C’è sempre una storia per cui vale la pena di spendere delle parole da mettere nero su bianco. Spesso per motivi diversi dai primi a cui si possa pensare.

The Köln Concert è forse l’album più conosciuto di Keith Jarrett, ma la ragione per cui vi parliamo di questo disco -del 1975 ed edito ECM- oltre al fatto di avere alle spalle un bell’aneddoto da raccontare, è un’altra.

Avevo vent’anni quando vidi per la prima volta Caro Diario di Nanni Moretti e il film mi era piaciuto. Ma ancora di più un brano della sua colonna sonora: il pianoforte in bella evidenza accompagnava la scena in cui Nanni Moretti, con il suo vespino, si dirigeva verso il monumento di Pasolini all’Idroscalo di Ostia.
Rimasi incantato fin dalla prima nota.

Quel viaggio su pianoforte, Part I, apparteneva a un certo Keith Jarrett, pianista americano famoso per la sua abilità negli ottantotto tasti, quanto per il suo carattere impossibile. Non si è mai fatto problemi ad annullare un concerto per una foto di troppo o per qualsiasi altra cosa capace di alterare il suo mood fumantino già di per sé. Ma c’è sempre un’eccezione alla regola. Per fortuna, altrimenti questa storia non sarebbe mai nata.

Era il 24 gennaio del 1975 e quella sera Jarrett doveva suonare all’Opera Haus di Colonia. Aveva richiesto espressamente che con lui sul palco ci fosse il “suo” Steinway nero, ma qualcosa non era andato per il verso giusto. Il pianoforte non arrivò mai e già per questo, gli organizzatori dell’evento, conoscendo il suo famoso caratterino, si erano allarmati. Ma una possibile soluzione c’era: dietro le quinte del teatro c’erano due Bosendorfer. Uno di loro era stato provato dal musicista della Pennsylvania e giudicato ok, mentre l’altro non era stato neanche preso in considerazione.

A questo punto, cari lettori, ci troviamo ad un bivio di possibilità:

  1. Sul palco arriva il pianoforte perfettamente funzionante, il nostro protagonista suona sul palco in maniera impeccabile e la serata volge ordinariamente bene.
  2. Sul palco arriva il Bosendorfer con un pedale rotto e neanche completamente accordato e vediamo quello che succede.

Bravi la risposta è la seconda. Sul palco dell’Opera Haus di Colonia si presentò in tutta la sua “imponenza” il piano moribondo e tra l’altro neanche revisionato.

In quel momento gli organizzatori avranno sicuramente pensato che quella sera il sipario neanche si sarebbe alzato. Invece Jarrett spinto da loro, ma anche dalla sua ostinatezza di andare contro a una serata nata “storta” e probabilmente destinata a rimanere tale, decise di andare sul palco per fare quattro chiacchiere con il suo amico Bosendorfer e cercare di capire che cosa si potesse fargli uscire fuori.

Se si ascolta la prima traccia di quell’album si sente Jarrett che parte in sordina, come se stesse studiando il suo “amico di sempre” -il piano- che quella sera non era nel pieno delle sue forze e necessitava che il suo interprete tirasse fuori qualcosa che non avesse mai fatto neanche con un pianoforte perfettamente funzionante.

Beh, quella sera Jarrett riuscì ad entrare nella storia regalandoci una performance fuori dal comune ed entrata negli annali: The Köln Concert venderà oltre tre milioni e mezzo di copie e diventerà uno dei dischi jazz più famosi di sempre grazie alla sua meravigliosa perfezione/imperfezione. Ma se Jarrett non fosse andato contro il suo carattere bizzoso e da primadonna e soprattutto se non si fosse dato una seconda possibilità, quella serata e conseguentemente la sua registrazione, non sarebbero mai arrivate a noi. Probabilmente avrebbe annullato il concerto, lo avrebbe recuperato suonando su uno Steinway perfetto e offrendo al suo pubblico un’esecuzione altrettanto perfetta, ma non straordinaria come quella e non sarebbe stata la stessa cosa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *