Abbiamo visto “ Play time “ diretto da Jacques Tati.

Con Jacques Tati, Barbara Dennek, Rita Maiden, France Rumilly, France Delahalle. Comico,  durata 108 min. – Francia 1967. – Ripley’s Film uscita martedì 14 giugno 2016.

Alla fine degli Anni Quaranta compare sulla scena cinematografica mondiale un nuovo personaggio: Monsieur Hulot. Forse più amato all’estero che non in Francia. Per circa trent’anni, il suo creatore-Alter ego, Jacques Tati, realizzerà 6 film e li interpreterà con toni gentili, dandogli un ruolo tra il malinconico, il flemmatico e il modesto. Userà una tecnica a metà strada tra il mimo e il Gramelot, rifacendosi a Buster Keaton e a Charlie Chaplin e diventerà fonte d’ispirazione per comici più fortunati di lui come Jerry Lewis e Peter Sellers, mentre in Francia il cinema di Jean-Pierre Jeunet e Marc Caro ( Delicatessen ) dovranno molto a lui, come in casa nostra, il nobel Dario Fo e il Calvino di Marcovaldo. La sua nota distintiva, oltre un corpo magro, quasi allampanato, è la sua inconfondibile camminata strampalata, la pipa che compare quando meno te lo aspetti, un cappello che non si toglie mai e un bastone che a volte è un ombrello. Ma ciò che ci ha lasciati come produzione non è solo un esercizio di stile, un timbro particolare e originale, bensì è una gentile critica della modernità e alle follie del progresso; in cui Hulot passa attraverso quasi senza essere notato ma come fosse un resistente e fa emergere una figura poetica, anarchica, ribelle nei confronti di riti collettivi, forse anche senza volontaria consapevolezza. Una sua dichiarazione degli Anni Sessanta spiega bene la sua critica sociale « Confusione è la parola della nostra epoca. Si va troppo in fretta. Ci dicono tutto quello che dobbiamo fare. Organizzano le nostre vacanze. La gente è triste. Nessuno fischietta più per strada… sarà sciocco, ma mi piacciono le persone che fischiettano per strada ed io stesso lo faccio. Credo che il giorno in cui non potrò più fischiettare per strada sarà una cosa gravissima ».

Play Time ( Tempo di divertimenti ) è il suo quarto film, definito dalla critica il suo migliore e il più definito nella critica sociale. Film che è stato realizzato tra il 1964 e il 1967, una pellicola costosissima, girata in un inusuale 70mm ( lo farà successivamente Kubrick con 2001 Odissea nello spazio ), con un enorme set costruito appositamente e conosciuto come Tativille, la cui costruzione e manutenzione hanno richiesto un investimento economico enorme e naturalmente il povero Tati, pur riscuotendo un buon successo internazionale con questo film, si ritrovò fallito e con la sua casa di produzione chiusa. Il film è stato restaurato nel 2002 da François Ede con un costo di oltre 800 mila euro e oggi assieme ad altri tre suo film viene proiettato in alcune sale d’essai italiane.

Il film è un insieme di ‘ quadri ‘ a se stanti, senza un filo conduttore, ma collegati grazie a Monsieur Hulot e a un gruppo di turisti americani che compaiono e scompaiono all’interno della storia stessa, per poi terminare in una specie di giostra per bambini in cui i personaggi invece di essere sui cavallucci o nelle macchinine si ritrovano a girare in tondo nel traffico urbano di vaga reminiscenza felliniana. Il tutto funziona ancora molo bene ( nonostante qualche lungaggine dettata dal tempo e dal nostro grado di fruizione ), basato su una comicità visiva e mai dialogata, un’interminabile serie di gag ( alcune potremmo definirle beckettiane ) in cui emergono i difetti lampanti di una società in trasformazione ma c’è anche una critica alle abitudini del francese medio degli anni sessanta; l’ironia e il tocco di Tati, sempre misurato e garbato rendono irripetibile l’opera di questo autore al punto da consegnarlo alla Storia del Cinema con un valore che supera la collocazione temporale e di ogni contesto culturale.

Siamo in una Parigi irriconoscibile, assediata dal traffico di auto che sembrano tutte uguali ( sul genere La Defense, ante litteram ), precisamente all’aeroporto ( ma all’inizio potremmo pensare di trovarci in una clinica privata ). Tra i tanti passeggeri c’è Monsieur Hulot e un gruppo di turiste americane di una certa età che sono giunte in città per visitarla ( ma non ci riusciranno in quanto finiranno nella parte futuristica, fatta da strade a più corsie, imponenti palazzi d’acciaio con vetrate moderne e arredamenti artificiosi ). Naturalmente questo paesaggio urbano ritenuto moderno e futuribile ostacola la vita di tutti coloro che ci vivono e interferiscono con le naturali interazioni umane. Da questo momento il film si suddivide in cinque sequenze. La realtà degli uffici in cui Monsieur Hulot entra perché ha un appuntamento importante, ma si perde nel labirinto di stanze e sale riunioni, inseguendo l’impiegato con cui deve parlare e finendo in una fiera commerciale di design per moderni arredi d’ufficio, che sono poi gli stessi che si ritrovano in tutti gli edifici. In questa fiera, Monsieur Hulot e le turiste americane assistono alla presentazione degli ultimi ritrovati del mercato, come la porta che sbatte in silenzio e la scopa elettrica con i fari; mentre la bellezza di Parigi passa del tutto inosservata, tranne che per un tipico chiosco di una venditrice di fiori e il riflesso dei monumenti più famosi che si riflettono per un attimo in una porta a vetri che si apre al mondo. Verso sera notiamo gli appartamenti-vetrina, Monsieur Hulot incontra un vecchio amico che lo invita nel suo ultramoderno appartamento con la facciata di vetro sulla strada ( L’intera sequenza è girata dalla strada, con la cinepresa che osserva Hulot e gli altri residenti dell’edificio nelle loro attività domestiche ). Si passa poi all’inaugurazione del ristorante Royal Garden ( quasi tutto il secondo tempo si sviluppa in questo locale ). All’interno del nuovo ristorante, Hulot incontra le turiste americane e fa amicizia con la più giovane e allegra, mentre numerosi personaggi già incrociati e altri non ancora apparsi, tra cui un nostalgico cantore di ballate e un borioso e chiassoso uomo d’affari americano diventano i protagonisti di questo bocco; naturalmente il ristorante per la fretta di aprire non ha gli impianti in regola e ci sono una serie di complicazioni, dall’impianto elettrico che emette fumo, all’aria condizionata che è troppo bassa o troppo alta ad una porta a vetri che si rompe. Finalmente viene l’alba e tutti i clienti escono sulla strada facendosi coinvolgere dal complesso balletto di automobili, simile a una giostra, poi il bus delle turiste americane riprende la strada per l’aeroporto.

 

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