Ci si interroga parecchio negli ultimi tempi su che cosa sia o debba essere un’élite, e sulla distanza crescente tra le élites politiche, culturali, economiche e il popolo. È forse utile provare a riflettere sulla questione in termini pragmatici, per esempio alla luce dell’esperienza del circolo culturale La Scaletta, che ha appena festeggiato a Matera i sessant’anni di attività, il sette aprile scorso.

La Scaletta deve il nome a una piccola scala che conduceva alla prima sede seminterrata del circolo, in via Lucana numero 9, in uno stabile di proprietà dell’avvocato e meridionalista Nicola De Ruggieri, padre di Michele e Raffaello, entrambi in anni diversi alla guida del sodalizio materano. L’attuale presidente è Francesco Paolo Vizziello, ingegnere civile e gestionale, nato nei Sassi che continua ad amare smisuratamente. Vicepresidente è il medico Nicola D’Imperio che per il sessantennio pubblica nelle Edizioni Magister un bel volume celebrativo, illustrato con immagini dal 1959 a oggi.

Il 7 aprile ‘59 diciannove giovani intellettuali di varia ispirazione (socialisti, repubblicani e liberal-democratici, cattolici) fondarono il circolo con gli intenti candidi e volitivi propri delle élites di provincia nel dopoguerra: manifestazioni e laboratori di arte, teatro, musica; incontri con personalità dell’economia e della politica, Emilio Colombo tra i primi; attività di volontariato… Fra i diciannove fondatori vi erano ben sei ragazze e tra gli altri nomi spicca appunto quello dell’avvocato Raffaello De Ruggieri, attuale sindaco di Matera.

La loro era una vocazione civica non solo teorica, perché si sarebbe presto concretata nella scoperta, nel censimento e quindi nel restauro di decine e decine di chiese rupestri, tra cui Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci che da molti anni ospitano esposizioni di prestigio (Kengiro Azuma, Duilio Cambellotti, Arturo Martini, Pietro Consagra e attualmente Salvador Dalì). Senza dimenticare la favolosa Cripta del Peccato Originale, il cenobio benedettino di epoca longobarda in un vallone della Gravina di Picciano, con i suoi affreschi dei Santi dagli occhi sgranati, che Vittorio Sgarbi ha definito «la Cappella Sistina dell’arte rupestre».

Scarponi ai piedi il sabato o la domenica mattina, e incontri di studio durante le sere della settimana… I soci della Scaletta – in prima fila anche per ottenere la scuola di restauro e il conservatorio musicale – nel corso del tempo hanno semplicemente lavorato in favore del riscatto di Matera ex «vergogna nazionale» e della tutela dei Sassi che qualcuno avrebbe preferito coprire con una colata di cemento. Una sfida intrapresa in costante rapporto sia con gli artisti e gli intellettuali in cammino sulle polverose strade… oltre Eboli (da Carlo Levi a Zanotti Bianco, dagli urbanisti di Olivetti a Pasolini, da Ortega a Melotti, da Adamesteanu a Sacco), sia con i cittadini materani, con il popolo. Già, i pastori che indicarono i sentieri nella Gravina per raggiungere le chiese rupestri usate come ovili o le donne del «vicinato» nei Sassi sono partecipi della storia della Scaletta.
Oggi invece è la ferita tra élites e popolo a incarognire l’orizzonte e a scatenare il rancore verso chiunque non prometta soluzioni immediate ancorché illusorie di un problema, a cominciare dall’immigrazione, regolare o clandestina, che importa. «Cacciamoli tutti» e «I porti sono chiusi» sono slogan che non producono effetti nella realtà, né mai potrebbero, ma garantiscono un certo consenso nella perenne campagna elettorale che ci affligge e di cui sotto sotto gongoliamo nel Nulla sovrano.

Gli stessi riflessi linguistici appaiono talora paradossali: radical-chic è l’accusa ricorrente rivolta a chi coltiva il dubbio e non è prono all’insofferenza «popolare» nei confronti del nero o dello zingaro. E sì che un tempo radicale aveva una… radice terragna e chic era un complimento per l’eleganza degli abiti o dei modi!

Tuttavia, di certo qualcosa è andato storto nella dialettica tra élites e popolo. E la responsabilità è delle classi dirigenti che non sono riuscite a elaborare alternative credibili rispetto allo sfarinarsi del tessuto connettivo dei partiti politici. Nella Dc e nel Pci come nelle formazioni più piccole, l’ingegnere e il muratore, il professore e l’operaio, erano affratellati dalla militanza. Al contrario, negli ultimi decenni, i colti e gli spiriti eletti si sono rinchiusi nel privato anche quando ambivano al discorso pubblico, frequentandosi solo tra eguali, a dispetto della legittima enfasi sul «diverso» o sull’«altro». Un disastro, aggravato da un apparente punto di forza: il cosmopolitismo e in particolare l’europeismo della «generazione Erasmus» che ha studiato all’estero e dei genitori che oggi incoraggiano l’espatrio dei figli.

Così la spinta alla fuga annichilisce il residuo amor loci, la vocazione a difendere le radici culturali e la società civile, e, vista da Sud, sigilla la rinuncia a colmare il divario con il Nord. Una missione, quest’ultima, ormai demandata in esclusiva ai fondi europei, come se la questione meridionale fosse solo una faccenda di soldi e non di idee, cura, impegno, passione, amore dei luoghi.

Fin dagli esordi, dicevamo, La Scaletta si è battuta affinché i Sassi non fossero abbandonati, bensì risanati, e in seguito ha partecipato alle battaglie ambientalistiche nel Materano, nel Metapontino e a Scanzano Jonico. Sessant’anni di prassi e di studi nel segno del «gioco di squadra», e nel nome del passato e del futuro di Matera che il sindaco De Ruggieri ha rivendicato lo scorso 19 gennaio inaugurando l’anno della capitale europea con un discorso sobrio e commovente. E se nel libro di D’Imperio suona ingeneroso l’accenno polemico al «dossier discutibile» della Fondazione Matera-Basilicata 2019, resta inconfutabile che l’attività della Scaletta sia alla base del riconoscimento Unesco di Matera quale patrimonio mondiale dell’umanità nel 1993 (un risultato di cui bisogna esser grati all’architetto Pietro Laureano) e della designazione europea giunta nel 2014.

Fa bene quindi Vizziello a parlare del circolo nei termini di «un modello di azione e di vita democratica», che in queste settimane oltretutto si esercita con un ciclo di conferenze sulla cosiddetta «autonomia differenziata» (fiscale) cui ambiscono alcune regioni settentrionali a scapito del Mezzogiorno e della Costituzione. La Scaletta è un esperimento originale nel profondo sud che è piuttosto un sud profondo. Le ragazze e i ragazzi di via Lucana sapevano d’istinto e non hanno dimenticato fino a oggi quel che Gramsci scrisse del «sapere vivente» e dell’impossibilità di fare politica-storia senza «la connessione sentimentale tra intellettuali e popolo-nazione».

Invece di salire in pulpito, sempre più inascoltate, alle élites magari basterebbe scendere qualche gradino della… scaletta più prossima: un quartiere ai margini, una miseria nascosta, una speranza inespressa. Matera 1959-2019 propone un tragitto possibile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *