Abbiamo visto “ Much Loved “

Un film di Nabil Ayouch. Con Loubna Abidar, Danny Boushebel, Carlo Brandt, Abdellah Didane, Sara Elhamdi Elalaoui.   Drammatico, durata 103 min. – Marocco 2015.

Siamo poco propensi a seguire il fenomeno del film “ evento ”, a cavalcare l’onda dei film terzomondisti trasgressivi e forti per raccontare una realtà, che noi europei pur conoscendo ci ostiniamo a non comprendere; in fondo Much Loved è l’espressione di un cinema popolare girato bene, che mostra un’impronta autorale anche perché inserisce qualche scena che risulta eccessiva per chi non è abituato a tutto. E quando il film e gli autori ne subiscono gli strali degli integralisti ma anche solo dei moralisti del Paese d’origine, qualcuno in Occidente decide di annoverarlo tra i capolavori, perché coraggioso. Confondendo coraggio con simil-provocazione. Ci viene in mente la favola de “ A lupo a Lupo “ e riteniamo che mettere nella stessa pentola ribollente vera sopraffazione, miopia integralista e fanatismo con donne che si prostituiscono e quindi rischiano anche soprusi e ingiustizie sia ancora di più un modo per allontanare e confondere i vari piani di comunicazione. Ci sono tanti registi di origine africana e araba coraggiosi e bravi che raccontano il Nordafrica e la le minoranze in modo rigoroso, sottile e complesso ma che riscuotono anche dalla critica minore attenzione e ottengono minori elogi che non Ayouch che fa un film a volte provocatorio, forse smargiasso e fintamente ‘ politico ‘ sul ruolo della donna in Marocco e sui conflitti col mondo dei maschi: maschi che appaiono un po’ coglioni ( gli arabi ) oppure dei repressi omosessuali, oppure dei poveri cristi che sono innamorati di prostitute ma pagano oppure si prendono l’elemosina dopo averle scopate per misericordia, oppure c’è quello più simpatico e apparentemente equilibrato che fa da uomo tuttofare, servizievole e gentile, e in realtà in fondo è un magnaccia senza esserlo del tutto. E le donne ? C’è la più matura che si prostituisce ad alti livelli per mantenere la famiglia che la mal sopporta, un’altra che forse è lesbica e vorrebbe raggiungere suo padre a Madrid, e una terza che fa questo mestiere non si sa perché, forse solo per soldi, poi giunge una quarta, un po’ stupida e provinciale, con delle ambizioni misere. Poi è evidente che in un film arabo dove si vedono prostitute nude che leccano il corpo di uomini vecchi o fanno sesso a gogò in orge con delle specie di emiri arabi può provocare il divieto della visione in Marocco e le solite minacce al regista e alle attrici. E allora il film chi lo vede ? Noi Occidentali che siamo abituati a ben altro ? E allora ci viene in mente un bel film italiano di molti anni fa Adua e le compagne di Antonio Pietrangeli che non aveva la necessità di certe scene un po’ crude, e confrontiamo tra quella malinconia e bisogno di libertà delle prostitute italiane dopo la legge Merlin e queste post moderne e ne traiamo le giuste distanze. Qualche critico italiano entusiasta se ne è uscito con i soliti luoghi comuni del tipo “ Ayouch lascia parlare le donne “, “ Ayouch racconta la questione della prostituzione nel mondo arabo “, “ Il rapporto uomo-donna in Marocco “, noi invece affermiamo che – pur diretto con sapienza e con un cast che funziona – il film si fa abbagliare dalla provocazione e dall’estremizzazione di alcune scene che hanno creato strali sul film, e che in fondo la bellezza delle attrici protagoniste rende glamour la storia e non realistica e per questo la rende forviante e alla moda.

Siamo in una Marrakesh non da cartolina, in una casa decorosa vive Noha, una prostituta trentenne d’alto bordo. Vitale, rabbiosa, forse disperata, ha anche una storia d’amore con un uomo anziano che la ama ma che non lascerà mai la moglie per lei. Vive con due compagne di lavoro e di vita e con un autista che fa un po’ tutto in casa e fuori. Le due ragazze sono Soukaina, una bella donna che non sembra avere alcun desiderio nella vita e che si trascina una storia con un poveraccio che sembra amarla ma che non ha alcuna personalità, poi c’è Randa, la più giovane, desidera solo raggiungere il padre in Spagna ma non riesce ad ottenere un passaporto e praticamente si rifiuta di andare al sodo durante le feste con i clienti probabilmente perché è probabilmente lesbica. Le tre donne vivono con i classici conflitti interpersonali, sono amiche di alcuni trans e non subiscono alcuna rappresaglia per ciò che fanno ( in Marocco non esistono i protettori e la polizia non è invasiva ). Noha è l’unica che di giorno indossa il velo e un abito senza forma, spesso va a trovare la madre che cresce suo figlio e con i suoi soldi mantiene tutta la famiglia ma naturalmente non è vista bene per ciò che fa. La sera le tre amiche, molto richieste, vanno a feste in locali e alberghi di lusso, bevono, ballano e si sfrenano per poi terminare, senza cene eleganti, nelle varie camere d’albergo. A un certo punto si aggiunge a loro Hilma, una ragazza goffa, incinta, che viene dalla campagna, conosciuta in un Pronto Soccorso, che diverte le altre tre per i suoi modi semplici e ruvidi. Tutte e quattro, a un certo punto, accompagnate dall’autista in limousine, partiranno per qualche giorno per allontanarsi da Marrakesh e da dei problemi con la polizia e raggiungeranno il mare…

Il regista Ayouch è nato a Parigi negli Anni Sessanta, da madre francese e padre marocchino che ha continuato a lavorare a Casablanca creando un’agenzia di pubblicità tra le più importanti del Paese e, successivamente inventando la Fondazione Zoukara, una banca ( sul modello della Grameen Bank del Bangladesh ) che fa prestiti ai più bisognosi con interessi bassi. E’ stato un attore, sceneggiatore e come regista ha lavorato nella pubblicità. Dal 1992 ha iniziato a realizzare film, questo è il suo decimo, in cui si sente la sua esperienza decennale in televisione da cui ha assorbito situazioni narrative un po’ di maniera e dialoghi non sempre originali.

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