Abbiamo visto Mr. Holmes – Il mistero del caso irrisolto

Un film di Bill Condon. Con Ian McKellen, Milo Parker, Laura Linney, Hattie Morahan, Patrick Kennedy. Thriller, durata 104 min. – Gran Bretagna, USA 2015.

Probabilmente Sherlock Holmes è tra i personaggi letterari quello più famoso al mondo, scritto come sappiamo tutti da sir Arthur Conan Doyle, ha avuto un precedente illustre con Edgar Allan Poe e il suo Auguste Dupin. Ma forse pochi sanno che dai romanzi di Doyle sono stati tratti circa 250 tra film e serie televisive. Probabilmente il personaggio letterario più utilizzato in tutta la storia dell’audiovisuale. Lo ha interpretato Mack Sennett nel 1911, Eille Norwood a lungo negli Anni Venti, ma anche John Barrymore negli stessi anni. Negli Anni Quaranta lo ha impersonato Basil Rathbone e nei Cinquanta attori mitici come Peter Cushing e Christopher Lee. Fino a giungere, più recentemente a Peter O’Toole, Rupert Everett e negli ultimissimi tempi Robert Downey Jr. con due film fuori dagli schemi abituali e di grandissimo successo di botteghino. Comparso in quattro romanzi, in ben cinquantanove racconti e in tre commedie si può facilmente definire un’icona della letteratura investigativa ma anche del mistero e del terrore. E a questa infinita serie di film e telefilm in questi giorni si aggiunge – tratto dal romanzo A slight trick of the mind di Mitch Cullin e sceneggiato da Mitch Cullin e Jeffrey Hatcher – un nuovo Holmes, questa volta anziano e pronto a riconciliarsi con gli errori personali del passato dopo tanti anni. Ed essendo entrato questo personaggio nel mito, si toglie anche degli sfizi ( smentisce se stesso in questo film ma anche in altri con altre cose ) come affermare che non ha mai indossato il tipico cappello, che non ha mai fumato la pipa ma che se ha avuto voglia ha acceso un sigaro. E noi aggiungiamo che la famosa frase Elementare Watson non è stata mai scritta nei romanzi di Doyle ma è stata una licenza dei primi film. Come spesso si è speculato sulla vita amorosa del famoso investigatore sospettandolo di misoginia, di asessualismo se non di omosessualità latente. Ma in realtà si potrebbe dire che Doyle era Watson ( stessa corporatura, stessa professione, il medico, stessa età e stessi tic ) ma gli sarebbe piaciuto essere arguto, raffinato, intuitivo ed anche fisicamente magro e regale come Holmes.

Siamo nel 1947 ( Il personaggio in questo caso ha vissuto più dell’autore stesso, morto nel 1930 ), Sherlock Holmes ha ben 92 anni, vive da 30 in una fattoria isolata sulla costa inglese, quasi in un esilio forzato. Forse si è voluto punire per non essere riuscito del tutto a comprendere il suo ultimo caso e quindi da allora non investiga più, si dedica quando la memoria glielo consente a una specie di ricerca del tempo perduto e si dedica all’apicoltura in compagnia del piccolo Roger, figlio della governante, la signora Munro che lo assiste un po’ controvoglia perché non vede sbocchi lavorativi con questo vecchio affetto da demenza senile. Incontriamo Holmes su un treno che lo sta riportando a casa e notiamo subito che la sua perspicacia, nel comprendere da dettagli il comportamento di una madre e di suo un figlio, è ancora intatta. Holmes è di ritorno dal Giappone, vi è andato per procurarsi una pianta la cui essenza può aiutarlo a ritrovare la memoria. Tornato a casa inizia inutilmente a ritrovare la memoria di un tempo bevendo e mangiando l’intruglio terribile e per aiutarsi inizia a scrivere per la prima volta un romanzo ( in genere era Watson, ormai defunto, a scrivere ) e ripercorre l’ultimo caso che lo ha spinto al ritiro ( ma resta il dubbio sull’ultima investigazione: è avvenuta davvero nel modo in cui la ricorda o c’è dell’invenzione involontaria ? Il titolo italiano del romanzo ci spinge verso la seconda ipotesi: Un impercettibile trucco della mente ).

Il film si indirizza su tre linee narrative e temporali differenti, la prima è ambientata nel 1947, quando Holmes ha oltre novant’anni, la seconda è ambientata al tempo del suo ultimo caso negli Anni Dieci e la terza linea è di quando Holmes visita il Giappone dopo la guerra alla ricerca di una pianta curativa ed è accompagnato dal figlio di un ambasciatore giapponese che ha abbandonato scomparendo lui e la madre anni prima e in una lettera ha comunicato che è stato Holmes a fargli prendere questa decisione. Naturalmente in questo film la dinamica investigativa è meno necessaria a confronto del lato intimo ed esistenziale di questo anziano gentiluomo ormai quasi alla fine.

Da segnalare in questo film letterario soprattutto l’eccezionale interpretazione di uno dei grandi attori viventi, l’inglese Sir Ian McKellen e per chi ama la scrittura cinematografica classica l’ottima sceneggiatura dagli spunti pinteriani. Invece l’idea di regia è assai formale e convenzionale nonostante provi a distruggere il mito dell’investigatore infallibile e dal carattere incorruttibile e lo mostri alla fine rinunciatario verso la verità e accondiscendente verso la bugia.

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