E’ un po’ come urlo contro melodia al Cantagiro del ‘64 o capelloni contro matusa al Festivalbar del 66. Non mi pare di respirare un’aria da ‘joli mai’ (certo, siamo ancora a marzo) ‘68, anche se Serra, Baricco e Alba (non dorata ma) Parietti si sono subito buttati sul grillismo.
Non vedo nessuna Nouvelle Vague, forse e’ ancora nascosta tra i ragazzini ventenni o diciottenni divisi tra Rob Zombie e Selena Gomez, cresciuti a Griffin e Kill Bill. Benvenuti! Come e’ benvenuta Marta Grande (e non sui tubi) come icona di un movimento che ha deciso di non rispondere proprio piu’ ai genitori, a una stampa che ancora oggi discute se Anna La Rosa ha insegnato o no giornalismo televisivo alla Luiss (cambia qualcosa per Grasso?), a una tv che ancora invita Michela Biancofiore in studio.
Riguardate, vi prego, la scena di Bersani che dichiara la sua vittoria non vittoria al popolo del pd dall’Acquario di Roma. Nessun posto fu piu’ adatto. Si leva e si toglie gli occhiali a intervalli di dieci, quindici secondi, tormenta i due microfoni, prende un bicchiere, vuoto pieno mezzovuoto e mezzopieno chissa’?, e inizia un numero schizofrenico di prendi il bicchiere-posa il bicchiere.
Per dire cosa poi? Distrutto piu’ dalla gag del giaguaro e da una campagna demenziale che lo ha ridicolizzato che da Grillo stesso. Il popolo del pd lo aspettava a Piazza San Giovanni e e’ andato all’Ambra Jovinelli per farsi abbracciare da Nanni Moretti lasciando la piazza e tutto il suo significato a Beppe Grillo. Tradimento.
E Roberto Benigni, due giorni dopo, appare in tv a parlarci di Dante ritwattato solo da Lucio Presta che ormai sa I canti a memoria. Magari era questo il progetto educativo. Ma dove siamo? In un film di Alberto Sordi? O in un film di Nanni Moretti? Purtroppo non c’e’ un Jean Luc Godard che ci racconti il cambiamento di un’epoca che ci vede ancora divertiti ma un bel po’ azzoppati.
Dobbiamo accontentarci di un Paolo Sorrentino alle prese col cafonal romano di due anni fa o un Matteo Garrone alle prese con il pubblico napoletano del Grande Fratello di dieci anni fa. Il piu’ vicino al grillismo magari e’ Alessandro Siani che muove un pubblico mai visto in tutta la stagione per vedere la sua favoletta di abusivismo e ricchi contro poveri.
Elementare, ma preciso. Come questa guerra ‘vecchi contri giovani’ della quasi primavera 2013. Un popolo di matusa fermo davanti alla tv a veder Berlusconi o Vespa o Benigni che legge Dante contro un popolo di ventenni che si scatena sulla rete a parlare di come prendersi tutto. Le chiavi di casa, della macchina,ma anche del parlamento e del senato, mentre anche il Papa alza bandiera bianca. So’ vecchio e stanco e non ce la faccio piu’.
Certo, e chi ce la fa piu’ a vedere la tv di oggi, i pacchi di Max Giusti, Barbara D’Urso, la fiction ammuffita, film che sono vecchi ancor prima di essere pensati, editoriali di Scalfari che non erano freschi nemmeno vent’anni fa, le paginone di Paolo Mielig e le paginette di Bollito Battista, le stravaganze di Arbasino, le mascherate di Crozza.
In pratica tutto il vecchio oggi e’ facilmente riconducibile alla tv, ai giornali. Tutto il nuovo, invalutabile, imprevedibile, e’ riconducibile a un messaggino, a una dichiarazione rapida. “Sei un morto che parla”. Come un personaggio di Walking Dead. Lo diceva anche Niccolo’ Ammanniti che gli zombi sono comunisti e i vampiretti parioli e fascistelli.
Se guardo il mio mondo, quello dei vecchi, non posso che dar ragione ai ragazzi. Siamo dei morti che ancora leggono D’Alema che propone una camera a Grillo e una a Berlusconi, dei morti che si divertono a sbertucciare Daria Bignardi che intervista Antonio Socci col dolcevita che parla di fede e di miracoli.
Se guardo l’altro mondo non riesco bene a capire, ma forse neanche loro, cosa davvero vogliono i ragazzi. Tutto. Certo. O forse, come ha detto Grillo, solo controllare che non facciamo cazzate. O farci capire che siamo finiti. Che i tempi sono cambiati. Non vedo pero’ in nessun film, in nessun romanzo qualcosa che ci racconti questo cambiamento.
E’ ancora una cosa palpabile solo nell’aria, l’obbligo di uno scontro tv contro rete, vecchio contro giovane. Ma tutto quello che abbiamo vissuto in questi ultimi anni, dal cafonal politico al cinema d’autore e’ ormai lontanissimo. Se il volto nuovo dell’Italia fosse davvero quello di Marta Grande che ti azzera come padre e madre non rispondendoti, ma occupando la Camera o il Senato, allora la rivolta sarebbe chiara.
Qualcosa a meta’ tra gli horror inglesi anni ’60, coi ragazzini che non possono non ucciderti come padre, e la rivolta naturale di una generazione che vede a rischio da troppo tempo il suo futuro.
In qualche modo questo momento sospeso di totale incomunicabilita’ tra due mondi e’ qualcosa di irripetibile che va goduto come storico. E’ l’inizio di qualcosa che davvero nessuno sa come possa evolversi. Ma la pochezza culturale del vecchio mondo e’ tale che non vedo nessun Bob Dylan o nessun Godard in grado di raccontarcelo o di trasferirlo in racconto o immagine.

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