In occasione della grande mostra Andrea Pazienza, trent’anni senza, inaugurata in occasione del Festival Arf!, che l’ha prodotta assieme al Comicon, presentiamo un testo tratto dal catalogo della mostra di Adriano Ercolani, su Zanardi, uno dei personaggi più celebri dell’autore. Il Festival Arf!, inaugurato ieri, si terrà fino al 27 Maggio presso il Mattatoio, ex MACRO a Testaccio a Roma; la mostra sarà visitabile fino al 15 Luglio.

Perfido, rapace, amorale, vile e sadico: signore signori, vi presentiamo Massimo Zanardi.
Celebre è la dichiarazione dell’autore che meglio definisce l’anima del personaggio: «La caratteristica principale di Zanardi è il vuoto. L’assoluto vuoto che permea ogni azione».

Proferite da uno studioso e praticante di arti marziali dalla mente vorace e perennemente in cerca di stimoli come Pazienza, queste parole non possono non evocare un rovesciamento satanico della visione zen: svuotandosi completamente, Zanardi non trascende il proprio ego ma al contrario ne viene integralmente posseduto, divenendo potenziale ricettacolo e strumento di tutta la negatività del mondo.

In questo, necessariamente, Zanardi diviene un’icona catartica e innegabilmente profetica.

La figura storicamente si pone perfettamente a metà (1981-1988) tra le lucidissime invettive pasoliniane sul “mutamento antropologico” (ispirate a casi di cronaca nera non dissimili da quelli di cui è protagonista il personaggio) e la catastrofe morale del ventennio berlusconiano, che di tali profezie è stato il nefasto compimento.

Eppure, per citare sempre Pasolini, in Zanardi e nei suoi speculari compagni (il fascinoso e crudele Colasanti, l’intoverso e impacciato Petrilli), ben più che nei drughi di Arancia Meccanica, resiste un sussulto di “disperata vitalità”.

Un personaggio in grado di uccidere per debiti di poco valore, di torturare per uno sgarbo passato, di indurre con l’inganno un rivale ad uno stupro incestuoso, eppure capace di commozione di fronte alla morte eroica dell’amico Petrilli o di correttezza da codice malavitoso nei confronti del killer del Mostro di Scandicci.

Questa paradossale convivenza di elementi discordanti, Pazienza (autore benedetto da subitanee ispirazioni ma sempre formalmente consapevole) la esprime anche graficamente: se nelle storie di Zanardi più che altrove si rivela l’impressionante capacità di tradurre su carta in istantanee arabescate il ritmo vorticoso del pensiero, è anche vero che alcune di esse sono narrate attraverso le più classiche gabbie da fumetto popolare, quasi a parodiare la struttura delle narrazioni più confortanti per le masse, piegandola all’esposizione di storie turpi e sgradevoli.

Per questa irriducibile complessità, Zanardi è un personaggio la cui importanza non si esaurisce nella mera fascinazione del Male: un alter ego dionisiaco, l’Ombra junghiana di Pazienza, con la quale in una storia l’autore ingaggerà un epico combattimento di strada, finirà ferito e umiliato, per poi divenirci amico e complice.

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