Al popolo del Messico,
ai popoli e governi del mondo,
fratelli e sorelle, compagni e compagne,
lo scorso 21 dicembre 2012, nelle prime ore del mattino, in decine di migliaia, noi indigeni zapatisti ci siamo mobilitati e abbiamo preso, pacíficamente e in silenzio, cinque città dello stato del Chiapas nel sudest del Messico. Nelle città di Palenque, Altamirano, Las Margaritas, Ocosingo e San Cristóbal de Las Casas, vi abbiamo guardato e ci siamo guardati in silenzio.
Il nostro non è un messaggio di rassegnazione.
E neanche di guerra, morte e distruzione.
Il nostro messaggio è di lotta e resistenza.
Dopo il colpo di stato mediatico che ha installato nel potere esecutivo federale l’ignoranza mal dissimulata e peggio truccata, ci siamo fatti presenti per far sapere loro che se non se ne sono mai andati, lo stesso vale per noi.
Sei anni fa, un segmento della classe política e intellettuale volle cercare un responsabile della sua sconfitta. A quel tempo noi, in città e comunità, stavamo reclamando giustizia per un Atenco che allora non era di moda.
Così, dapprima ci calunniarono e poi cercarono di zittirci.
Disonesti e incapaci di vedere che avevano e continuano ad avere in se stessi il lievito della loro rovina, pretesero di farci sparire con le menzogne e il silenzio complice.
Sei anni dopo, due cose sono chiare:
Loro non hanno bisogno di noi per fallire,
Noi non abbiamo bisogno di loro per sopravvivere.
Noi, che non ce ne siamo mai andati, anche se i media di tutto lo spettro si sono impegnati a farvelo credere, siamo risorti come gli indigeni zapatisti che siamo e saremo.
In questi anni ci siamo rafforzati e abbiamo migliorato significativamente le nostre condizioni di vita. Il nostro livello di vita è superiore a quello delle comunità indigene affini ai governi di turno, che ricevono le elemosine e le sprecano in alcol e in articoli inutili.
Abbiamo migliorato le nostre case senza fare scempio della natura imponendole percorsi che le sono alieni.
Nei nostri villaggi, la terra, che prima serviva ad ingrassare il bestiame di allevatori e latifondisti, ora è per il mais, i fagioli e le verdure che colorano le nostre tavole.
Il nostro lavoro riceve la doppia soddisfazione di fornirci il necessario per vivere onoratamente e di contribuire alla crescita collettiva delle nostre comunità.
I nostri bambini e bambine vanno a una scuola che gli insegna la loro storia, quella della loro patria e del mondo, insieme alle scienze e alle tecniche necessarie per crescere senza smettere di essere indigeni.
Le donne indigene zapatiste non sono vendute come mercanzie.
Gli indigeni del Pri vanno ai nostri ospedali, cliniche e laboratori perché in quelli del governo non ci sono medicine, né apparecchi, né dottori, né personale qualificato.
La nostra cultura fiorisce, non isolata ma arricchita dal contatto con le culture di altri popoli del Messico e del mondo.
Governiamo e ci governiamo, cercando sempre l’accordo piuttosto che il confronto.
Tutto questo è stato ottenuto non solo senza il governo, la classe política e i media che li accompagnano, ma anche resistendo ai loro attacchi di ogni tipo.
Abbiamo dimostrato, ancora una volta, che siamo quelli che siamo.
Con il nostro silenzio ci siamo fatti presenti.
Ora con la nostra parola annunciamo che:
1) Riaffermeremo e consolideremo la nostra appartenenza al Congreso Nacional Indígena, spazio di incontro con i popoli originari del nostro paese.
2) Riprenderemo contatto con i nostri compagni e compagne aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona in Messico e nel mondo.
3) Tenteremo di costruire i ponti necessari verso i movimenti sociali che sono sorti e sorgeranno, non per dirigere o soppiantare ma per apprendere da loro, dalla loro storia, dai loro percorsi e destini. Per questo contiamo sull’appoggio di individui e gruppi in diverse parti del Messico, formati come gruppi di appoggio delle commissioni Sesta e Internazionale del Ezln, in modo che si convertano in cinghie di trasmissione fra le basi d’appoggio zapatiste e gli individui, gruppi e collettivi aderenti alla Sesta Dichiarazione, in Messico e nel mondo, che mantengono ancora la convinzione e l’impegno per la costruzione di un’alternativa non istituzionale di sinistra.
4) Continueremo a tenere una distanza critica dalla clase política messicana che, nel suo insieme, non ha fatto altro che approfittarsi delle necessità e delle speranze della gente umile e semplice.
5) Rispetto ai cattivi governi federali, statali e municipali, esecutivi, legislativi e giudiziari e ai media che li accompagnano, diciamo quanto segue:
I cattivi governi di tutto lo spettro político, senza alcuna eccezione, hanno fatto tutto il possibile per distruggerci, per comprarci, per farci arrendere. Pri, Pan, Prd, Pvem, Pt, Cc e il futuro partito di RN (si riferisce al Movimiento de Regeneración Nacional, anche detto Morena, di López Obrador, che sta compiendo i passi per trasformarsi in partito, ndt), ci hanno attaccato sul fronte militare, politico, sociale e ideologico.
I grandi mezzi di comunicazione hanno tentato di farci sparire, prima con la calunnia servile e opportunista, poi con il silenzio complice e ingannevole. Quelli che hanno servito e a cui hanno succhiato denaro non ci sono più. E quelli che li hanno sostituiti non dureranno più dei loro predecessori.
Come è stato evidente il 21 dicembre 2012 (giorno delle cinque grandi marce silenziose degli zapatisti, ndt), tutti loro hanno fallito.
Tocca quindi al governo federale, esecutivo, legislativo e giudiziario, decidere se insiste con la politica controinsurrezionale che ha ottenuto successi solo nella maldestra finzione fabbricata dai media o invece riconosce e onora i suoi impegni elevando a rango costituzionale i diritti e la cultura indigeni, così come li consacrano i cosiddetti accordi di San Andrés, firmati nel 1996 dal governo federale, formato allora dallo stesso partito oggi al potere.
Tocca al governo statale decidere se continua la strategia disonesta e malvagia del suo predecessore (Juan Sabines, governatore del Chiapas fino al dicembre 2012, ndt), che oltre ad essere corrotto e bugiardo, ha utilizzato il denaro del popolo ciapaneco per l’arricchimento suo e dei suoi complici e si è dedicato a comprare sfacciatamente voci e penne nei media mentre sprofondava il popolo del Chiapas nella miseria e allo stesso tempo usava la polizia e i paramilitari per cercare di frenare l’organizzazione dei popoli zapatisti, o invece, con verità e giustizia, accetta e rispetta la nostra esistenza e accetta l’idea che fiorisce una nuova forma di vita sociale in territorio zapatista, Chiapas, Messico. Un processo che attira l’attenzione di persone oneste in tutto il mondo.
Tocca ai governi municipali decidere se continuano a bersi le storielle con cui le organizzazioni zapatiste o pseudozapatiste li estorsionano per aggredire le nostre comunità, o invece usano quei soldi per migliorare le condizioni di vita dei loro governati.
Tocca al popolo messicano, che si organizza in forme di lotta elettorale e resiste, decidere se continua a vederci come nemici o rivali su cui scaricare le proprie frustrazioni per le frodi e le aggressioni che finalmente tutti sopportiamo e se nella lotta per il potere continuano ad allearsi con i nostri persecutori, oppure riconoscono alla fine in noi un’altra forma di fare politica.
6) Nei prossimi giorni l’Ezln, attraverso le sue commissioni Sesta e Internazionale, renderà nota una serie di iniziative, di carattere civile e pacifico, per continuare a camminare insieme agli altri popoli originari del Messico e di tutto il continente e insieme a quanti, in Messico e nel mondo intero, resistono e lottano in basso e a sinistra.
Fratelli e sorelle, compagni e compagne,
in un primo momento abbiamo avuto la buona ventura di un’attenzione onesta e nobile di vari mezzi di comunicazione e a suo tempo li abbiamo ringraziati, ma questo è stato completamente cancellato dal loro comportamento posteriore.
Quelli che scommettevano che noi esistevamo solo mediaticamente e che con l’accerchiamento di menzogne e silenzio saremmo spariti, si sono sbagliati.
Quando non c’erano telecamere, microfoni, penne, occhi e orecchie, esistevamo.
Quando ci hanno calunniato, esistevamo.
Quando ci hanno zittiti, esistevamo.
Ed eccoci qui, esistendo.
Il nostro andare, come è stato dimostrato, non dipende dall’impatto mediatico, ma dalla comprensione del mondo e delle sue parti, dalla saggezza indigena che guida i nostri passi, dalla decisione ferrea che dà la dignità di chi sta in basso e a sinistra.
A partire da oggi, la nostra parola diventerà selettiva in quanto al destinatario e, con l’eccezione di alcune occasioni, potrà essere compresa solo da chi ha camminato e cammina con noi, senza arrendersi alle mode mediatiche e congiunturali.
Qui, con non pochi errori e molte difficoltà, un’altra forma di fare politica è già una realtà.
Pochi, pochissimi, avranno il privilegio di conoscerla e di apprenderne direttamente.
19 anni fa vi abbiamo sorpresi prendendo con fuoco e sangue le vostre città. Ora l’abbiamo fatto di nuovo, senza armi, senza morte, senza distruzione.
Ci differenziamo così da quelli che, durante i loro governi, hanno distribuito e distribuiscono la morte fra i loro governati.
Siamo gli stessi di 500 anni fa, di 44 anni fa, di 30 anni fa, di 20 anni fa, di pochi giorni fa.
Siamo gli zapatisti, i più piccoli, quelli che vivono, lottano e muoiono nell’ultimo angolo della patria, quelli che non claudicano, quelli che non si vendono, quelli che non si arrendono.
Fratelli e sorelle, compagne e compagni,
siamo gli zapatisti e le zapatiste,
ricevete il nostro abbraccio.
¡DEMOCRACIA! ¡LIBERTAD! ¡JUSTICIA!
Dalle montagne del Sudest Messicano.
Per il Comité Clandestino Revolucionario Indígena – Comandancia General del Ejército Zapatista de Liberación Nacional. Subcomandante Insurgente Marcos.

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