Abbiamo letto “ John Cassavetes – un’autobiografia postuma “ scritto da Ray Carney.

Cassavetes è stato un regista-attore dalle fortune alterne.  Mentre in Europa è stato ritenuto un regista importante e necessario per la sua epoca, quasi un regista di culto, negli Stati Uniti è stato ritenuto anche dalla critica poco più di un regista sperimentale e  un attore ‘ caratterista ‘.  Uomo geniale, nevrotico, bugiardo fino a creare del suo mondo una realtà solo apparente, riteneva che la regia, la scrittura e anche la recitazione di qualità richiedessero di mantenersi fedeli alla propria identità che chiamava “ la visione di se stessi attraverso l’occhio della mente “  e che le idee giovanili dovevano rimanere immutate e coerenti nel tempo, inalterate da ciò che si definiva le regole della società.  Nella sua visione, era responsabilità dell’artista costruire una comunità che sostenesse il lavoro creativo, e non si poteva guardare a chi ha i soldi per ottenere la soluzione artistica, bisognava solo guardare a se stessi e rimanere fedeli alle idee.  Ripercorrendo la sua vita professionale, con la sua continua ricerca di denaro per prodursi i suoi film, con i tanti tentativi di produrre i mille progetti andati in fumo, con la sua ossessione per la ricerca della verità nei personaggi, ricorda un po’ quei maestri del Cinema americano come Erich von Stroheim o Orson Welles senza comunque raggiungere il loro genio, forse superandoli nelle sregolatezze umane, formali ed estetiche.  Cassavetes era un oratore e un narratore nato, ma adorava le litigate, godeva quando poteva fare una scenata, urlare, sbattere il telefono in faccia a qualcuno.  Forse si era scelto una parte e la recitava, quella del puro, del coerente, forse per nascondere le fragilità e le insicurezze.  Questo era il suo carattere e forse la fonte della sua diversità ma anche di una specie di autodistruzione:  nella sua carriera scriverà centinaia se non un migliaio di scripts ma alla fine realizzerà solo 12 film.  Sicuramente è stato tra i registi che hanno dato vita al Cinema Indipendente Americano e il maggior esponente della corrente della Scuola di New York ( gruppo eterogeneo che comprendeva tra gli altri Sidney Meyers e Lionel Rogosin  ) in  un’epoca un cui Hollywood stava morendo senza averne coscienza ( pensiamo ai film con Rock Hudson, Doris Day, al periodo finale della carriera di Gary Grant, tanto per citarne i primi nomi che passano nella mente ).  La novità del suo Cinema era la ricerca dell’improvvisazione, del pedinamento dei protagonisti lungo le strade di New York, di raccontare storie che partivano dai personaggi e non dalle storie stesse;  con criteri stilistici e contenutistici che sfioravano il documentario esistenziale e forse avevano come punti di riferimento la poetica del pedinamento del nostro Cesare Zavattini.  Storie di coppie in crisi o di problemi della vita metropolitana di tutti i giorni.  E un’altra peculiarità del suo cinema era quello di realizzarlo “ in famiglia “ nei suoi film hanno recitato quasi sempre gli amici di sempre come Seymour Cassel, Ben Gazzara e Peter Falk, la moglie Gena Rowlands, e poi la madre, la suocera e i figli.   Il suo primo film ( realizzato e soprattutto difeso con un’energia fuori dal comune, attraverso anche tradimenti personali ) è stato Ombre ( Il film venne finanziato grazie ad un annuncio sul New York Times e a una richiesta di finanziamento lanciata via radio, nel corso di una trasmissione notturna: 15.000 dollari il budget ) che ebbe una gestazione di circa due anni, girato e rigirato e rimontato per diversi motivi, disprezzato dagli Studios, sottovalutato dalla critica negli Stati Uniti ( l’unico che lo difese – la prima versione e non la seconda – fu il critico, regista indipendente e poeta Jonas Mekas con cui Cassavetes riuscì a litigare di brutto ), dopo varie prime visioni negli States andate malissimo, un amico produttore gli offrì 5 mila dollari per distruggere la pellicola tanto non sarebbe andata da nessuna parte e, secondo l’autore di questa biografia, Cassavetes non accettò nonostante i debiti perché la cifra non sarebbe servita a nessuno.  Per sua fortuna, e in maniera del tutto imprevista un anno dopo, in Inghilterra il film fu un successo di pubblico e di critica e fu presentato alla Mostra di VeneziaMa il successo imprevisto portò ad una frattura insanabile tra Cassavetes e i suoi collaboratori oltre che con gli esponenti della Scuola di New York, che gli rimproverarono di aver modificato il film per ottenere più incassi ed anche perché non aveva pagato nessuno tra attori e troupe nonostante i guadagni fatti.  Il regista scappò in  California e la causa intentatagli a New York non ebbe seguito.

Il successo di Ombre in Europa aprì a Cassavetes le porte di Hollywood con cui però ha sempre avuto un conflitto insanabile ma allo stesso tempo di faticosa collaborazione. Litigi furibondi, cadute, tentativi di rimettersi in gioco.  Il suo carattere determinato e deciso pretendeva di restare nella mecca del Cinema ma alle sue condizioni e naturalmente i produttori se ne fregavano.  Una contraddizione che ha segnato tutta la sua carriera, perché nonostante il talento non è riuscito a fare quello che altri registi ( Bogdanovich, Van Sant… ) sono riusciti a realizzare.  E quindi leggendo la sua filmografia troviamo un Cinema Hollywodiano modesto come Blues di mezzanotte e Gli Esclusi ( film a cui avrebbe tolto volentieri la firma e per cui ha litigato con mezzo mondo ) e film indipendenti e personali come Volti ( con l’amico fraterno Seymour Cassel e sua moglie Gena Rowlands ), Mariti ( con gli amici Gazzara e Falck ),Minnie e Moskowitz ( sempre con Cassel e Rowlands ) e Morte di un’allibratore cinese ( con Gazzara ) che la critica americana defini poco più di un piccolo filmTutte pellicole che hanno incassato poco e niente e che gli hanno creato debiti che ha coperto con la sua carriera non brillantissima di attore ( da segnalare solo il ruolo da protagonista nel bel film di Polansky, Rosemary Baby – un attore che pur di far carriera cede il figlio non ancora  nato ad una setta satanica all’insaputa della moglie; e nel ruolo di Victor Franko ne La sporca dozzina di Robert Aldrich – personaggio ai limiti della schizofrenia e insofferente di ogni forma di disciplina ).  D’altronde Cassavetes riteneva che le parti che gli affidavano in televisione e al cinema fossero nient’altro che un cumulo di cliché e banalità, copie fasulle in cui tutti recitano il realismo.  Lui che si sentiva un creativo riteneva eccitante invece dire qualcosa di diverso e nuovo.

Dalla interessante e dettagliatissima biografia di Ray Carney ( pubblicata da Minimum Fax ) conosciamo meglio il carattere ( le contraddizioni, i sussulti, le grida, i tradimenti e i gesti di generosità ) di uno dei registi americani che hanno segnato un’epoca.  Attraverso questa biografia personale e umana scopriamo una vita contro, fatta di lotte dure e di gesti di ribellione che forse erano qualcosa in più di motivazioni contingenti,  ma anche una vita in cui Cassavetes si circondava di amici a cui restava fedele e che incontrava ogni domenica a casa sua per il brunch settimanale.  Una vita fatta di sogni, purezza di idee, tradimenti e forse senso della storia personale.  Una storia scritta con razionalità e passione che si sofferma con delicatezza e oggettività sulle lotte, i trionfi, le sconfitte e le frustrazioni del figlio di immigrati ellenici che ha vissuto ad otto anni per un anno in Grecia, che ha sopperito al suo andare contro a suon di bevute che lo hanno portato ad una cirrosi che lo ha visto morire sulla soglia dei sessant’anni nel 1989 dopo circa 5 anni di una malattia feroce e debilitante.

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