Abbiamo visto Cosa piove dal cielo? (Un cuento cino), regia di Sebastián Borensztein.
Arriva nelle sale un piccolo film minimalista argentino, scritto bene, con attori simpatici e bravi, con Ricardo Darin come protagonista (sul genere Fabrizio Bentivoglio e protagonista tra i molti film del Premio Oscar 2010 Il segreto dei suoi occhi). Giunge in Italia dopo essersi aggiudicato sia il premio della critica che

quello del pubblico nel 2011 al Festival di Roma. E’ una di quelle storie che vanno di moda in questi ultimi tempi (Quasi amici, Benvenuti al sud ma non la copia italiana, il film originale francese) e che a volte funzionano: l’incontro-scontro tra due esseri umani completamente diversi ma che attraverso l’incontro casuale cambiano le loro vite, in meglio naturalmente. Un piccolo film anche divertente in alcuni passaggi, sicuramente senza superficialità e con una leggerezza di tocco; con un viraggio tra il favolistico e il vintage che rende la storia e i suoi personaggi fuori dal tempo. Ma una Buenos Aires così deserta di persone non l’avevamo mai vista e sembra un po’ una forzatura tenendo conto che i dialoghi e la storia sono in fondo realistici. Insomma un piacevole film a cui manca però un regista di ingegno per rendere il film qualcosa di importante e autorale. Sebastián Borensztein ha trascorsi di pubblicitario e di fortunato produttore e autore di serie televisive argentine, cinematograficamente ha scritto e diretto una sola altra pellicola “Sin memoria”.

La storia inizia con una premessa a dir poco originale (anche se dal cielo abbiamo visto che Piovono pietre, o rane come in Magnolia o esseri umani…), una ragazza cinese sta per essere chiesta in moglie su una barca in mezzo a un lago ma viene schiacciata da una mucca che cade dal cielo.

Passiamo subito a Buenos Aires, lì vive Roberto (un sempre bravo Roberto Darin), un uomo solitario che trascorre il tempo tra il negozio di ferramenta e la sua casa paterna attigua. Non ama gli esseri umani, è legato a una madre che non ha mai conosciuto e vive un senso di colpa verso il padre morto da trent’anni. Odia i suoi pochi clienti impiccioni, i fornitori ladri, probabilmente il mondo intero. Non ha praticamente amici e la sera dopo cena raccoglie dai giornali storie ‘incredibili’ che raccoglie in un quaderno, poi alle ventitre in punto spegne la luce e si addormenta. L’unica nota di cambiamento in una vita così programmata e solitaria è la visita di Mari (Muriel Santa Ana), dopo sei mesi e una lettera a cui lui non ha risposto, una donna che vive in campagna, innamorata di lui e con cui ha diviso tempo addietro una sola notte d’amore. In un giorno di festa Roberto se ne va a fare un pic nic da solo vicino all’aeroporto e mentre si gode l’atterraggio di un aereo vede il povero cinese Jun (un bravo ma un po’ insignificante Ignacio Huang – Sheng Huang) scaraventato da un taxi dopo essere stato derubato di tutto. Nonostante la contrarietà cerca di aiutare il giovane cinese che non parla una sola parola di spagnolo; ma all’indirizzo che ha scritto sul braccio non abita più suo zio.

Roberto chiede allora aiuto all’ambasciata cinese, lì gli dicono che per il tempo necessario affinché si ritrovi lo zio il giovane dovrà restare sotto la sua tutela. Allora lo porta alla polizia ma l’unica possibilità è l’arresto e allora è costretto a portarselo a casa e iniziare una convivenza fatta di alti e bassi, di scontri e piccole scoperte. Per fortuna che ogni tanto passa per casa la prosperosa e allegra Mari che smorza i toni e porta un po’ di buonumore. E naturalmente alla fine tutto si conclude al meglio e si scopre anche il ‘blocco’ esistenziale di Roberto, andato a combattere nella disastrosa guerra delle Malvinas e la sua andata ha provocato involontariamente la morte del padre.

Probabilmente l’idea di regia era molto più complessa e articolata, doveva sì essere una commedia amara, che raccontando una storia privata, a volte favolistica a volte grottesca, voleva trattare argomenti profondi sulla cultura, i fallimenti, i modelli sociali degli ultimi anni trent’anni della società argentina, dal crollo del regime dei militari fino alle disillusioni della crisi economica, ma questo resta sullo sfondo e in punta di penna.

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