Da L’uomo che voleva essere re di Rudyard Kipling John Huston trasse un film nel 1975 con Christopher Plummer che impersonava lo stesso Kipling. I due protagonisti erano Sean Connery e Michael Caine nei panni di Daniel Dravot e Michael Caine in quelli di Peachy Carnehan. Un po’ come i Rosencrantz e Guildenstern di Shakespeare i due partono in missione verso l’assurdo. Puntano al Kafiristan, terra immaginaria al di là della porta afgana del Khyber Pass. Il loro scopo è diventarne i legittimi sovrani. Kipling, inventore e grande giocatore del Grande Gioco — la scacchiera asiatica contesa tra Russia e Inghilterra — riesce a creare in queste poche pagine ascesa, potenza, declino e caduta di ogni ambizione umana. La sete di potere che guida gli uomini, il contratto che firmano con il sangue e l’anima, le prove che sono disposti ad affrontare pur di far divampare la scintilla di tenebra che li porta verso il trono di Dio. Poi, come scrive Kipling, mentre «il quotidiano rimane lì e noi con lui», «la ruota del tempo gira e ripercorre le stesse stagioni». E gli uomini che scalano montagne, conquistano città grazie alla potenza di fuoco della tecnologia dell’uomo bianco e assoggettano altri uomini al loro volere, alla fine inciampano e tornano, se tornano, da dove erano partiti. «Ammira adesso l’Imperatore come appariva allora, il re del Kafiristan con la corona sul capo. Povero vecchio Dan, che una volta fu re!» Kipling non scrive mai solo storie, scrive la nostra storia eterna.
L’uomo che voleva essere re di Rudyard Kipling

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