Abbiamo visto “ Jackie “ regia di Pablo Larrain.

con Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Greta Gerwig, Billy Crudup, John Hurt, Richard E. Grant.   Genere BiograficoUSA, Cile, 2016, durata 91 minuti. Uscita cinema giovedì 23 febbraio 2017 distribuito da Lucky Red.

Questo progetto indiscutibilmente complesso era già pronto nel 2010, ma la sceneggiatura è finita nella famosa Black List, la lista dei progetti interessanti ma che si ritrovano ad avere difficoltà nel diventare film. Il regista che doveva dirigerlo era Darren Aronofsky ( The Wrestler, Il cigno nero ) e Rachel Weisz doveva essere l’attrice protagonista.  Ma Aronofsky si è tirato indietro rimanendo come produttore del film. Oltretutto negli ultimi anni ci sono state notizie sulla vita privata di Jackie a dir poco spiazzanti che l’hanno fatta apparire sotto una luce ben particolare. Ma il maestro Pablo Larrain ha accettato la sfida ( per lui è la prima volta che affronta un personaggio femminile ) ed ha deciso di raccontare Jackie con un esercizio di stile notevole e moderno. Jackie, a pochi giorni dalla morte di suo marito, lascia un’intervista molto trattenuta e formale storicamente, per l’immagine che vuole dare al mondo di sé e del suo matrimonio, a un giornalista pronto a raccogliere solo quello che lei vuole concedere, e tra le varie dichiarazioni eccola nella sua breve vita alla Casa Bianca e nei momenti drammatici dell’uccisione di suo marito a Dallas. Un biopic hollywoodiano algido e un po’ spiazzante, per raccontare una donna che è stata per molti anni icona di eleganza e sulle copertine di tutto il mondo anche dopo ‘l’esperienza’ Kennedy. Larrain sin dalla prima sequenza ci fa capire che sceglie di raccontare una donna e il suo dramma in modo non vellutato e poco rassicurante abbinando una colonna sonora di un violino che accentua la drammaticità dell’incipit sul primo piano di Jackie ( una brava e rediviva Natalie Portman ). Ma è il modo di raccontare questa donna nel suo complesso che ci permette di dire che il regista cileno ha trovato un nuovo stile di racconto biografico ( eccellente anche il precedente Neruda ) in cui si destreggia con talento e maestria, e in cui una fantasia senza troppe regole riesce a trasgredire qualsiasi tentazione agiografica, così come di didascalismo tipici di questi docu-drama. Jackie ci viene raccontata sì come una donna in fondo fragile e con umane insicurezze ma anche come una donna che ha il senso del suo ruolo nella Storia con la lettera maiuscola e per questo mai rinuncia a quel suo ruolo nemmeno nei momenti più drammatici; esemplare quando lei porta in grembo la testa spappolata di suo marito fino in ospedale o quando decide di portare ancora il suo vestito sporco di sangue perché il mondo deve vedere cosa hanno fatto al marito e a lei ma soprattutto, contro la volontà degli altri, la sua decisione di come svolgere il funerale. E l’autore sceglie di condensare tutta l’enorme famiglia Kennedy affiancandole il solo Robert ( un geometrico Peter Sarsgaard ) che nella realtà pare fosse stato amante di Jackie. Tutto è raccontato con gli occhi di lei e quindi tutti gli altri protagonisti storici appaiono figurine di una tragedia americana, dal successore alla presidenza Lindon Johnson allo staff presidenziale, ai ministri.

Insomma anche se non è un film facile, possiamo dire che è un film del tutto riuscito, il punto di vista del regista è al solito originale e autorale e va per la sua strada estetica senza accettare alcun compromesso con Hollywood.

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