Goffredo Fofi
Kenzaburo Oe, La vergine eterna
Oe ha scritto questo romanzo a 72 anni, sentendosi vecchio. Pieno di riferimenti storici e letterari, il libro può far pensare alle estenuanti esercitazioni dei professori-scrittori detti postmoderni, testi quasi sempre senz’anima né corpo (tanti anche in Italia), ma ne è lontanissimo per lo spessore di ciò che mette in campo. Il vecchio Oe, con un figlio handicappato e melomane, è raggiunto da un amico di ieri, quasi un vecchio travestito da giovane, un produttore che vuol tornare a un vecchio progetto – voluto da un’attrice celebre nel dopoguerra in film internazionali – ispitato al Michael Koolhaas di Kleist, storia di ingiustizia e vendetta, ma ambientato nel passato giapponese delle tragiche rivolte contadine.
Tra ieri e oggi, la storia della diva s’intreccia magistralmente all’evocazione di Annabel Lee e Lolita, e quella di Oe parte dal poeta perseguitato Kim Chi-ha ma dice dolore e umiliazione e coraggio delle donne di fronte alla violenza della storia e degli uomini, dice gioventù e vecchiaia, dice la matassa che lega vita e arte per concludere sull’originale progetto di film steso da Malcolm Lowry per Tenera è la notte di Fitzgerald. Vita e arte si rivelano a vicenda in un romanzo (dal titolo italiano abusivo?), che dimostra come si possa esser molto colti e avere però tanto e di originale da dire.

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