Il sostegno turco sul terreno, richiesto dal governo Serraj, arriva dopo l’accordo sui confini marittimi siglato tra Libia e Turchia alla fine di novembre, che era accompagnato da un accordo di cooperazione militare. Ankara ha avviato perforazioni nei pressi di Cipro, dove sono stati scoperti “appetitosi” giacimenti di gas naturale. L’Unione europea considera queste trivellazioni illegittime, in quanto violerebbero la sovranità dello Stato membro, e ha infilitto sanzioni contro la Turchia. La Grecia, da parte sua, ha espulso l’ambasciatore turco e anche l’Egitto – che in Libia sostiene Haftar – ha protestato.

GLI UFFICIALI DI HAFTAR: «PRONTI A COMBATTERE»

Il Cairo, non a caso, ha immediatamente «condannato nei termini più forti» il voto del parlamento turco, così come la Lega araba. E il ministero degli Esteri egiziano ha sottolineato che il dispiegamento di truppe potrebbe «ripercuotersi negativamente sulla stabilità dell’area mediterranea», chiedendo alla comunità internazionale di «agire secondo le proprie responsabilità con urgenza nel gestire questi sviluppi, che minacciano un’escalation regionale». Haftar è appoggiato anche da mercenari russi e sudanesi. Secondo stime dell’Onu, da aprile in poi il conflitto innescato dal generale che punta alla conquista di Tripoli ha causato la morte di oltre 2 mila combattenti dei due schieramenti e di circa 300 civili. Gli ufficiali di Haftar si dicono pronti a combattere anche contro i turchi: «Non permetteremo la presenza di forze turche ostili sul territorio libico». E il generale Khaled al-Mahjoub ha aggiunto che verranno prese «misure militari di precauzione».

 L’ALGERIA TENTA DI MEDIARE

Altre novità arrivano dall’Algeria. Il ministro degli Esteri, Sabri Boukadoum, ha detto infatti che nei prossimi giorni «verranno intraprese diverse iniziative volte a una soluzione pacifica». Algeri rimane contraria alla presenza di truppe militari straniere nel Paese, ribadisce di non voler interferire negli affari interni della Libia e ritiene che la soluzione della crisi passi per «consultazioni tra tutti i libici con l’aiuto dei Paesi vicini».

BRUXELLES INVOCA IL DIALOGO

Sulla stessa linea “pacifista”, dopo il voto del parlamento turco, si è espressa anche Bruxelles: «Non esiste una soluzione militare per il conflitto in Libia. Ribadiamo a tutte le parti interessate l’appello a cessare le ostilità e a riprendere il dialogo politico». Un portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, ha ricordato «a tutti i membri della comunità internazionale l’obbligo di osservare e rispettare l’embargo sulle armi» imposto dall’Onu. E ha sottolineato come lo stesso Borrell sia «in contatto con tutti gli attori coinvolti per sostenere la mediazione guidata dalle Nazioni unite e per sostenere gli sforzi in corso nel quadro del processo di Berlino».