Abbiamo visto “ La battaglia dei sessi “ diretto da Jonathan Dayton e Valerie Faris.

con Emma Stone, Steve Carell, Andrea Riseborough, Sarah Silverman, Martha MacIsaac. Genere Commedia/Biografico – Usa, Gran Bretagna, 2017, durata 121 min. Uscita, giovedì 19 ottobre. Distribuito 20th Century Fox.

La battaglia dei sessi non è altro che una partita di tennis ( nella realtà sono state tre, nel film se ne raccontano due ) che si è svolta nel 1973 tra la tennista King e l’ex campione ormai ultracinquantenne Riggs. Altri tempi, contesti apparentemente più lievi e giocosi ma non meno seri, tra chi vuole – con la lotta femminista – dimostrare che donne e uomini pari son nei diritti e nello sport e chi – infondo non credendoci del tutto – asserisce che l’uomo è superiore alla donna nello sport ma anche nel quotidiano. Ma lo scontro dal d.n.a. molto statunitense racconta molto altro e rende questo film dal tono leggero un film importante e riuscito. Bobby Riggs ( un perfetto Steve Carell ) è un ex campione di tennis degli anni quaranta, sposato con una moglie ricca e con un figlio ancora piccolo, ma è del tutto insoddisfatto della sua vita seria e adulta, perché è un baro di professione, ama giocare a carte, scommettere su tutto, ma anche essere sotto i riflettori, insomma un simpatico e cosciente peter pan con la faccia da schiaffi; Billie Jean King ( una bravissima Emma Stone ) è la migliore tennista americana, femminista, lotta per i diritti delle sportive che consistono nell’uguaglianza tra i sessi ma anche economica tra i tennisti ed è sposata con un uomo che più easy non potrebbe, ma vive un momento di transizione e di confusione personale: si sta innamorando di una donna. Bobby per uscire dal suo cono d’ombra anche finanziario propone a Billie una sfida a tennis pubblica e televisiva, ma lei che ritiene la lotta femminista e il tennis cose serie rifiuta questa pagliacciata. Accetta, per una bella somma, Margaret Court divenuta la numero 1 al mondo proprio quell’anno, Riggs si prepara a dovere e infligge una dura sconfitta all’avversaria. E grazie a questa partita lui ritorna a essere famosissimo, appare sulla copertina di Time Magazine e lancia una sfida di ben centomila dollari alla donna che lo sconfiggerà in un incontro di tennis. La King non è interessata al denaro ma vuole punire colui che afferma – sparandole sempre più grosse – che gli uomini sono superiori e le donne devono stare a casa a cucinare e curare i figli, decide quindi di accettare la sfida. E in quel 1973 la loro sfida diventa l’avvenimento sportivo televisivo dell’anno, con più di 90 milioni di spettatori in tutto il mondo e la rivalità tra i due si acuisce sempre più fuori dal campo e nei programmi televisivi, anche se tra i due non c’è in realtà alcun livore…

 

Una tipica storia americana raccontata con occhio e sensibilità europea.

La battaglia dei sessi è soprattutto un film scritto benissimo e interpretato magistralmente da due attori unici. E ci dimostra che lo sport – soprattutto quello individuale – può servire come perfetta metafora per raccontare i tempi sociali e i suoi cambiamenti. Lo scontro – realizzato mai con ferocia ma con leggerezza e grazia – tra un uomo e una donna – per dei diritti di uguaglianza che può essere anche economica – si materializza nel puro spirito americano degli Anni Settanta ma con una sensibilità e una profondità in puro stile europeo. Perché nel confronto-scontro c’è un umorismo british che toglie qualsiasi possibile superficialità o grevità, e mostra coerentemente, e mai in seconda battuta, che i due contendenti sono anche due persone fragili, alla ricerca di una propria reale identità, l’una sessuale, l’altra sociale ed esistenziale. Solo la ottima sceneggiatura di Simon Beaufoy ha potuto evitare tutti i trabocchetti e valorizzare al meglio uno sport, il tennis, che al cinema non ha mai trovato un suo respiro naturale.

 

Il miglior film di questo inizio di stagione, grazie a produzione, scrittura, regia e attori che hanno trovato una sintesi e un’armonia quasi perfetta.

Probabilmente La battaglia dei sessi otterrà alcune nomination agli Oscar e questo è dovuto a tutti i settori del film, partendo da produttore Danny Boyle ( 127 ore, Steve Jobs ) che avrebbe potuto dirigere il film ma era già impegnato per il suo Trainspotting 2, dalla scrittura di Simon Beaufoy ( Full Monty, 127 ore, vincitore dell’Oscar per The Millionaire ), dalla accurata e mai invasiva regia da Valerie Faris e Jonathan Dayton ( sposati da trent’anni, autori di famosi video musicali per gli Oasis, i Red Hot Chili Peppers, i R.E.M. e registi del bel film pluripremiato Little Miss Sushine ) e dall’interpretazione del sempre più sorprendente Steve Carell ( attore comico da qualche film passato a ruoli più impegnativi ), nei panni di Bobby Riggs e dal premio Oscar Emma Stone, tra le più importanti giovani attrici americane emerse negli ultimi anni. Ma è da segnalare tutto il cast e in particolare Bill Pullman, Alan Cumming e Elisabeth Shue.

 

 

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