Abbiamo visto “ Manchester by the Sea “ regia di Kenneth Lonergan.

con Casey Affleck, Michelle Williams, Kyle Chandler, Lucas Hedges, Gretchen Mol. Genere Drammatico – USA, 2016, durata 135 minuti. Uscita sale giovedì 16 febbraio 2017.

 Manchester by the Sea è uno di quei film che si può ascrivere al filone delle persone comuni senza storia. Persone semplici che vivono vite anonime e normali e non hanno nulla da aggiungere. E se capita non riescono a elaborare le disgrazie o le disavventure, e proseguono nella vita in modo silente se non muto. Una specie di verismo verghiano collocato nella periferia americana di oggi. E’ indiscutibilmente un film particolare che lascia sentimenti contrastanti, si potrebbe dire che è una storia che risulta così vicina ma anche così lontana come rappresentazione della cognizione del dolore e del senso di colpa rimosso ma tuttavia presente. Da un lato lascia lo spettatore partecipe e complice ma lo rende un po’ distante dal protagonista e dai suoi drammi. Nemmeno un grammo di melò, senza alcun ottimismo ma a volte ironico e leggero. Una specie di facce di Giano, se da un lato ha una trama in parte già vista ( Gente Comune, tanto per indicare il film di Redford ) e un’impostazione classica se non un po’ prevedibile, allo stesso tempo in alcuni scene risulta sperimentale e coraggioso ( come le due scene in cui compare Michelle Williams – la moglie del protagonista – la prima è a letto con la sinusite e nella seconda riempie di contumelie gli amici del marito che bisbocciano in casa ). Se l’interpretazione per sottrazione del bravo Casey Affleck, come del giovane Lucas Hedges ( ma tutto il cast è perfetto ) è potente così alcune scene sembrano un po’ fini a se stesse e non motivate ( il giovane Hedges sempre calmo e abbastanza equilibrato viene presentato nella prima scena come un giocatore di hockey rabbioso e violento ). C’è una sceneggiatura scritta bene, con buoni dialoghi ma la scelta registica della colonna sonora, a parer nostro, è inadeguata se non sbagliata ( musica classica di Cherubini e musica sacra nei momenti drammatici, musica di Albert King o Ray Charles in quelli più leggeri ); così come la simbologia della neve per raccontare il gelo interiore del protagonista o il mare in tempesta per rafforzare lo stato d’animo del giovane sembrano un po’ troppo semplicistiche, per non dire di alcune immagini del paesino sul mare quasi cartolinesche stridono in parte con il buon prodotto. Anche la scelta dei due finali ci lascia un po’ spiazzati, entrambi simili, entrambi con i due protagonisti di spalle, ma mentre nel primo ( zio e nipote pescano di spalle sulla barca ) lascia la classica interpretazione psicoanalitica, la seconda con i due che giocano a palla camminando in salita ci manda un messaggio opposto al primo, molto più bonario e leggero.

Tutto questo nasce forse dal fatto che il regista Kenneth Lonergan ( già sceneggiatore di film come Terapia e pallottole e Gangs of New York ) e regista di soli tre film tra cui Conta su di me e Margaret non ha trovato ancora il tocco da autore nonostante le sue buone intenzioni.

Manchester by the Sea è il nome di un paesino del Massachusetts di circa 5000 anime dove è nato e vissuto il protagonista fino a qualche tempo prima. Lee Chandler adesso vive solitario come portiere tuttofare nella periferia di Boston. Passa il tempo a riparare sciacquoni e lampadari nelle case di povera gente, per il resto spala la neve e vive in un seminterrato poco ospitale; la sera la passa da solo a bere birra in un locale o a vedere partite in televisione. Potrebbe riiniziare una vita, ci sono donne che lo vorrebbero conoscere e invece vive nel silenzio e nel lutto più totale. Perché conduce una vita al limite del subumano ? Perché è tormentato da qualcosa che gli è successa nel passato e con cui non è riuscito a conciliarsi o perdonarsi almeno un po’. Un giorno gli giunge la notizia della morte del fratello ed è costretto a tornare a casa per almeno una settimana. Ci sono le pratiche per il funerale, bisogna che provveda ai bisogni del nipote adolescente Patrick, e scopre dal notaio di essere stato nominato tutore del nipote in quanto unico parente, la madre del ragazzo vive lontano ed è caduta nell’alcool e nella droga. Lee non sa che fare, vorrebbe lasciare il ragazzo a qualche amico comune affidabile, e cerca di capire come organizzarsi prima di tornare a Boston. Ma rientra almeno in parte nella realtà che aveva abbandonato, anche se in maniera superficiale prende contatto con gli amici di un tempo e cerca un possibile lavoro da quelle parti, ma senza successo. Intanto ci sono i primi scontri col nipote che vorrebbe una totale indipendenza e risente anche l’ex moglie Randy che ha un altro uomo e aspetta un figlio ma che è anche lei ancora devastata da ciò che è successo. La permanenza per un inverno intero nel suo paese porta Lee a confrontarsi ( e noi con lui veniamo a conoscenza dell’immane tragedia che ha provocato e vissuto ) con ciò che ha messo in un angolo della coscienza e che lo ha portato a vivere da solo, senza speranze e senza possibilità di redenzione.

Manchester by the Sea è un dramma raccontato bene, senza alcuna pesantezza e il regista ha il coraggio di prendersi il tempo necessario per sviluppare la storia con un ritmo disteso, naturalistico ma anche senza pause, rendendo le oltre due ore e mezza naturali e necessarie.   Sa emozionare e coinvolgere senza dover cadere nella trappola del dramma e nelle lacrime a tutti i costi, i vari flashback risultano un po’ didattici ma sono anche intensi e puntuali.

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