Abbiamo visto La Isla Minima

Regia di Alberto Rodríguez. Con Javier Gutiérrez, Raúl Arévalo, María Varod. Genere Thriller, produzione Spagna, 2014. Durata 105 minuti circa. Da giovedì 3 dicembre 2015.

La Isla Minima è la pellicola spagnola che ha trionfato quest’anno con ben 10 statuette – tra cui quello per la migliore sceneggiatura, la migliore regia e il miglior film – ai Premi Goya dell’’Academia de las Artes y las Ciencias Cinematográficas de España. Il regista Alberto Rodrìguez Librero è un regista molto stimato dagli addetti ai lavori spagnoli e già con il suo primo film El factor Pilgrim nel 2000 ha ottenuto una Menzione speciale al Festival più importante in Spagna, quello di San Sebastian. Nel 2005, la sua pellicola, 7 virgenes lo ha collocato tra i registi giovani più interessanti spagnoli. Nel 2012, con il film Grupo 7 ha ottenuto altri due Premi Goya. In Italia è ancora un regista poco conosciuto, questo La isla minima è il primo film che giunge nelle nostre sale. Il film è una via di mezzo tra la prima serie Tv True Detective e un film dallo stile minimalista; in alcuni momenti ci ha ricordati per atmosfere e location solitarie il bel film d’esordio del compianto Mazzacurati, Notte Italiana. La descrizione è di un luogo alla fine del mondo, desolato, claustrofobico, inquietante, immobile, in cui alcune giovani ragazze scompaiono e dove anche i parenti rischiano di essere sospettati; tutto risulta torbido e corrotto irrimediabilmente; si aggiunga che ci troviamo nel 1980 in Spagna, il boia Franco è morto da qualche anno, la cultura franchista è ancora nei gangli del potere e degli apparati dello stato e la democrazia è ancora troppo debole per potersi imporre. Basti ricordare che pochi mesi dopo l’ambientazione di questo film i tenente colonnello Antonio Tejero Molina tentò un colpo di Stato occupando il parlamento. Insomma ci sarebbero stati tutti i presupposti per poter sviluppare un film politico, corposo, importante e complesso, un’autoanalisi di come eravamo, ma anche di rilettura di un mondo che resiste prima di scomparire. I luoghi in cui è ambientata la storia avrebbero favorito queste passioni sotterranee, analizzare l‘antropologia di un popolo dopo quarant’anni di fascismo, di garrote e corruzione, invece il film preferisce abbozzare piuttosto che analizzare, sfiorare piuttosto che raccontare decisi e tutto in fondo è così vago, complice, assuefatto, che sembra soprattutto un’indagine su un omicida seriale di cui non sapremo praticamente nulla, né le motivazioni né le ragioni. Anche il classico scontro tra i due poliziotti protagonisti ( uno giovane, simildemocratico che aspetta un figlio dalla moglie amata e l’altro adulto, puttaniere, con dei trascorsi immondi nella polizia segreta franchista, forse un torturatore e un assassino ) risulta ondivago, un po’ generico e in fondo poco conflittuale. Dal nostro punto di vista un’occasione sprecata come film necessario e nuovo, ma un buon film poliziesco di atmosfera.

Siamo nel 1980, sulle rive del fiume Guadalquivir, un luogo sperduto, solitario, nell’estremo sud della Spagna, dove si coltiva riso e la malavita traffica in droga e nella prostituzione. In un’atmosfera immobile, che sembra lontana anni luce dai nostri giorni ma anche dalla Barcellona e dalla Madrid di quegli anni. Dopo una festa patronale, due sorelle ancora minorenni scompaiono, e quindi vengono chiamati due poliziotti per indagare: come nel genere più classico, i due uomini più diversi non potrebbero essere, uno è giovane, figlio dei nuovi tempi, che guarda al futuro con speranza; l’altro invece è un uomo malato, che conserva segreti ignobili e cerca di godersela fin che può, e tra loro non ci potrà mai essere empatia o solidarietà. Inizia così l’indagine, tra interrogatori, sospetti, diffidenze e ostilità che si trovano ad affrontare, uno si ritroverà un coltello alla gola, un altro prenderà una botta in testa mentre sorveglia un sospettato, entrambi accetteranno di ascoltare un malavitoso che traffica in eroina pur di avere qualche notizia, mentre il capo della polizia si mostra così ligio alle regole che sembra quasi connivente. Naturalmente, in una scena assai efficace per semplicità e poco eroismo, riusciranno a bloccare il serial kiiller e a salvare l’ultima vittima già legata e pronta per essere squartata…

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