Abbiamo visto Knockout – Resa dei conti regia di Steven Soderbergh.
Sodebergh ha debuttato nel 1989 a soli ventisei anni con il film Sesso, bugie e videotape, sin da quella prima pellicola si era capito che era nato un grande regista: per come usava la macchina da presa e per l’abilità con cui faceva recitare attori come Andie MacDowell – uno dei volti più noti delle riviste di moda e case di cosmetici dell’epoca, all’inizio di una nuova carriera

senza infamia e senza lode – e James Spader, un attore di tanto cinema e televisione che non ha mai raggiunto la vetta e che ricorda alla lontana anche fisicamente il nostro Giulio Scarpati. Da quel debutto aveva anche ricevuto la Palma d’oro al 42º Festival di Cannes. Almeno nella prima parte della sua carriera Sodebergh aveva anche la cifra di autore e cinefilo.

Cifra confermata nel suo secondo film – un po’ presuntuoso e incompleto narrativamente come Delitti e segreti – Kafka, una via di mezzo tra un film su Kafka e un film da Kafka, intessuto di citazioni, rimandi, ammiccamenti, cocktail americano di realtà e finzione; con attori del calibro di Jeremy Irons e Alec Guinness. Da allora – per non farla lunga – ha realizzato qualcosa come altri 25 film, ne ha prodotti 27, ha scritto sette film, montati 5, fotografati 4, interpretati 3 e curato il sonoro in uno. A gennaio ha compiuto 49 anni mentre terminava il suo ultimo film dopo quello che stiamo recensendo.

Sodeberg è un regista bulimico e ‘poliedrico’ che può girare ‘cult’ come Traffic, Erin Brockovich, Che (guerriglia e l’argentino), film di piacevolissimo consumo come Out sight e L’inglese e film “di Natale” come i vari Ocean (11, 12, 13).

Quindi con queste premesse è inutile domandarsi perché abbia voluto fare un film come Resa dei conti, pur girato con grande professionalità non mostra niente di nuovo né negli scontri fisici né negli inseguimenti né negli effetti speciali tantomeno nel plot. Una via di messo tra Nikita e Jason Bourne (anche se i prototipi di questi due film sono molto più originali e narrativamente più coinvolgenti, sotto tutti i punti di vista).

Anche in questo film, Soderbergh riempie lo schermo di grandi attori o di attori molto famosi e gli fa interpretare ruoli secondari se non ‘inutili’ per il talento che hanno. In questo troviamo attori del calibro di Ewan McGregor, Michael Fassbender, Antonio Banderas, Michael Douglas, Bill Paxton, il regista-attore Mathieu Kassovitz e poi c’è la protagonista, la debuttante Gina Carano – famosa in tutto il mondo per essere il volto delle Arti Marziali miste femminili, specializzata nel Muay Thai.

Mallory Kane (Gina Carano) e’ una black op, cioè lavora alle operazioni clandestine che in tempi di guerre segrete sporche sono il risultato dell’orrore dei tempi di oggi. Assassini con licenza di uccidere che eseguono senza domandare solo per paghe più che buone e in cui la parola amicizia è solo un eufemismo. Malory è una delle armi più pericolose in mano ai servizi segreti degli Stati Uniti, è addestrata e letale con un passato nei marine. La incontriamo dapprima in un ristorante su una statale americana, si scazzotta con un suo ex di una notte perché non vuole seguirlo dai capi e scappa con una specie di ostaggio che diventa il testimone della sua situazione e dei suoi racconti. Tutto è iniziato otto giorni prima a Barcellona; insieme ad altri contractor a lei sconosciuti deve liberare un giornalista cinese tenuto prigioniero in una casa. L’operazione va a buon fine e lei può tornare a casa a Londra. Ma c’è subito un nuovo lavoro urgente e lei di malavoglia accetta soprattutto per fare un favore al suo ex compagno. Ma si tratta di una trappola e la donna dovrà fare quattro salti nel mondo, scazzottare e sparare un po’ in giro tra trappole, amici che si rivelano nemici e quant’altro.

Riesce ad eliminare a botte l’agente Michael Fassbender e termina con il pestaggio sulla spiaggia (un po’ alla 007) dell’ex compagno Ewan McGregor.

Anche se diretto senza lentezze è un film dal ritmo non particolarmente trascinante, dove “l’azione” dovrebbe sopperire a qualsiasi psicologia della protagonista e degli altri partecipanti. Ed è questa la pecca peggiore del film oltre ad un montaggio più riflessivo che esplosivo, una protagonista pur credibile non particolarmente ‘ simpatica ‘ e una suspense molto sullo sfondo.

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