L’essere umano si è così adagiato nel dire cose inesatte e approssimative, utili solo per il momento, che l’etica o la morale hanno perduto qualsiasi forza o concretezza.   E’ un po’ come si specchiasse in uno specchio deformato a uso e consumo.  Pensare alla sventura di Julian Assange o dei ben 150 giornalisti russi morti o di quei giornalisti arrestati perché hanno dimostrato la corruzione del presidente turco e finiti in carcere, svelano la mortifera connivenza di tutti e che la gente più che stufa della democrazia non sa più bene cosa voglia significare.  Un po’ come quando si danno generiche regole d’ingaggio a soldati di vent’anni alla prima esperienza di fronte o come fosse un oracolo che pronostica il futuro.  Gli USA sono da anni sull’orlo di una guerra civile, sospesa tra democrazia e autocrazia, i continui attentati individuali dei suprematisti o di quelli del Ku Klux Klan, dal tentato rapimento della governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 sono la dimostrazione  che la democrazia perde i pezzi; e la sinistra minaccia guerre con Biden e in Europa è ridotta a numeri ridicoli se non patetici, sono così lenti a capire che il sistema collassa e si intrattiene nelle sue lotte intestine tardo ideologiche

La spoliticizzazione completa dell’Italia dichiara che siamo un corpo senza costrutto, nervi, né istinto; tutte le iniziative pratiche, diventano solo utilitaristiche, non certo politiche, nemmeno se le praticano i genitori nelle scuole o i comitati che scendono in piazza tantomeno i black block.  Siamo solo dei signori qualunquisti e alienati che interpretano dei ruoli per pigrizia ed egoismo, né possiamo riconoscere un qualsiasi sentiero verso un qualsiasi cambiamento.

   In fondo è un po’ come se vivessimo negli anni della fine del contesto, cioè la scomparsa dell’insieme di circostanze in cui si verifica l’atto comunicativo, linguistico o extra-linguistico; la situazione in cui si definisce lo status degli interlocutori, le loro conoscenze, le varie situazioni comunicative pertinenti con quella in corso, ma anche l’immagine che ognuno ha dell’altro, della sua conoscenza e della situazione psico-affettiva.  L’agire in fondo degli esseri umani – nonostante delle occasionali intemperanze – è docile ed estemporaneo, quasi corporativo, al peggio per una condanna civile lontana nel tempo; basta osservare alla sete di informazione e di cultura che hanno i cittadini, si chiudono le edicole e le piccole librerie, si ascolta distrattamente un telegiornale uguale ad un altro, si leggono i titoli dei giornali sul cellulare o ci si ferma allo sfogliare un libro l’anno che si dimentica presto, a comprare un biglietto di cinema a Natale per vedere i cartoni con i bambini o un film comico con donnine svestite con gli adolescenti, e se si va in un cinema d’autore si vedono durante la proiezione cellulari in funzione o si ascoltano persone anziane che parlano, la maggioranza invece accende la televisione o il computer su qualche canale tematico, almeno quelli che sono in vita; i desideri invece al massimo si spingono ad una mezz’ora di sesso eiaculato il venerdì sera e possono giungere fino ad un viaggio da turismo organizzato, con il coraggio di qualche avventura ben preparata da un tour operator in posti lontani.  

   L’uomo post-civilizzato in più vive la sua sicurezza nell’illogico bisogno di legalità apparente attraverso le forze dell’ordine, gli antifurti o una pistola sul comodino ma non cerca certo la solidarietà e l’esempio dai consimili, e se può truffa chiunque senza timore di essere giudicato.

   Quindi non dobbiamo nemmeno temere una dittatura, la maggioranza delle persone non deve essere repressa da un governo autoritario – ma ce ne sono stati per lunghi anni senza il voto popolare -, non ce n’è bisogno !   Negli anni c’è stata una forma di autocensura collettiva anche del pensiero, e qualsiasi modello sociale che l’Occidente produce lo si ritiene il migliore delle società possibili.  In questo stato d’animo, se qualcuno vive delle ingiustizie o non trova il lavoro e resta povero, pensa alla sfortuna, al caso o alla mancanza di raccomandazione non certo al materialismo dialettico o storico e come valvola di sfogo va a comprare dei biglietti di qualche lotteria.

Le masse assomigliano molto ad animali domestici che tranne per qualche abbaio restano mute e abbarbicate alla pubblicità, al gossip e alla depressione.  Un tempo potevano fare la Rivoluzione Francese o quella russa, oggi il massimo sono dei gilet gialli e delle ragazze che restano a seno nudo.  Poi quando si vogliono sentire migliori, alcuni mandano 2 euro o 5 con un SMS per i bambini scheletriti che muoiono di fame ricoperti di mosche oppure il 27 gennaio vedono un film in televisione sulla shoah.  Per il resto si accomodano al primo lavoro utile per uno stipendio che non basta, confondono un desiderio da basso ventre per l’amore, cercano un parcheggio al Centro Commerciale il sabato, ascoltano seriamente le canzoni del festival di Sanremo, ammirano per cinque minuti uno come Amadeus e il mondo civilizzato trionfa su esistenze noiose, incolori, prive di un vero piacere.

Anche quelli che pensano di essere degli intellettuali non hanno che passioni settoriali, non appartengono ad una forza autonoma, non producono pensieri originali ma sembrano precostituiti, i pensatori non sono più i filosofi o gli scrittori o dei professori ma i conduttori televisivi con un pensiero laterale, pronti alla pausa pubblicitaria.   E più si vendono più sono possessori di verità, se si fa un passo indietro e li si osserva sanno di grottesco se non di vile.  Quindi in mancanza di veri nemici scompare il conflitto, non c’è più l’avversario da condannare ma solo qualcuno da criticare a contratto, il governo – come se in qualche modo non li avesse eletti nessuno – si prende delle critiche ovattate mentre in fondo è l’elettore un loro complice ingenuo se non stupido.

Non stupisce più niente né i muri che si alzano un po’ dappertutto né degli   innocenti torturati, cacciati dal proprio Paese, ridotti in miseria se non in schiavitù, segregati in campi e in prigioni, uccisi o affogati in mare; e ancora peggio, se fosse possibile, il non provare nulla verso criminali capaci di compiere azioni inumane che partono dalla Libia e raggiungono la mafia in Sicilia.  Non stupisce la sventura che qualcuno afferri l’anima di un innocente e se ne impadronisca quasi con la sovranità di un Dio arrabbiato.

In questo mondo che finge di cambiare non possiamo che rivedere i tentennamenti con cui, oggi, si affrontano le sfide cruciali che segneranno il nostro futuro. La transizione ecologica, la lotta contro le disuguaglianze, le battaglie per i diritti civili: le partite attraverso cui si delineerà la società di domani vengono costantemente affrontate con apparente risoluzione ed evidente approssimazione. Vogliamo cambiare ma pochi sono disposti ad accettare le rinunce e i sacrifici che il cambiamento necessariamente impone. Il risultato, come in Eutropia, è una traslazione in cui a mutare è solo la superficie, mentre il paradigma rimane identico. Così ci ritroviamo di continuo imbrigliati nelle stesse problematiche che si trascinano nel tempo.

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