Anni Cinquanta. Freddie Quell ( Joaquin Phoenix ) vive sulla propria pelle le conseguenze del secondo conflitto mondiale, vagabondando per le strade senza alcuna certezza o valori in cui credere. Nel suo errare, si imbatte un giorno in Lancaster Dodd ( Philip Seymour Hoffman ), un veterano di guerra fondatore e leader carismatico di un gruppo pseudo-religioso basato su metodi piuttosto innovativi. Ammaliato da quell’universo che sembra offrire risposte alle sue domande, Freddie ne diventa uno degli adepti subendo il fascino della figura di Lancaster, divenuto per lui uno spirito guida da ossequiare e seguire.
L’AMERICA IRREQUIETA
All’indomani della Seconda guerra mondiale, comincia a emergere l’immagine di una America irrequieta. Gli Stati Uniti attraversano un momento senza precedenti di crescita e aspirazioni nazionali ma anche di inquietudine e sradicamento. La combinazione di questi elementi contrastanti scatena una cultura di ricerca e indagini che perdura per tutto il XXI secolo. I giovani soldati tornano a casa con addosso i sentimenti contrastanti causati in loro dall’aver preso parte a una guerra assurda e crudele si ritrovano in un mondo nuovo, forgiato dal consumismo e dall’ottimismo. Coloro però che aspirano a qualcosa più grande di loro o che va al di là delle proprie possibilità finiscono spesso risucchiati dal mix di confusione, ansia e barbarie del mondo moderno. Questo è il quadro storico in cui si situa The Master, sesto film di Paul Thomas Anderson premiato alla 69ma edizione della Mostra internazione del Cinema di Venezia con il Leone d’Argento alla Regia e la Coppa Volpi per l’interpretazione maschile ai protagonisti Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman.
The Master racconta nello specifico l’odissea di Freddie, un ex ufficiale di marina non in grado di riadattarsi alla vita di tutti i giorni che intraprende un imprevedibile percorso quando si imbatte nella nascita di un movimento noto come la Causa. Rimanendo ai margini della Causa, Freddie alla fine diventa un erede surrogato del suo carismatico leader Lancaster Dodd e, nonostante il movimento insegni a controllare le umane emozioni, il cameratismo tra Freddie e Dodd toccherà l’apice in un feroce ed intimo scontro di volontà.
UNA VITA AI MARGINI
In ogni suo film, Paul Thomas Anderson si è mosso ai margini delle frontiere emotive, familiari e storiche. In Sydney, pellicola di esordio, ha raccontato le vicende di un vecchio giocatore d’azzardo che prende sotto la sua ala protettiva un giovane meno fortunato di lui con risultati imprevedibili. In Boogie Nights. L’altra Hollywood sceglie come contesto di riferimento il dietro le quinte del mondo del cinema per adulti nella Hollywood degli anni ’70/’80. In Magnolia costruisce un intreccio tra le storie di nove persone in crisi che si connettono durante una serata magica nella San Fernando Valley. InUbriaco d’amore segue i fulminanti incontri di un uomo d’affari single con l’amore e il terrore. In Il petroliere, infine, viaggia fino al secolo scorso per affrontare l’epica avventura di un cercatore che trasforma se stesso e un’intera cittadina attraverso la ricerca del petrolio. Seguendo questa scia, con The Master Anderson si concentra sulla nascita di un nuovo “modello familiare” americano dopo gli sconvolgimenti della Seconda guerra mondiale, ovvero sulla costituzione dei gruppi spirituali alternativi e le nuove religioni.
Dall’ascetismo orientale alla dianetica (corrente di pensiero su cui si basa anche Scientology, la “chiesa” fondata da L. Ron Hubbard molto in voga anche a Hollywood), gli anni Cinquanta del Novecento sono diventati il terreno ideale per la nascita di comunità dedite all’esaltazione di culti incentrati sulle potenzialità dell’uomo. Spesso mosse da buone intenzioni, le comunità trovano seguito per via del desiderio ottimista della gente di cambiarsi e trasformare il mondo che li circonda in modo che non si ripetano gli orrori visti durante il conflitto. La guerra lascia in tutti almeno due domande a cui ognuno necessita di trovare risposta: “Dove vanno i morti?” e, soprattutto, “Perché ciò è stato possibile?”.
Il “perché” in Anderson ha portato alla creazione del personaggio di Freddie, un uomo alla deriva, perso in una spirale di dipendenze e oblio. Quando incontra Lancaster Dodd, anch’egli uomo della Marina, Freddie è convinto di trovarsi a conoscere qualcuno che ha scoperto come aiutare l’umanità a superare il suo lato animale più oscuro e pericoloso. Con al centro Freddie, la storia di The Master diventa profondamente intima, seguendone con realismo ogni tribolazione, sogno e/o fantasia prima e durante l’adesione alla Causa e tracciandone un percorso pieno al tempo stesso di speranza e distruzione, di ribellione e lealtà e di incertezza e passioni.

L’OPINIONE PIÙ VOTATA in FILM-TV
Di Spaggy scritta il 01/09/2012
La fine della Seconda guerra mondiale permette a Freddie Quell di smettere di uccidere nemici e di avere amplessi immaginari con donne di sabbia. Il conflitto non ha devastato solo terre, popoli ed equilibri mondiali, ha soprattutto divorato la ragione degli uomini. E la ragione di Freddie, ormai in balia della violenza e dell’alcol, sembra riconoscere un solo bisogno: il soddisfacimento dei propri bisogni animali. Come una bestia, ha bisogno di mangiare, bere e soprattutto fare sesso: alla prima visita dallo psicologo militare, Quell fa capire cosa al momento lo ossessiona: il bisogno di un corpo femminile dentro cui perdersi più che il calore di un abbracio.
La guerra ha disilluso ogni sua aspettativa sul futuro, l’unico porto sicuro in cui vorrebbe approdare è casa della fidanzatina Doris, lasciata poco prima con la speranza di tornare presto a riprenderla e sposarla.
Il ritorno alla normalità però prende la piega dell’odissea, del processo di formazione mancatogli per colpa di un padre morto e una madre pazza. Il dubbio che anche Freddie sia pazzo attanaglia più volte lo spettatore fino a quando ci si rende conto di avere di fronte un bambino cresciuto troppo in fretta, senza gli insegnamenti di un maestro di vita e senza le indicazioni di qualcuno veramente interessato a lui.
La dipendenza dall’alcol e l’istinto di sopravvivenza, che spingono Freddie alla rissa e alla violenza, lo mettono in fuga da un posto all’altro fino a quando sul suo cammino non incontra casualmente la Causa, il movimento fondato dal dottore – senza laura – Lancaster Dredd. In un rapporto di interdipendenza reciproca, Freddie comincia a guardarsi dentro, a chiudere gli occhi e a “ricordare le vite precedenti” confrontandosi con se stesso e imparando a camminare da solo.
The Master di Anderson non è un film su Scientology. Semmai, è un’opera celebrale che si interroga sulla caducità del sistema americano e sul rapporto tra l’uomo e Dio, costruendo un percorso che procede per elementi dicotomici, grandezza della recitazione, campi e controcampi alternati in una fotografia che imbriglia l’immaginazione. Concentrato di elevata professionalità attoriale e regia attenta – ma troppo concentrata su di sé per ricercare nuove vie dello sviluppo narrativo -, The Master ci presenta almeno un paio di elementi su cui riflettere.
Anderson costruisce la sua storia raccontando di un uomo che per raggiungere l’indipendenza ha bisogno prima di dipendere da un “Signore”. Che sia in cielo o che sia in terra non fa differenza: Lancaster, con la sola parola, affabula, raduna fedeli, rischia la derisione e non ammette contraddizione per i suoi dogma. Novello Cristo del XX secolo, ha sposato la sua Causa e la porta ad espandersi, scrivendo libri, praticando terapie psicoanalitiche sui propri “adepti” e cercando approvazione. Non ammette che si metta in dubbio il suo credo e non ammette che il suo popolo ne abbia: affidandosi prima alla memoria e poi all’immaginazione, seduce i seguaci, li prende per mano e li porta sul letto delle sue teorie.
Talvolta li violenta, li spinge faccia al muro e fa loro male: serve al loro bene. E il suo metodo trova conferme nell’evoluzione di Freddie: da bestia feroce ad animale ammaestrato. Animale ammaestrato che ritrova il proprio istinto nel momento in cui viene messo di fronte alla perdita di ciò che ha di più caro. La pedina, l’oggetto di studio e il caso umano scelgono di riprendersi la vita in mano e rompere quel legame di interdipendenza che allievo e maestro avevano instaurato. Se per Freddie Lancaster è un pigmalione, per Lancaster Freddie è quel vento di sfida a cui non può rinunciare, l’appiglio a cui aggrapparsi per sentirsi vivo, il lato selvaggio da riscoprire pur nascondendosi da tutti. Due uomini che si incontrano e scontrano ma che in quel momento delle loro esistenze hanno l’uno bisogno dell’altro: entrambi sono fantasmi, due frutti del fallimento del sogno americano.
L’immanenza del qui e ora di Freddie poco concilia con la supponenza del là e dopo di Lancaster. Vivere alla giornata non è ammissibile per chi come Lancaster pianifica l’esigenza di un futuro sicuro e controllabile, avallato soprattutto dai diktat di Kim, l’ultima delle sue moglie e vero deus ex machina. Se le donne di Freddie sono utopiche, irraggiungibili, assenti o corpi da possedere, l’unica donna di Lancaster è Kim, colei che gli tiene testa e in gran segreto decide per conto suo. è lei che valuta come la Causa e i suoi metodi debbano progredire, è lei che senza esitazione suggerisce, pianifica e arriva ad imporre.
Nel costruire la storia, Anderson oppone il ristretto e claustrofobico labirinto della mente agli sterminati e aperti spazi fisici – isole tropicali, oceani e praterie -, così come oppone il chiuso in cui si svolgono le attività della Causa all’apertura degli orizzonti che la stessa richiede.
Decisamente caricato di aspettative alla vigilia, The Master è come il compito in classe eseguito dall’alunno più bravo: sai cosa ti aspetti dall’inizio alla fine. Mai qualcosa che sorprenda o stupisca. E nel dramma quasi da camera che rappresenta a brillare sono soprattutto gli attori: il guru Philip Seymour Hoffman, l’adepto Joaquin Phoenix e la sempre più brava Amy Adams.

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