Abbiamo visto “ Taken 3 – l’ora della verità “ regia di Olivier Megaton.

Prendete un regista di action che dovrebbe conoscere i ritmi ma non si cura della storia; prendete un ex grande regista degli Anni Novanta ( Luc Besson, l’autore di Subway, Nikita, Leon ) ma che poi è scoppiato per troppo ego e spesso sceneggia stupidate sfasate e le produce; prendete un attore ( Liam Neeson, dalla carriera come su un otto volante, da Mission, Schindler’s List, Mike Collins fino alla miniserie cinematografica, sempre prodotta da Besson, come Io vi troverò e Taken 2 – la vendetta ), non particolarmente dotato per il genere action, dall’aspetto più morbido che da duro per forza, genere Bruce Willis; ed ecco Taken 3. Sbagliato nel ritmo, banalissimo nella trama quasi televisiva, lento al punto che la storia si decide a partire quasi a metà del secondo tempo, mentre prima è un effluvio di bontà familista e di stupidità poliziesca, dove sia lui – incredibile ex agente con licenza di uccidere e senza passato ufficiale – sia la polizia per quasi tutto il film sembrano come quegli stupidi a cui si mostra la luna e guardano il famoso dito: girano a vuoto quando tutto sembra urlare al colpevole. Tutto è chiaro per lo spettatore sin nell’introduzione, già dopo un po’ – ci sono immagini che registrano un rapimento – ci sono mille indizi, ma sia il protagonista che la polizia ci arrivano dopo oltre un’ora di film, e solo alla fine si scopre che il cattivo è veramente cattivo, ma quello che è più grave è che per tutto il primo tempo la storia gira a vuoto senza action né scazzottate né alcun colpo di scena, come un bradipo di spettatore si aspetterebbe avendo pagato 8 euro.

Tekken 3 ( ” Pugno di ferro ” ) è un videogioco definito ‘ picchia duro ‘:il nome del torneo di arti marziali in cui si cimentano i protagonisti, che ambiscono al titolo di “The King of Iron Fist Tournament” ( in italiano “Re del Torneo del Pugno di Ferro ), ma nel film non c’è nulla di tutto questo. Non c’è storia reale né tantomeno eccesso: certo reale per il meccanismo di partenza, certo eccesso perché qualcuno entra in un ascensore con l’auto fa una decina di piani nel vuoto, vede l’auto incendiarsi, distruggere un edificio e uscire senza nemmeno un bernoccolo da quell’inferno. E’ un classico film, in questo caso più sbagliato di altre volte, in cui un signore in pensione, buono come il pane, si ritrova a vivere una condizione straordinaria per cui rispolvera arti che non ha più usato da anni.   E il protagonista ha più il viso e l’atteggiamento di un curato di campagna che non di una macchina per uccidere, e Besson lo scrive in modo zuccheroso e fastidioso. A questo aggiungete un finale da baci perugina e scappate dalla sala un po’ rintontiti da troppo zucchero filato.

Bryan Mills è un ex agente segreto americano buonissimo, al punto che alla figlia ventenne, che vive con il compagno, per il compleanno regala un panda gigante come se avesse sette anni.   E’ divorziato dalla moglie Lenore ma la ama ancora e quando lei si offre a lui il buon Bryan dice di no perché lei è ancora sposata. Trascorre la sua pensione tra giocate a golf con gli amici e cenette da solo, insomma una vita da pensionato talmente ordinaria che nemmeno un ex postino. Una sera, il marito di lei, Stuart, si presenta a casa e gli domanda di non vedere più Lenore e lui acconsente. La mattina dopo però Bryan riceve una mail dalla sua ex per una colazione assieme, va a prendere le ciambelle calde e quando torna a casa la trova morta nel suo letto. Sopraggiunge la polizia e lo accusa immediatamente dell’omicidio. Quasi arrestato Bryan decide di fuggire e di dimostrare la propria innocenza.  Lo aiuteranno nel tentativo dei suoi amici pensionati, ex agenti segreti, mentre la polizia pensa solo a ricercarlo senza fare alcuna indagine…

Nonostante Besson sia stato un grande regista e abbia scritto o diretto almeno una cinquantina di film sembra non stancarsi degli action-movie e probabilmente tornerà a raccontarci di Mills e di suoi simili anche se le storie diventano sempre più trite e inferiori alle ottime doti professionali che ha dimostrato fino ad un certo punto. Fosse anziano potremmo comprenderlo ma avendo da non molto superato i cinquanta è veramente un peccato un riflusso professionale del genere.

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