Abbiamo visto “ Mistero – a Crooked House “ regia di Gilles Paquet-Brenner.

con Gleen Close, Terence Stamp, Max Irons, Stefanie Martini, Gillian Anderson, Christina Hendricks. Genere, Giallo. Gran Bretagna, 2017, durata 90 minuti. Uscita, martedì 31 ottobre 2017 distribuito da Videa – CDE.

Pubblicato nel 1949, E’ un problema ( edito da Mondadori ) è stata probabilmente il romanzo più di successo della Christie ( che ha venduto nel mondo complessivamente oltre due miliardi di copie ), ma anche il suo preferito, per come è scritto, per l’originalità del plot, l’inserimento di alcuni ingredienti e per la costruzione delle dinamiche di una famiglia patriarcale inglese e forse anche perché l’editore ha chiesto di modificare il finale; per l’epoca, forte e in controtendenza ). Riadattato per lo schermo dal premio Oscar Julian Fellowes ( Gosford Park, 2002, La fiera della vanità, 2004 ) è diretto con accuratezza da Gilles Paquet-Brenner che prova – pur restando nell’alveo classico – di inserire momenti di regia che si rifanno al grande cinema degli Anni Quaranta, da quello di Welles a quello di John Huston, occhieggiando al genere hard boiled alla Hammett, con la figura di un detective che non ha un caso da tempo e ha bisogno di pagare le bollette e ritinteggiare le pareti del suo incasinato ufficio; non disdegnando momenti nella fotografia ( molto bella, di Sebastian Winterø ) che omaggiano a film come Chinatown. A questo si aggiungono delle scenografie ( Rebecca Gillies ) molto attente e accurate – ogni stanza della maggione Leonides è una trasposizione del carattere del residente e quindi ognuna molto differente dall’altra. Forse chi ama lo stile Poirot o miss Marple avrà qualcosa da ridire, ma chi vuole vedere una storia di Agatha Christie ( da anni lontana dagli schermi ) con qualcosa di un po’ differente apprezzerà l’operazione.

Siamo alla fine degli Anni Cinquanta, a cavallo di grandi cambiamenti, c’è ancora il retaggio della Seconda Guerra Mondiale ma avanza il rock and roll, c’è ancora la pena di morte ma il costume degli inglesi sta cambiando. Il multimiliardario patriarca greco Aristides Leonides muore in circostanze misteriose ( conosciamo la sua esistenza da un cinegiornale in bianco e nero sullo stile Quarto Potere ); la nipote Sophia ( Stefanie Martini ) allora chiede all’investigatore privato Charles Hayward ( uno sbiadito Max Irons ), suo ex amante in Egitto, lasciato da lei e ancora innamorato, di indagare e di stabilirsi nella tenuta di famiglia. Charles entra così in contatto con tre generazione della dinastia dei Leonides, su cui veglia con cinismo e classe la signorina Edith ( una sempre splendida Gleen Close ), scoprendo una realtà fatta di odi reciproci, insicurezze caratteriali, arroganze e mediocrità. Mentre si scopre che il vecchio Aristides è stato avvelenato, quasi tutti possono essere sospettati del delitto, ma l’investigatore ci gira intorno senza grande talento – nonostante sia ritenuto anche dalla polizia molto abile per i suoi trascorsi – forse anche perché teme che sia stata proprio l’amata Sophia a commettere il delitto: non è lei che eredità tutto ? Non è lei ad aver fatto la puntura per il diabete in cui dentro c’era ciò che ha ucciso il vecchio patriarca ?… Nel frattempo muore anche una domestica, vengono accusati dalla polizia due amanti, e assistiamo ad un finale imprevedibile.

Il detective Charles Hayward interpretato da Max Irons ( figlio dl Jeremy ) è forse il punto dolente del film, senza alcun fascino né simpatia si aggira nel film non creando alcuna empatia con lo spettatore né tantomeno mostrando lucidità nell’investigazione ( nel film invece è un giovane brillante e di grandi possibilità e viene ritenuto dal capo della polizia inglese un abile segugio tanto da proporgli di essere assunto ), per fortuna che a dirigere le danze c’è quell’incredibile attrice che è Gleen Close, che rende magistralmente un cuore in inverno, cinico e altero, alla fine della vita e deus ex machina del destino di una famiglia. Tutti gli altri attori recitano con sicurezza, ma sembrano un po’ lasciati da soli da una regia molto più attenta a seguire la costruzione registica che non gli attori. Nel cast il mito Terence Stamp, ma relegato in un ruolo secondario e Juilian Sands, con una carriera un po’ spenta, dopo i brillanti esordi da Urla del Silenzio, a Camera con vista a Il pasto nudo.

 

Voto 6 e mezzo

 

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