Mi amareggia la certezza che alcune cose sensate che ho detto nella mia vita non avranno, in fin dei conti, nessuna importanza. E perché dovrebbero averne? Che significato avrà il ronzio delle api all’interno di un alveare? Serve per comunicare tra loro? O è un semplice effetto della natura, la mera conseguenza dell’essere vivi, senza previa coscienza o intenzione, come un melo dà le mele senza preoccuparsi se qualcuno verrà o no a mangiarle? E noi? Parliamo per la stessa ragione per cui sudiamo? Solo perché sì? Il sudore evapora, si lava, scompare, prima o poi arriverà alle nuvole. E le parole? Dove vanno? Quante ne rimangono? Per quanto tempo? E, infine, a che scopo? Sono domande oziose, lo so bene, proprie di chi compie 86 anni. O forse non sono tanto oziose se penso che mio nonno Jéronimo, nelle sue ultime ore, andò a congedarsi dagli alberi che aveva piantato, abbracciandoli e piangendo perché sapeva che non li avrebbe più rivisti. E’ una buona lezione. Mi abbraccio dunque alle parole che ho scritto, auguro loro lunga vita e ricomincio a scrivere dal punto in cui mi ero fermato. Non c’è altra risposta.
(José Saramago, Il Quaderno, Bollati Boringhieri)

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