Nel suo primo libro la scrittrice messicana Valeria Luiselli raccoglie dieci testi che si richiamano alla tradizione di quei saggisti che sanno coniugare la narrazione di esperienze personali con la riflessione critica sulla nostra cultura. Dal primo saggio, in cui la narratrice visita la tomba di Iosif Brodskij a Venezia, fino all’ultimo, in cui riceve nuovi documenti d’identità nella stessa città, Luiselli indaga sui luoghi dell’essere e sull’essenza dei luoghi. Oltre a Venezia, sono protagonisti Città del Messico, Mérida (Yucatán) e New York. Mentre lo sguardo curioso dell’autrice percorre il tessuto urbano, possibilmente in bicicletta (lei si dichiara ciclista), la sua intuizione si ferma e getta luce sul paesaggio e sulla storia. Cerca analogie a partire da quel che osserva e noi la osserviamo nell’atto di trovarle. Così il pensiero fluisce e ci rivela che scrivere equivale a formare spazi inverosimili, come il grattacielo Flatiron a New York. Tuttavia, anche se si può sostenere che Carte false è soprattutto una ricerca sugli spazi, attraversa anche i tempi. Il saggio Due strade e un marciapiede, per esempio, è dedicato alla nostalgia e ci ricorda con semplice erudizione che c’è stato un tempo in cui le nostre malsane “patologie della psiche” avevano il bel nome di “afflizioni dell’anima”. Si citano varie autorità, da Rousseau a Sebald, da Baudelaire a Ortega o Bachelard, ma tra quelli non nominati si dovrebbe senz’altro aggiungere Walter Benjamin.
 Carte false

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