Era uno dei registi più originali, amati e ammirati della storia del cinema, autore di “Mulholland Drive” e “Twin Peaks”: aveva 78 anni
David Lynch, uno dei più originali e amati registi della storia del cinema, autore di film onirici e misteriosi come Mulholland Drive e Velluto blu e di una delle serie tv più importanti di sempre, Twin Peaks, è morto a 78 anni. Da tempo era ammalato di un grave enfisema polmonare, che aveva detto lui stesso essere dovuto al fumo.
La notizia della sua morte è stata data dalla famiglia sulla sua pagina Facebook: «È con grande cordoglio che noi, la sua famiglia, annunciamo la morte dell’uomo e dell’artista David Lynch. Apprezzeremmo un po’ di privacy in questo momento. C’è un grande buco nel mondo ora che non è più con noi. Ma come avrebbe detto lui, “guarda la ciambella e non il buco”. È una bella giornata con un sole splendente e cielo blu dappertutto».
Lynch era una figura con pochi eguali a Hollywood, stimatissimo dalla critica ma anche con un grande successo di pubblico, nonostante e proprio in virtù dell’unicità del suo cinema. Dall’esordio Eraserhead del 1977 fino all’ultimo e cerellotico Inland Empire del 2006 i suoi film erano stati un genere a sé, talvolta di atmosfera più noir e altre più di commedia, sempre surrealisti, affascinanti ed enigmatici.
Con Twin Peaks, andata in onda tra il 1990 e il 1991, aveva mostrato le potenzialità della serialità televisiva come nessun altro prima, incollando ai televisori milioni di persone impazienti di sapere chi avesse ucciso Laura Palmer. Lynch aveva poi ripreso la serie nel 2017 per una terza stagione a sua volta molto apprezzata, seppur di successo assai inferiore.
Grazie a film violenti e inquietanti come Strade perdute (1997), divertenti e spiazzanti come Cuore selvaggio (1990), o classici e drammatici come The Elephant Man (1980), Lynch era riconosciuto come un regista tra i più importanti della storia del cinema. In mezzo aveva fatto anche un suo immaginifico e divisivo adattamento di Dune di Frank Herbert (1984), un film che ampliava l’immaginario di Twin Peaks, Fuoco cammina con me (1992), e un film di buoni sentimenti, Una storia vera (1999), tutti a loro modo e a vario titolo entrati nella storia del cinema. Nella sua carriera aveva vinto un Leone d’Oro e un premio Oscar alla carriera.
Era anche un regista che godeva di un grande affetto da parte dei fan, coltivato negli anni con interviste in cui esprimeva il suo carattere gioviale e spassoso. Negli ultimi anni aveva tenuto un seguito diario su YouTube in cui condivideva riflessioni laconiche e informazioni meteorologiche, sempre con gli occhiali da sole e l’inconfondibile ciuffo bianco.
Le frequenti collaborazioni con attori come Kyle MacLachlan, Naomi Watts e Laura Dern, e con il compositore Angelo Badalamenti, avevano definito la sua produzione cinematografica. Lynch era stato a sua volta un musicista e compositore, realizzando vari dischi di musica ambient e sperimentale, oltre che pittore.
In un’intervista a People dello scorso novembre aveva parlato della sua lunga dipendenza dal fumo e della malattia, che aveva limitato anche la sua attività da regista, obbligandolo a trascorrere la maggior parte del tempo lontano dai set, che comunque aveva frequentato raramente negli ultimi vent’anni, in cui la sua produzione cinematografica e televisiva era stata molto limitata. Anche se ormai trascorreva quasi tutto il suo tempo in casa, fare a meno della socialità non gli pesava troppo: «non mi piaceva uscire neppure prima, quindi questa è un’ottima scusa per non farlo», aveva detto.
Il suo disagio più grande era un altro: l’impossibilità di andare sul set. «Adoro essere lì e poter parlare con le persone», aveva detto Lynch, e aveva aggiunto che nel futuro gli sarebbe piaciuto provare a dirigere da remoto.