“Tu non hai visto niente a Hiroshima”. Alla faccia della Grande Bellezza e della notte degli Oscar, se ne va a 91 anni uno dei più grandi e più influenti registi del cinema internazionale, Alain Resnais, che ci lascia perfino un ultimo film da vedere premiato a Berlino, “Aimer, boire et chanter”.

ALAIN RESNAIS A CANNES FOTO GILLES JACOBALAIN RESNAIS A CANNES FOTO GILLES JACOB

Da quando arrivarono tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60 i suoi primissimi capolavori, “Hiroshima mon amour” con Emmanuelle Riva e Eji Okada con la sceneggiatura di Marguerite Duras e “L’anno scorso a Marienbad” con Delphine Seyrig e Giorgio Albertazzi con la sceneggiatura di Alain-Robbe Grillet, il cinema non fu più lo stesso, come notò da subito Eric Rohmer definendo “Hiroshima” il “primo film moderno del cinema sonoro”.

DEPARDIEUDEPARDIEU

Resnais tradusse sullo schermo lo spirito del Nouveau Roman, costruendo le sue storie sulla rilettura dei disastri della Seconda Guerra Mondiale e sul valore della cultura e del ricordo, anticipando o, in qualche mondo spalleggiando, con Agnès Varda, Chris Marker, Georges Franju, Pierre Kast, l’entrata massiccia e innovativa della Nouvelle Vague.

RESNAISRESNAIS

Lo stesso Jean-Luc Godard, a proposito di “Hiroshima mon amour”, scrisse anni dopo la sua uscita: “Ricordo di essere stato molto geloso di questo film. Mi dicevo: questo è buono e ci è sfuggito, non abbiamo controllo su queste cose”. Certo, c’è anche chi, come il grande critico francese Jacques Lourcelles, trovava Resnais “uno dei intellettuali più noioso del secolo, secondo solo a Pasolini”.

Nato a Vannes nel 1922, Resnais riceve dai genitori, a dodici anni, la sua prima cinepresa. Studia all’Idhec montaggio e debutta come regista di documentari legati soprattutto all’arte a metà degli anni ’40. Ma è negli anni ’50 con gli incredibili cortometraggi “Notte e nebbia”, su testo di Jean Cayrol e musica di Hanns Eisler, il primo grande film dedicato all’Olocausto, con “Tout la memoire du monde”, dedicato invece alla Bibliothéque National de Paris e con “Chant du styrène”, segnalato anche da Godard sulle pagine dei Cahiers, che si rivela alla platea del cinema d’autore e ai giovani cinéphiles di tutto il mondo.

Alain ResnaisAlain Resnais

Anche “Hiroshima mon amour”, 1959, avrebbe dovuto essere un documentario, ma prende presto un’altra strada e il testo della Duras diventa un testo recitato da Emmanuelle Riva e Eiji Okada. Un cinema poetico costruito sul testo e sulle immagini. Lo preferisco a “L’anno scorso a Marienbad”, che vince il Leone d’Oro a Venezia nel 1961 con un bel po’ di scandalo e rilancia il cinema difficile.

In pochi anni Resnais è riuscito nell’impresa disperata di portare al cinema i testi degli autori del Nouveau Roman, di lanciare nuove star come Emmanuelle Riva e Delphine Seyrig, nuovi maestri della fotografia, come Sacha Vierny e Ghislain Cloquet, di poter essere sperimentale e di poter trattare con la sperimentazione linguistica e musicale la storia.

RESNAIS CON BELMONDORESNAIS CON BELMONDO

Ottiene meno successo, ma è bellissimo il suo “Muriel o Il tempo di un ritorno”, sempre con Delphine Seyrig e la sceneggiatura di Jean Cayrol sugli anni della guerra d’Algeria. Lo abbiamo visto in bianco e nero in Italia anche se era stato girato a colori. Le musiche sono di Hans Werner Henze, magistrali.

Ha più successo “La guerra è finita”, 1966, scritto da Jorge Semprun con un cast che va da Yves Montand a Ingrid Thulin con la giovane attrice canadese Genevieve Bujold. Il tema è la lotta a Franco vista dalla Francia. Nel ricordo di allora non era molto riuscito l’episodio di Resnais in “Lontano dal Vietnam”, film collettivo sul conflitto girato nel 1967. In pratica era un monologo di un intellettuale francese, Bernard Fresson, che prende posizione.

Ma è notevolissimo “Je t’aime, je t’aime”, 1968, il solo fantasy diretto da Resnais su sceneggiatura di Jacques Steinberg e musiche di Krzysztof Penderecki. Una specie di viaggio nel tempo alla ricerca di un amore perduto. Molto bizzarro e visionario, andò malissimo. Al punto che Resnais ci mise ben sei anni prima che apparisse il suo film successivo, “Stavisky”, scritto da Jorge Semprun con un Jean-Paul Belmondo in gran forma. Forse il suo film più popolare e accessibile, legato a un celebre storico caso di truffa negli anni ’30.

“Hiroshima mon amour”“Hiroshima mon amour”

“Providence”, il suo primo film girato in inglese, con un cast spettacolare che va da John Gielgud a Dirk Bogarde, da David Werner a Ellen Burstyn, omaggio allo scrittore H.P. Lovecraft sceneggiato da David Mercer con grandi musiche di Miklos Rozsa, fa da spartiacque nella carriera di Resnais. Apre come un nuovo mondo. Gli anni ’80 lo vedranno infatti forse meno sperimentatore, e più attento a alla costruzione di grandi commedie con gruppi di attori amici e a lui molto legati.

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Con “Mon oncle d’Amerique”, 1980, con Gérard Depardieu, Nicole Garcia e Pierre Arditi, scritto da Jean Gruault, vince il Festival di Cannes. Grualt scrive per Resnais anche i successivi “La vita è un romanzo”, con il nostro Vittorio Gassman, Ruggero Raimondi, Fanny Ardant e Sabine Azéma, che sarà la sua attrice preferita assieme a Pierre Arditi e André Dussolier fino agli ultimi anni, e “L’amour à mort” con Pierre Arditi e ancora Fanny Ardant e l’Azéma.

Lo stesso cast ritroviamo in “Mélo” del 1986. E’ un film diverso, e un omaggio al mondo dei comics americano che Resnais ha sempre adorato, “I Want To Go Home”, scritto addirittura da Jules Feiffer dove Adolph Green interpreta il ruolo di un vecchio maestro del fumetto. Costruisce il suo film successivo, “Smoking/No Smoking”, 1993, sul testo di un commediografo inglese, Alan Ayckbourn, che amerà molto.

E infatti lo riprenderà perfino nel suo ultimissimo film, “Amer, boir et chanter. Protagonisti sono ancora Pierre Arditi e Sabine Azéma, che sposerà nel 1998, dopo aver divorziato dalla sua prima moglie, Florence Malraux, unica figlia di André Malroux. L’Azéma è protagonista anche dei successivi “Parole, parole”, 1997, tutto costruito sulle più celebri canzonette francesi e scritto e anche interpretato da Jean-Pierre Bacri e Agnes Jaoui, nonché di “Mai sulla bocca”.

FANNY ARDANTFANNY ARDANT

In “Cuori”, 2006, troviamo invece André Dussolier e la nostra Laura Morante. Tra i suoi ultimi film troviamo anche “Gli anni folli” e “Vous n’avez encor rien vu”. Tutte commedie divertenti e intelligenti, che dimostrano il gran gusto del regista, anche se gli anni delle sperimentazioni erano ormai lontanissimi. “Quando gli uomini muoiono entrano nella storia”, dice una frase di uno dei suoi celebri cortometraggi. “Quando le statue muoiono entrano nell’arte. Questo superamento del lutto è ciò che chiamiamo cultura”.

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