Abbiamo visto “ Gorbaciof “ regia di Stefano Incerti.
Traendo un bilancio degli ultimi venticinque anni, possiamo affermare che non esiste cinematograficamente una scuola napoletana. Si potrebbe dire che è stato un vezzo o una pigrizia della critica che a volte ha bisogno di stereotipi o punti di riferimento. Indiscutibilmente Napoli, con la sua forte personalità e con la sua millenaria e poliedrica cultura, irrompe prepotentemente e fa da collante a un humus che può fare sembrare collettiva una realtà filmica che in realtà è variegata e a volte antitetica. Basti pensare a Salvatore Piscicelli ( L’anticipatore di tanto cinema “ napoletano “ Immacolata e Concetta – Le Occasione di Rosa – Blues metropolitano ) e Massimo Troisi ( Le strade del Signore sono finite – Il postino ); a Mario Martone ( Morte di un matematico napoletano – Teatri di Guerra ) e Antonio Capuano ( Vito e gli altri – Luna Rossa ); a Pappi Corsicato ( Libera – I buchi Neri ) e Enzo De Caro ( Io Peter Pan – Ladri di futuro ); a Beppe Gaudino ( Giro di luna fra terra e mare – Calcinacci ) e Valia Santella ( Te lo leggo negli occhi – In nome del popolo italiano ); a Paolo Sorrentino ( Le conseguenze dell’amore – Il divo ) e Vincenzo Marra ( Vento di terra – L’udienza è aperta ); a Antonietta De Lillo ( Non è giusto – Il resto di niente ) e Nina De Maio ( Autunno – L’inverno ); a Domenico Astuti ( Fino all’estremo – La vita, per un’altra volta ) e Lucio Gaudino ( Adelaide – Io e il re ), a Maurizio Fiume ( Isotta – Io ti seguo ) e Sandro Dionisio ( La volpe a tre zampe ) e poi Giorgio Magliulo, Vincenzo Terracciano, Laura Angiulli, Lello Arena, Nicola Di Rinaldo, De Crescenzo, Arbore, Pazzaglia e chissà quanti altri ho dimenticato.
Il regista Stefano Incerti, classe 1965, ha collaborato come aiuto regista prima con Enzo De Caro, poi con Mario Martone, poi dopo una serie di cortometraggi ha debuttato con l’interessante ” Il Verificatore “ ( un controllore del gas a Napoli si strugge d’amore per la timida Giuliana. L’infelicità gli dà la forza di compiere un gesto radicale ), poi girerà un modesto “ Prima del tramonto “ e nel 2009 “ Complici del silenzio “ sui desaparecidos in Argentina durante i campionati del mondo del 1978.
L’ultimo suo film è ” Gorbaciof “, finalmente esce dopo tanta attesa, grazie anche al successo ottenuto nei festival stranieri. E’ indiscutibilmente un buon film, il migliore di quelli italiani che sono nelle sale di questi tempi. Girato con attenzione e con momenti di originalità e delicatezza rara per il cinema italiano ( il rapporto tra Gorbaciof e la giovane ragazza cinese ) che ci fa supporre un work in progress,un buon clima creativo sul set, come se lo script non fosse stato rispettato, anzi che sia stato accantonato durante le riprese, affidandosi all’agire di Servillo e del suo personaggio ( tuttavia perdendo un po’ per strada tutti gli altri personaggi ). Dalle prime immagini ( ma è un po’ lo stile del regista, da sempre) ci è venuto in mente il cinema americano degli anni Settanta, forse anche il primissimo De Palma ma in particolare lo Scorsese di Mean street e anche di Taxi Driver ( ma anche al plot del film di Sorrentino Le conseguenze dell’amore ), questo è il suo pregio ma anche il suo limite: pregio, perché c’è uno stile deciso e senza fronzoli, quasi minimale in questo caso; difetto, perché non c’è niente di nuovo e quello che succede sembra già essere conosciuto e pre-visto; a questo si potrebbe aggiungere che nei film di Scorsese c’è un De Niro che risulta più empatico di Servillo e meno stilizzato, che nei Settanta, comunque, c’èra un’aria di libertà e di speranza, che oggi non c’è più. Il finale è troppo da cinema italiano d’autore e se fosse stato un altro avrebbe creato una discontinuità con il troppo prevedibile e non avrebbe guastato.
La storia gira intorno a Marino Pacileo, soprannominato Gorbaciòf per una voglia sulla fronte, lavora come contabile nel carcere di Poggioreale a Napoli. E’ un uomo solitario e silenzioso, senza affetti e senza amici, vive in una casa squallida ed ha una sola passione, il gioco d’azzardo; quasi un palliativo a tutte le sue carenze. Si appropria spesso dei soldi del carcere e quando il poker non gli consente di restituirli si rende disponibile per lavoretti extra, come l’esattore. Se non gioca a poker gioca un po’ a tutto, slot machine, cavalli, bingo. Quando ha disponibilità di danaro va nel retrobottega di un ristorante cinese sempre deserto. Il gioco è tenuto da un avvocato squallido e criminale ( un bravo Geppy Gleijeses, di cui ci sarebbe piaciuto una maggiore conoscenza ). A proposito, le partite a poker non sono facilmente godibili, ma in questo film sono solo un pretesto e non parte del pathos del film. Gorbaciof sembra del tutto indifferente a tutto ma in realtà è innamorato di Lila, la figlia timida e fragile del ristoratore cinese; e una volta sottrae i soldi dalla cassa del carcere per darli al padre temendo che possa essere costretto a far prostituire la ragazza per pagare un debito di gioco. Dal quel momento inizia a proteggere la ragazza, a difenderla da tutto, e a causa del suo amore inizia a perdere forti cifre al gioco ed è costretto a scendere a compromessi nella speranza di poter scappare via con lei.
Incerti ci racconta un microcosmo sociale, la Napoli del Centro Direzionale e di Poggioreale, che è quasi territorio di confine cittadino come è di confine, tra legalità e illegalità, l’esistenza di Gorbaciof. Il racconto richiama a uno stile naturalistico ma sceglie modalità che rasentano il lirismo. C’è in alcuni momenti una rarefazione narrativa che assume sfumature quasi fiabesche ( il modo in cui Gorbaciof e Lila comunicano senza dialoghi, anche gli stati d’animo si manifestano con descrizioni brevi e delicate: la bottiglia di birra che la ragazza tiene in mano ci fa capire che sta pensando a lui e la presenza di una donna orientale sul posto di lavoro di lui ci fa intuire che sta pensando alla ragazza ).
Leggerete della magistrale interpretazione di Toni Servillo; beh, noi non siamo del tutto d’accordo. Forse perchè ci ha abituati a interpretazioni alte e fuori dal comune, Il grande attore napoletano ci sembra un po’ lasciato da solo dal regista e in certi momenti sembra caricaturare troppo il personaggio, in brevi momenti sembra anche macchiettizzarlo. Un altro grande attore, come Volontè ( che per meticolosità e tecnica ci ricordano Servillo ) sarebbe stato più accorto se non misurato. Altra cosa da segnalare per noi è che il personaggio di Lila non ha alcun respiro, vive di riflesso a Gorbaciof e serve solo a giustificare le scelte di lui.
Molto bella la fotografia di Pasquale Mari, come funzionali sono le musiche di Teardo ( anche se a volte la colonna sonora più che da accompagno dovrebbe creare discontinuità – ma questo è un nostro gusto personale ).

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