Abbiamo visto “ Il Paradiso degli orchi “ regia di Nicolas Bary.

Se ne parlava da parecchi anni di trarre un film dal romanzo di Pennac, autore di culto in Francia e non solo.   Ci sono voluti ben più di venti anni prima che l’autore della serie su Malaussène decidesse di dare l’assenso al progetto.  Ed ecco che dopo 28 anni esce “ Il Paradiso degli orchi “  – primo capitolo del ciclo dei Malausséne e probabilmente inizio della saga cinematografica – e il timore che il fascino dei romanzi fosse di difficile traduzione si rivela purtroppo veritiero.  Certo, per chi non ha letto i sei libri della serie non noterà la delusione della trasposizione, ma anche se girato bene, con attori bravi, il risultato è un’operina minore, un po’ anonima, in cui la folla dei personaggi è poco appariscente e in alcuni passaggi fin troppo banale e dal sapore del già visto ( come i due poliziotti o la comparsata sovraeccitata e inutile dell’editrice Isabelle Hupper ).  Anche la location principale, il Grande Magazzino, è così anonimo nella sua modernità che non riesce a nascondere segreti inconfessabili e luoghi d’ombra dell’esistenza, non riesce a conservare nemmeno lontanamente l’atmosfera fiabesca e quasi immaginifica del romanzo.  Probabilmente serviva un regista più creativo e visionario che doveva spingere l’accelleratore della fantasia e non cercare di fare un film ‘ carino ‘ sorridente e delicato.

Benjamin Malausséne ( un simpatico Raphael Personnaz )  è un giovane di nessun valore, timido, riservato e con la faccia da vittima.  La madre è sempre in giro per il mondo con l’ultimo amante del momento, di padri nemmeno a parlarne e il giovane deve fare da pater familias a tre sorelle e a un fratellino.  Ha accettato un lavoro in una specie di grande magazzino sul genere Samaritain al Pont Neuf; ha l’incarico di” capro espiatorio “:   cioè viene convocato nell’ufficio della direzione del personale per sorbirsi durissime reprimende in occasione delle lamentele da parte della clientela.  Benjamin deve subire   umilianti rimproveri, fino alla minaccia di licenziamento, tutto per ammorbidire  i clienti che protestano per oggetti appena comprati e malfunzionanti e con questo trucchetto spingono la clientela a difendere il povero impiegato maltrattato e a non richiedere il completo rimborso dell’acquisto. Benjamin Malausséne ha la faccia del povero cristo, buono e privo di reazione, è affettuoso con i fratellastri,  gentile con la clientela e i colleghi e la sua vita prosegue sottotraccia e senza alcuna ambizione.  Ma quasi subito iniziano ad accadere degli eventi criminali nel Grande Magazzino che vedono il giovane coinvolto e sospettato dalla polizia: in giro c’è un pazzo criminale che compie attentati provocando ogni volta la morte di un impiegato.   Il primo è un attentato fatto all’impianto elettrico e la polizia inizia le indagini e quando Benjamin si trova nei pressi del secondo omicidio viene sospettato e indagato e lui non sa cosa dire o come discolparsi.  Per sua fortuna conosce una determinata e carina giornalista  ( Berenice Bejo – in questi giorni nelle sale italiane con il bel film “ Il Passato “ )  che sta preparando un articolo sui discutibili sistemi di controllo anti-furto del magazzino.  La storia naturalmente con ritmo compassato volge a buon fine e tra i due giovani nasce l’amore e si immagina che vivranno felici e contenti. 

Se cercate un film romantico, con alcune trovate surreali e con un pizzico di giallo non ben raccontato, forse fa apposta per voi perché in fondo è una storia con un buon ritmo, lineare, in alcuno passaggi divertente e certo non mette in moto la testa e i pensieri che ci possono passare.   Il regista ha preferito, come chiave di lettura, l’umorismo e la vena fumettistica rinunciando in parte alla componente poliziesca e fiabesca di Pennac.

Nota a merito l’attrice Bejo, bella e normale, nota invece un po’ a demerito il ruolo di Stojil ( Emir Kusturica ) che più che divertente sembra crogiolarsi nella parte.

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