A vent’anni dall’uscita di Verità Tropicale, nel 2017, la casa editrice brasiliana Companhia das Letras ha ristampato il memoir di Caetano Veloso, ripubblicato per il mercato italiano da Edizioni SUR nella traduzione di Monica Salles de Oliveira Paes. Si tratta di una nuova edizione aggiornata dall’autore e con una nuova prefazione, “Carmen Miranda non sapeva ballare il samba”, in cui Veloso risponde alle critiche più severe rivolte al libro nel corso di questi venti anni e, al contempo, fa una serie di considerazioni sul Brasile odierno.

Quando Veloso scrive questo testo introduttivo, Bolsonaro non ha ancora conquistato il cuore del 55% dei brasiliani, ma il cantante già avverte che qualcosa sta cambiando in negativo e che, probabilmente, una nuova edizione del libro potrebbe essere d’aiuto per le nuove generazioni.

Verità Tropicale si presenta come una sorta di autobiografia che analizza le diverse opinioni e il sentimento comune vissuto dai giovani negli anni ’60 e ’70, periodo in cui la dittatura militare, in Brasile, represse, poco alla volta, la libertà di parola e di opinione. A sua volta è un saggio che struttura, in maniera precisa, il pensiero di Caetano Veloso, che scrisse il libro nel 1997, in un momento storico oscuro e difficile per il Brasile.

In quel periodo, il modello neoliberista, iniziato negli anni ’90 dal presidente Collor de Melo e proseguito da Fernando Henrique Cardoso, fallì miseramente, gli investimenti pubblici per istruzione e sanità diminuirono sensibilmente e il presidente avviò un processo di precarizzazione del lavoro. Alla luce della nuova introduzione, probabilmente fu questa situazione politico-economica il motore (o uno dei motori) che invogliò Veloso a scrivere la sua personalissima recherche.

In “Carmen Miranda non sapeva ballare il samba”, Caetano Veloso scrive: «Continuo a pensare che buona parte del nostro fallimento sia un segno dell’inadeguatezza della nostra vocazione a mantenere l’ordine del mondo che conosciamo». Una frase che assume grande valenza soprattutto dopo il golpe che, nel 2016, ha rigettato il Brasile in un’instabilità democratica. Alla luce di tutto questo, Veloso aggiorna il suo testo non solo migliorando i suoi punti più oscuri ma anche aggiungendo porzioni di testo per dare maggiore fluidità all’opera.

La nuova introduzione è fondamentale in tal senso perché funge da bussola e, al contempo, prova ad orientare lo sguardo della nuova generazione di lettori sin dalle prime pagine: “A proposito”, scrive Veloso, “se sei giovane, hai appena iniziato a leggere questo libro e non vuoi perdere molto tempo con questa roba, puoi saltare tutto quello che segue e andare dritto all’ultimo paragrafo” in cui l’artista bahiano dà un vero e proprio consiglio “rayuelano”: se sei giovane e vedi questo libro per la prima volta, precisa Caetano, vai direttamente al capitolo “Narciso in ferie” e, se vorrai, leggi gli altri capitoli e torna all’inizio di questo testo.

Perché Veloso dà questo suggerimento alle nuove generazioni? Ho provato a rileggere il libro partendo proprio da quel “Narciso in ferie”, che inizia con l’arresto di un giovanissimo Veloso da parte degli agenti della polizia federale, durante il periodo della dittatura, e, forse, ho compreso il perché di questo invito alla lettura. “Narciso” è un capitolo lungo quasi settanta pagine e, a partire dall’inizio kafkiano, è tutto incentrato sull’esperienza claustrofobica da recluso, vissuta da Veloso in una cella d’isolamento. Dal punto di vista narrativo, è il passaggio più intimista di tutto il libro in cui Caetano traduce, con uno stile volutamente proustiano, il disagio e la fragilità di un ragazzo che, con l’arte e la musica, aveva sfidato il potere e che, di colpo, si ritrovò intorpidito e nudo in carcere.

Sono diverse le aggiunte apportate da Caetano Veloso ma, probabilmente, il passaggio in cui prova a ricordare se si fosse mai lavato i denti in carcere è quello più significativo. Lo trovate nel capitolo di “Narciso in ferie” e va ulteriormente a specificare il senso di malessere vissuto dal giovane Veloso. Una sorta di postilla significativa, alla luce delle tante accuse di aver reso unica e personale un’esperienza vissuta, all’epoca, da tanti giovani che si opponevano alla dittatura.

È interessante confrontare il vecchio “Verità tropicale” con il nuovo e cogliere tutte le sfumature. A pagina 102, quando spiega che, nella sua famiglia, si riferivano a Salvador con il nome di «Bahia» – brano che ritroviamo anche nella precedente edizione – Caetano aggiunge che era molto raro che qualcuno, in qualsiasi città del Recôncavo baiano, usasse il nome di «Salvador» piuttosto che «Bahia».

Oppure: a pagina 254, nel capitolo “Tropicalia”, quando spiega il senso della musica popolare brasiliana, dà alcuni esempi importanti di ritornelli “costellati di suggestioni e riferimenti” arricchendo, così, un discorso che, nella vecchia edizione, dava filo da torcere al lettore che non aveva familiarità con la musica brasiliana.

Inoltre Veloso aggiunge aneddoti (come quello di Glauber Rocha che commenta sfavorevolmente Umberto D.), citazioni, nomi per dare maggiore compiutezza al suo testo. Un valore aggiunto di non poco conto che fa il paio con le correzioni di Silvia Seminara che revisiona oculatamente la traduzione di Monica Salles de Oliveira Paes.

Quindi, ad esempio, la frase “ho visto una puntata del suo Acustico MTV (With God on our side) diventa, finalmente, “ho visto per caso un pezzo del suo MTV Unplugged (si trattava di “With God on our side”) oppure la frase “mi arricchivano di suggerimenti difficili da definire” diventa, a pagina 338, “mi arricchivano di suggestioni difficili da definire”. Piccoli accorgimenti che danno nuovo lustro ad un testo che consiglierei a tutti di leggere non solo per avvicinarsi alla figura di Caetano Veloso ma anche per comprendere un periodo importante della storia culturale del Brasile.

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