo Fregoli e, negli ultimi decenni, quello di Leopoldo Mastelloni, e nel teatro di Ettore Petrolini e del suo epigono Gigi Proietti. Negli Anni Novanta – grazie alla moda legata alla cultura vintage – è nato il New-Burlesque, ed è ritornato di moda. Insomma il Burlesque è uno spettacolo di spogliarello in cui si mischiano sapientemente erotismo, ironia, comicità, satira.

Joachim (un bravo e dolente Mathieu Amalric) è un ex produttore televisivo di successo che a un certo punto della vita ha piantato tutto, ex mogli, figli, colleghi, i pochi amici, i molti nemici e se n’è andato negli Stati Uniti a nascondersi e a dimenticare. Il film inizia col suo ritorno in Francia con una compagnia di spogliarelliste americane che fanno il Burlesque e a cui ha promesso la ribalta parigina. E invece la tournèe si sposta subito in provincia (da Le Havre a Nantes a Rochefort), di albergo in albergo, di teatro in teatro. E le formose performers, buone d’animo e pazienti, non si lamentano e continuano a trascinarsi per la provincia francese di treno in treno, di ristorante in ristorante, in allegria e col sorriso sul viso, nonostante la tristezza di certi alberghi e la mancanza d’amore. Tuttavia ovunque vada, lo spettacolo ottiene grande successo, ma il sogno di raggiungere Parigi non si realizza. Il film procede tra numeri di Burlesque (alcuni veramente belli e girati in veri teatri con il pubblico pagante), spostamenti della compagnia e la fatica di vivere di Joachim che pensava di poter tornare alla grande in Francia e invece ritrova una ex moglie malata in ospedale, due figli affettuosi ma che sono arrabbiati con lui per l’assenza e vari ‘nemici’ che non vogliono aiutarlo. Tuttavia, deluso e con pochi soldi, trova forse l’amore e una famiglia nel gruppo di artisti che produce. Un finale semplice e tenero, in un luogo suggestivo nella sua assenza chiudono il film. Coraggioso, piacevole, autorale. Ci ricorda per dolenza, marginalità e nobiltà della ‘sconfitta’ un certo cinema di Huston e anche un certo cinema tedesco Anni Settanta. Ottima la sceneggiatura, ottimo il tono visivo di regia (che ha ottenuto il Premio al Festival di Cannes nel 2010), bravo tutto il cast del film, anche se non sono attrici ma vere performers di Burlesque, ognuna delle quali (come abbiamo letto) ha messo su il proprio numero, occupandosi da sé dei costumi, del trucco e delle musiche.

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