Abbiamo visto “ Senza lasciare traccia “ diretto da Debra Granik.

Titolo originale: Leave No Trace, Scritto da Debra Granik, Peter Rock,  Anne Rosellini.  Scenografia di Vanessa Knoll, Fotografia di Michael McDonough, Musiche di Dickon  Hinchiffe, Montaggio di Jane Rizzo.  Con Ben Foster, Thomasin McKenzie, Jeff Kober, Dale Dickey, Peter James DeLuca.  Genere DrammaticoUSA, 2018, durata 108 minuti. Uscita cinema giovedì 8 novembre 2018.

Finalmente, in questo inizio di stagione cinematografica modesto, dopo alcuni film d’autore incompiuti, prevedibili, presuntuosi, che lasceranno poca traccia, ecco un film vero, poetico, sottilmente politico, perfetto nella narrazione e per niente prevedibile nei suoi passaggi centrali.   La regista indipendente  Debra Granik ( dopo Down to the Bone e il sorprendente narrativamente Un gelido inverno del 2010 ) conservando la stessa freschezza e un limpido sguardo della realtà, porta sullo schermo questo film semplice che emoziona nel suo svolgersi originale, a volte imprevedibile, con pochi dialoghi e senza alcuna prolissità di montaggio.  Il raccontare la storia senza doverla introdurla e motivarla   rende il film moderno e anticonvenzionale; in più tutto il pericolo dei luoghi selvaggi e la violenza delle estreme periferie degli Stati Uniti – oramai reali ma fin troppo vistai – si stemperano in un popolo marginale ma solidale e umano cosa che ci riporta ad una realtà poco raccontata.  A parte qualche cenno senza troppa importanza, non viene detto niente sulle scelte di Will e sul perché, con sua figlia tredicenne Tom, vivano nei boschi senza voler lasciare alcuna traccia.  Il loro rapporto in simbiosi ma sano di padre e figlia risulta da subito empatico con lo spettatore, senza bisogno di dialoghi o spiegazioni ed evita quasi tutti gli stereotipi con cui lo spettatore è abituato filmicamente a confrontarsi.  La perfetta regia e i due attori – che appaiono in simbiosi per naturalezza – rendono da subito lo spettatore solidale e sembra di seguire due di famiglia mentre i luoghi in cui vivono sono una specie di casa comune, tanto che quando sono costretti ad andare in città per comprare delle cose, l’atmosfera e l’immagine del traffico, dei ponti e dei supermercati danno un profondo fastidio quasi a condividere con loro la fuga ‘ dalla civiltà metropolitana ‘.

 

Debra Granik ha un tocco lieve nel raccontare la vita dura degli spazi montuosi in cui vivono i protagonisti, senza tuttavia tralasciare nulla della difficoltà del vivere, e il sentir ripetere da parte della figlia la parola ‘ Papà ‘ mostra un reale senso dei ruoli affettivi e non un generico richiamo metropolitano.  La magia di questo film è che in alcuni momenti vorresti vivere con loro e che la bellezza incontaminata della natura prevalga sulle nostre abitudini metropolitane.  Un film che scorre senza prevedibilità, velocemente e stupendoci della naturalezza dei passaggi psicologici.

Uscito oggi nelle sale, è già relegato in pochi cinema, e nelle salette da cinquanta posti, ma è tra i pochi film ad aver raggiunto il 100 per cento sul popolare sito Rotten Tomatoes: delle quasi 200 recensioni di critici professionisti raccolte sul sito, tutte sono state considerate positive.  Quindi se amate un cinema in controtendenza e originale correte a vederlo prima che qualche film d’azione sfiatato o qualche commedia di plastica prenda il suo posto.

 

Will è un uomo di circa quarant’anni ( Ben Foster, già visto in X-Men, Alpha Dog e Ingannevole è il cuore più di ogni cosa, della nostra Asia Argento ) e la figlia tredicenne ( la diciottenne neozelandese Thomasin McKenzie, al suo primo ruolo da protagonista ) sono legatissimi affettivamente, vivono in un bosco vicino a Portland, in Oregon, lontano da qualsiasi forma di civiltà.  Vivono come possono, fanno il fuoco, bevono l’acqua della poggia che cade, mangiano prendendo funghi o erbe dal bosco e se possono cucinarli sono felici, dormono coprendosi da fasci di foglie e da legname che raccolgono e tagliano; si spostano per non essere scoperti come fosse un colpa vivere in questo modo.   Qualcuno li scopre e li denuncia e la polizia si mette alla loro ricerca per arrestarli e riportarli nella civiltà.  Li separano, li mettono in un istituto per compendere se sono ‘ normali ‘ o dissociati, gli fanno dei test attitudinali e devono rispondere a centinaia di domande e scoprono che lei è più istruita dei suoi coetanei nonostante non sia mai andata a scuola e abbia studiato solo con il padre; un’assistente sociale gentile prova a farli inserire nella società normale portandoli in una casa in un luogo molto naturale e ai margini della città.  Lui deve lavorare tagliando alberi  e la ragazzina dovrebbe andare a scuola.  Ma questa vita di mezzo tra civiltà e natura non è facile per il padre, mentre è piacevole per la ragazzina che entra in contatto con dei coetanei, con dei cavalli e una scuola per allevare conigli.  Will lavora, non crea problemi, va anche a messa la domenica, ma si sente limitato e costretto anche in questa realtà e decide di fuggire con la figlia per un altro luogo solitario e naturalistico più lontano.  Dopo un attraversamento dell’America in autobus e in autostop, si riadattano alla vita dura e selvaggia dei boschi del nord, trovano una casa abbandonata in cui fermarsi per superare il freddo e la fame; lui si allontana da solo per cercare un posto più lontano in cui stabilirsi, cade, si fa male a un piede e rischia di morire.  La figlia si mette a cercarlo, riesce a salvarlo con l’aiuto di  persone che vivono nel bosco ma in maniera meno ‘ selvaggia ‘. Sono accolti in una piccola comunità per nulla invasiva, lei si inserisce bene tra queste persone ma il padre appena può camminare vuole di nuovo riprendere il cammino solitario ma…

 

Il film è tratto da una storia vera, scritta da Peter Rock autore del libro ‘ My Abandonment ’. Nel 2004 a Forest Park – un grande bosco vicino a Portland vengono trovati un uomo e la figlia.  Vivono da soli nel bosco da quattro anni.  Vanno in città solo perché lui possa rivendere ad altri le medicine prescritte in quanto ex soldato affetto da disturbo da stress post-traumatico, così da poter poi comprare quel che serve per vivere nel bosco.

Senza lasciare traccia esce in Italia in questi giorni, è stato presentato al Sundance Film Festival e al Festival di Cannes, alla Quinzaine des Réalisateurs.  È piaciuto alla critica e al pubblico dei festival per la regia, per tutti gli attori e per la storia originale.

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